venerdì 29 gennaio 2021

Covid 19 , Emilia-Romagna torna gialla dal 31 gennaio

Solo quattro Regioni e una Provincia restano in arancione: Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria e provincia di Bolzano.  Campania, Toscana, Molise, Basilicata e Provincia di Trento, già gialle in precedenza, e  Lazio, Piemonte, Val d’Aosta, Marche, Friuli, Abruzzo, Lombardia, Veneto, Emilia, Calabria e Liguria, rientreranno in zona gialla dal 31 gennaio prossimo. Continua a scendere l'indice Rt nazionale. Il fattore che calcola la velocità di replicazione dell’infezione rilevato oggi dalla Cabina di regia dell'Istituto superiore di sanità, ministero alla Salute e Regioni è a 0,84. Un calo netto rispetto allo 0,97 della settimana scorsa, quando venne registrata la prima riduzione di quel valore dopo cinque settimane di crescita e di permanenza sopra la soglia critica dell'1.
In base al monitoraggio della Cabina di regia, tutte le Regioni tranne l'Umbria nel periodo tra il 18 e il 24 gennaio hanno dati da zona gialla, cioè un Rt inferiore a 1 e un rischio basso o moderato. Il ministro alla Salute Roberto Speranza ha chiesto ai tecnici di valutare se applicare il Dpcm in modo diverso da come è stato fatto fino ad ora. Prima infatti per passare da una zona con più restrizioni a una con meno si dovevano aspettare due settimane con dati compatibili con la classificazione inferiore ma il conteggio iniziava dalla prima settimana in cui il monitoraggio rivelava il miglioramento dei dati. Così di fatto ci volevano tre settimane di numeri da gialla, per lasciare l'arancione. Adesso invece quei 14 giorni sono netti, cioè con due monitoraggio da zona gialla si abbandona quella arancione (e con due da arancione quella rossa).
Speranza ha deciso di cambiare le classificazioni delle Regioni dopo il via libera della Cabina di regia e poi del Cts.
E sono 13 mila 574 i positivi al coronavirus in Italia nelle ultime 24 ore, secondo i dati del ministero della Salute. Le vittime sono 477. Ieri i positivi erano stati 14 mila 372 e i morti 492. Sono 268 mila 750 i tamponi molecolari e antigenici in Italia nelle ultime 24 ore, contro i  275 mila 179 di ieri. Il tasso di positività è del 5,05% (ieri era del 5,2%).
fonte:italiaoggi.it

giovedì 28 gennaio 2021

Progetto Light-up, la sentenza del Consiglio di Stato: può riprendere la sperimentazione sui macachi

Via libera alla sperimentazione sui macachi nell'ambito dello studio "Light-up" delle università di Parma e Torino. Dopo mesi di battaglie e polemiche il Consiglio di Stato ha deciso che i test possono riprendere, dando ragione a chi sostiene che la sperimentazione sui macachi, per questo studio, è irrinunciabile. Duro colpo, quindi, alla Lega antivivisezione Onlus (Lav) che, negli ultimi mesi, ha portato avanti la sua battaglia per fermare la sperimentazione, raccogliendo le firme di ben 450mila persone. Il progetto delle università di Torino e Parma ha come obiettivo quello ricreare un "modello animale" per lo studio delle persone affette da "blindsight" che, quindi, hanno perso parzialmente la vista a causa di un danno cerebrale. I macachi che fanno parte della sperimentazione, sei esemplari, dovranno quindi subire un intervento chirurgico al cervello con lo scopo di creare una piccola area cieca in uno dei due occhi. In questo modo gli scienziati potranno studiare i processi neurofisiologici di adattamento della visione. Lo studio, finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca, ha quindi l'obiettivo di combattere alcune forme di cecità.
La Lav però non ritiene che il fine giustifichi i mezzi. Per questo sono ricorsi per due volte al TAR contro la sperimentazione. In entrambi i casi hanno perso. La decisione è però stata ribaltata in tutte e due le occasioni dal Consiglio di Stato, presieduto dal giudice Franco Frattini, che a più riprese si è espresso con opinioni a favore della campagna degli animalisti anche sui social media. Ora, con quest'ultimo atto del Consiglio di Stato, si dovrebbe mettere la parola fine a mesi di duro tira e molla tra scienziati e animalisti.
fonte:lastampa.it

mercoledì 20 gennaio 2021

Rc auto: attenzione alle polizze contraffatte

Chi stipula una polizza rc auto con compagnie non autorizzate non assolve l’obbligo assicurativo previsto. Non solo non è coperto in caso di incidente, ma rischia pure il sequestro del veicolo e una sanzione fino a 3.471 euro. Chi invece verrà sorpreso più di una volta a viaggiare senza assicurazione rc auto dovrà pagare una multa doppia e, in caso commetta due volte in due anni la stessa infrazione, si vedrà sospesa la patente da uno a due mesi e scatterà il fermo amministrativo del veicolo per 45 giorni. Per questo si raccomanda a tutti di verificare preventivamente che i contratti rc auto siano emessi da imprese autorizzate. L'Ivass, Istituto di vigilanza sulle assicurazioni, segnala periodicamente nomi di compagnie d'assicurazione non abilitate per l'rc auto o polizze contraffate.
Compagnie e intermediari non abilitati in Italia
1. Axa belgium sa
2. Aalp autotempo
3. Clements global insurance solutions
4. Fomo assicurazioni
5. Generali versicherung ag
6. Generalstar
7. Hdi direkt versicherung ag che ha come intermediario fin planet s.p.a.
8. Insurance company euroins ad.
9. Meraini assurances
10. S.c. De asigurare-reasigurare astra s.a.
11. S.c. Carpatica asig s.a.
12. S.c. Euroins romania asigurare reasigurare s.a.
13. Soyer & mamet agency finance insurance of bruxelles in europe
14. Yesinsurance services limited
15. ABL International Ltd Assicurazioni
16. Scozia insurance
17. Ayala insurance mib
18. Haifa insurance
19. Albsig italia
20. London General Insurance Company S.A
21. Skandia insurance. Attenzione: la documentazione contraffatta riporta anche la denominazione di skandia vita s.p.a. (società autorizzata esclusivamente in alcuni rami vita)
22. Dna insurance service ltd o dna insurance
23. Allstate insurance
24. Corona insurance
25. Decofin insurance
26. Icp – ocean transport insurance mutual
27. London & edimburgh insurance co. Ltd
28. Swisslife – assurances de biens
29. Jeremy Burgess Assicurazioni
30. Capital Assicurazioni S.p.A.
31. Egida
32. Cat Assicurazione (anche il sito www.assicurazionecat.hostoi.com non è autorizzato)
33. Daniel’s Insurance o Daniel’s European Group Limited
34. Saigon Insurance o Saigon European Group Limited
35. Capital Insurance Services LLC
36. Pamia Limited Assicurazioni
37. S.C. Asirom Vienna Insurance Group S.A.
38. Arcalis Assicurazioni
39. Aska Insurance
40. Alka Insurance
41. North Star Mutual Insurance Ccompany
42. “Bul Ins Ad” o “Bul Ins Ltd” o “Bul Ins”
43. Meie Rischi Diversi
44. Arcu Assicurazioni
45. Mapfre Progress Assicurazioni s.p.a.
46. Genesis Assicurazioni SWS
47. Melina Assicurazioni SWS
48. Lev Ins Insurance company AD
49. M.G.A.R.D.
50. RC AUTO
51. SIGMA Vienna Insurance Group
52. ARMONIOSA SPA
53. BILFORSIKRINGER FJORD ASSICURAZIONI
54. TOWARZYSTWO UBEZPIECZEN WZAJEMNYCH TUZ
55. INTERAMERICAN ASSICURAZIONI
56. GLOBINS LTD – Intermediazione di Marketing tra compagnie di Assicurazioni e Riassicurazioni
57. LA NATIONALE
58. PROPONTIS-MERIMNA
59. BTA INSURANCE COMPANY SE
60. FIRST CENTRAL INSURANCE MANAGEMENT LTD
Come agiscono le compagnie e gli intermediari inesistenti 
Le compagnie e gli intermediari inesistenti utilizzano denominazioni di fantasia e operano attraverso siti internet, pagine su blog o profili sui social network, ma anche utilizzando inserzioni pubblicitarie a pagamento, come banner o attività di posizionamento sui motori di ricerca e campagne promozionali tramite email. Vengono inoltre utilizzate in maniera fraudolenta le credenziali (identità o estremi di iscrizione agli elenchi Ivass) di compagnie o intermediari regolari, per rendere la comunicazione più credibile. 
Quando bisogna insospettirsi
Ci sono alcuni elementi che devono farci insospettire prima della stipula della polizza:
- Il sito non contiene i dati e i riferimenti dell'intermediario (come il nominativo, il numero di iscrizione al Rui - Registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi, la sede...) oppure sono presenti incongruenze con i dati pubblicati nel Rui,
- I contatti dell'intestatario avvengono solo tramite email, via cellulare o WhatsApp,
- Viene richiesto il pagamento del premio a favore di una carta di credito ricaricabile (prassi sempre irregolare) o a favore di un conto bancario intestato a una persona non iscritta nel Rui.  
Le verifiche da fare prima di pagare
- Verifica che il beneficiario del pagamento sia un intermediario regolare iscritto al Registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi, è possibile farlo direttamente online sul sito di Ivass, 
- Verifica che la persona che si presenta come intermediario abbia realmente un rapporto di collaborazione con la compagnia chiedendo la consegna del documento denominato Allegato 4 in cui sono riportati tutti i dati dell’intermediario,
- Rivolgiti direttamente alla compagnia assicurativa (anche recandoti in un suo qualsiasi punto vendita sul territorio): gli elenchi delle società autorizzate alla vendita di polizze rc auto sono disponibili sul sito Ivass. In questo modo è possibile avere la conferma che il preventivo ottenuto è autentico e che l'intermediario abbia effettivamente un rapporto di collaborazione con la compagnia,
- Il preventivo ufficiale è identificato da un codice univoco: verifica la coerenza e la corrispondenza di tutti i dati riportati (nome della compagnia, dati del contraente e del veicolo, classe di merito, formula tariffaria, garanzie e relativi costi…). 
Cosa è consigliabile fare dopo aver concluso l'acquisto
- Verificare l’esistenza della copertura assicurativa sul sito Il Portale dell'Automobilista,
- Verificare i dati riportati in polizza,
- Verificare che insieme alla polizza siano state trasmesse le condizioni generali di assicurazione e le informative precontrattuali che l’intermediario è obbligato a rilasciare.

Vittime di reati sessuali ammesse al gratuito patrocinio a prescindere dal reddito

È legittima la previsione del patrocinio gratuito per le vittime di reati contro la libertà e l'autodeterminazione sessuale, in particolare se trattasi di minori, a prescindere dalle condizioni economiche. E' quanto emerge dalla sentenza della Corte Costituzionale dell'11 gennaio 2021, n. 1.

La Corte era stata chiamata a decidere sulla questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24, comma 3, Cost., dell'art. 76, comma 4-ter del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, recante “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)”, nella parte in cui, come interpretato dalla Corte di Cassazione, determina l'automatica ammissione al patrocinio a spese dello Stato della persona offesa dai reati indicati nella norma medesima, di cui agli artt. 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater e 612-bis, nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli artt. 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, a prescindere dai limiti di reddito di cui al precedente comma 1 e senza riservare alcuno spazio di apprezzamento a discrezionalità valutativa al giudice.
Secondo quanto già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, è affermato il diritto della persona offesa da uno dei reati indicati sopra a fruire del patrocinio a spese dello Stato per il solo fatto di rivestire detta qualifica, a prescindere dalle proprie condizioni di reddito che, quindi, non devono nemmeno essere oggetto di dichiarazione o attestazione. Tale soluzione sarebbe imposta proprio dalla ratio della normativa, posto che la finalità della norma in questione appare essere quella di assicurare alle vittime di tale tipologia di reato un accesso alla giustizia favorito dalla gratuità dell'assistenza legale (Cass. pen., Sez. IV, 23 novembre 2018, n. 52822).
Detta interpretazione istituisce un automatismo legislativo poiché, al solo verificarsi del suo presupposto, ovvero assumere l'istante la veste di persona offesa da uno dei reati indicati dalla norma, determina una conseguenza inderogabile, ossia l'ammissione al beneficio senza che vi sia alcun margine di valutazione in capo al giudice in ordine alle condizioni reddituali e patrimoniali.
Il remittente assumeva il contrasto della disposizione censurata con l'art. 3 Cost., in quanto istituisca un automatismo legislativo di ammissione al beneficio al solo verificarsi del presupposto di assumere la veste di persona offesa di uno dei reati indicati dalla norma, con esclusione di qualsiasi spazio di apprezzamento e discrezionalità valutativa del giudice, disciplinando in modo identico situazioni del tutto eterogenee sotto il profilo economico, nonché con l'art. 24, comma 3, Cost., in quanto l'ammissione indiscriminata e automatica al beneficio di qualsiasi persona offesa da uno dei reati indicati dalla norma medesima porterebbe a includere anche soggetti di eccezionali capacità economiche, a discapito della necessaria salvaguardia dell'equilibrio dei conti pubblici e di contenimento della spesa in tema di giustizia.
Secondo il giudice delle leggi detta normativa non appare lesiva del principio di parità di trattamento, considerata la vulnerabilità delle vittime dei reati in materia sessuale, oltre che le esigenze di garantire al massimo il venire alla luce di tali reati.
Non a caso, nel preambolo del d.l. 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori), convertito, con modificazioni, nella l. n. 38 del 2009, che ha introdotto la disposizione in esame, si richiama la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure per assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell'allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale, attraverso un sistema di norme finalizzate al contrasto di tali fenomeni e ad una più concreta tutela delle vittime di suddetti reati.
Appare evidente, quindi, che la ratio della disciplina in commento sia rinvenibile in una precisa scelta di indirizzo politico-criminale che ha l'obiettivo di offrire un concreto sostegno alla persona offesa, la cui vulnerabilità è accentuata dalla particolare natura dei reati di cui è vittima, e a incoraggiarla a denunciare e a partecipare attivamente al percorso di emersione della verità; valutazione che appare del tutto ragionevole e frutto di un non arbitrario esercizio della propria discrezionalità da parte del legislatore.
Per tali motivi, la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 76, comma 4-ter, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, nella parte in cui determina l'automatica ammissione al patrocinio a spese dello Stato delle persone offese dai reati indicati dalla norma medesima, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24, comma 3, Cost.
fonte: altalex.com

sabato 16 gennaio 2021

Atti fiscali, sospensione delle notifiche fino a fine gennaio

Un mese di respiro per l'avvio della notifica degli atti fiscali ai contribuenti: il nuovo dl sposta, in sostanza, dalla fine del 2020 alla fine di gennaio 2021, il termine per la ripresa dell'invio di avvisi di accertamento e comunicazioni di irregolarità. La notifica, però, potrebbe avvenire anche nel 2022 e non solo durante il 2021. Stesso, breve, stop per i versamenti legati alle cartelle già in corso di pagamento. Allineamento ad un tempo più ampio per le cartelle legate alle liquidazioni delle dichiarazioni dei redditi ed al controllo formale per i periodi di imposta 2016 e 2017. Sono questi, in estrema sintesi, i contenuti del nuovo provvedimento di legge, dl n. 3, in materia di notifiche degli atti e riscossione varato dal governo la cui pubblicazione in G.U., la numero 11, è stata prevista per ieri. Rinviando per una schematizzazione degli atti interessati dalla mini proroga alla tabella in pagina, la sintesi dell'intervento normativo può essere così rappresentata:
- si interviene sulle due disposizioni di legge di riferimento che sono l'articolo 68 del dl n. 18 del 2020 e l'articolo 157 del dl n. 34 del 2020;
- nell'ambito di queste due disposizioni, si provvede a far slittare di un mese il termine di sospensione per l'avvio della notifica degli atti disciplinato, in generale, al 31 dicembre 2020. Cosicché il nuovo termine, nella più parte dei casi è fissato al 31 gennaio 2021 con possibilità di notifica nel corso del biennio 2021-2022;
- con riferimento alle cartelle esattoriali già in pagamento, anche in questo caso si assiste ad uno slittamento di un mese con conseguente obbligo di pagamento alla fine del mese di febbraio per le somme non versate medio tempore;
In buona sostanza, dunque, il provvedimento si premura di regolamentare il problema degli atti che sono «congelati» in capo all'amministrazione finanziaria ovvero in capo all'agente della riscossione non delineando nessuna soluzione in relazione a quegli atti che sono in corso di pagamento, fatta eccezione per le cartelle esattoriali già in corso di pagamento. Seppure, dunque, il nuovo intervento appaia apprezzabile il nodo da sciogliere è proprio quello legato ai pagamenti in corso ove, evidentemente, sarebbe del tutto opportuno un provvedimento che disponga, ad esempio, una rateazione più ampia di quella attuale. Si pensi, in ipotesi, ad un contribuente che sta versando delle somme derivanti da un avviso bonario rateizzato su base trimestrale. In detta fattispecie, l'unica temporanea sospensione ottenuta nel 2020 è terminata nel mese di settembre con la conseguenza che le somme dovute successivamente devono essere pagate nei termini ordinari. In questo contesto, va altresì ricordato come il mancato pagamento di una rata entro la scadenza della rata successiva comporta il venir meno dei benefici derivanti dalla riduzione della sanzione. Proprio in situazioni come queste e più in generale per tutte le ipotesi in cui vi siano pagamenti in corso, la soluzione potrebbe essere quella di garantire un lasso di tempo più ampio per l'effettuazione dei versamenti.
fonte:italiaoggi.it

Aborto terapeutico anche se l'anomalia non si è ancora prodotta e non è strumentalmente accertata

La Terza sezione civile della Cassazione, Relatore Danilo Sestini, con una importante decisione (653 depositata il 15 gennaio) ha esteso le condizioni per operare l'aborto terapeutico, quello dunque che viene praticato oltre il 90° giorno.

Accogliendo il ricorso di due genitori contro il medico e l'Università La Sapienza di Roma (in quanto ente di riferimento del Policlinico Umberto I), ha stabilito che non vi è necessità che "l'anomalia o la malformazione si sia già prodotta e risulti strumentalmente o clinicamente accertata", essendo al contrario sufficiente che la gestante "sappia di aver contratto una patologia atta a produrre, con apprezzabile grado di probabilità, anomalie o malformazioni del feto".
Perché una simile condizione, della quale il medico è tenuto informare la gestante a pena di risarcimento del danno, è di per sé in grado di produrre quel "grave pericolo per la sua salute fisica o psichica", da accertarsi in concreto e caso per caso, che consente l'interruzione oltre i termini di legge.
A tale assunto la Corte è arrivata, con un principio di diritto, attraverso l'interpretazione letterale dell'art. 6, lett. b) della legge n. 194/78. Nel caso la donna aveva contratto una infezione da citomegalovirus di cui si era accorta soltanto alle 22° settimana. Il medico, per un verso, l'aveva rassicurata sui possibili esti, per l'altro, aveva affermato che era ormai fuori tempo massimo per intervenire con l'aborto terapeutico. Una posizione condivisa dalla Corte di appello di Roma ma ribaltata oggi dalla Suprema corte.
La norma, spiega la decisione, prevede infatti che l'interruzione volontaria della gravidanza può essere praticata "quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna". L'inciso compreso tra le due virgole ("tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni de feto"), afferma la Corte facendo un salto in avanti, "vale a specificare che tra i processi patologici da considerare sono compresi anche quelli attinenti a rilevanti anomalie o malformazioni del feto". Il legislatore ha dunque "posto l'accento sull'esistenza di un "processo patologico" (che può anche non essere attinente ad anomalie o ma formazioni fetali) e sul fatto che lo stesso possa cagionare un grave pericolo per la salute della donna".
Deve pertanto ritenersi, prosegue, che, laddove si riferisce a processi patologici "relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del feto, l'art. 6, lett. b) legge n. 194/1978 non richieda che la anomalia o la menomazione si sia già concretizzata in modo da essere strumentalmente o clinicamente accertabile, ma dia rilievo alla circostanza che il processo patologico possa sviluppare una relazione causale con una menomazione fetale".
Così, tornando al caso in esame "deve ritenersi che anche la sola circostanza dell'esistenza di un'infezione materna da citomegalovirus possa rilevare al fine di apprezzare l'idoneità di tale processo patologico a determinare nella donna - compiutamente edotta dei possibili sviluppi - il pericolo di un grave pregiudizio psichico in considerazione dei potenziali esiti menomanti".
Per la Suprema corte dunque: "l'accertamento di processi patologici che possono provocare, con apprezzabile grado di probabilità, rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro consente il ricorso all'interruzione volontaria della gravidanza, ai sensi dell'art. 6, lett. b) della legge n. 194/78, laddove determini nella gestante - che sia stata compiutamente informata dei rischi - un grave pericolo per la sua salute fisica o psichica, da accertarsi in concreto e caso per caso, e ciò a prescindere dalla circostanza che l'anomalia o la malformazione si sia già prodotta e risulti strumentalmente o clinicamente accertata".
Inoltre, sotto il profilo risarcitorio, la Corte ha stabilito che "il medico che non informi correttamente e compiutamente la gestante dei rischi di malformazioni fetali correlate a una patologia dalla medesima contratta può essere chiamato a risarcire i danni conseguiti alla mancata interruzione della gravidanza alla quale la donna dimostri che sarebbe ricorsa a fronte di un grave pregiudizio per la sua salute fisica o psichica".
fonte: ilsole24ore.com

venerdì 15 gennaio 2021

Affitti, il contributo a fondo perduto è per tutti

Il contributo a fondo perduto per i locatori che riducono i canoni di affitto agli inquilini spetterà a tutti i contribuenti, sia soggetti Irpef sia Ires. Questa la risposta fornita ieri dall'Agenzia delle entrate nel corso del IV Forum nazionale dei commercialisti ed esperti contabili organizzato da ItaliaOggi, relativamente al nuovo contributo introdotto con la legge di bilancio 2021. Tale interpretazione estremamente inclusiva, conferma quanto già sostenuto sulle pagine di ItaliaOggi il 19/12/2020 relativamente alla problematica dell'individuazione dei soggetti beneficiari dell'agevolazione. La disposizione infatti non circoscrive in modo puntuale la platea dei soggetti possibili fruitori del bonus ma cita genericamente la figura del «locatore». L'art. 1, comma 381 della legge 178/2020 (legge di Bilancio 2021), che ha introdotto il bonus (norma clone parziale dell'articolo 9-quater del dl 137/2020, il decreto ristori) prevede infatti un contributo a fondo perduto, per l'anno 2021, al locatore di immobile adibito a uso abitativo situato in un comune ad alta tensione abitativa (il cui elenco è contenuto nella delibera Cipe del 13 novembre 2003, n. 87) in caso di riduzione del canone di locazione.
Il contributo è pari al 50% della riduzione del canone, entro il limite massimo annuo di 1.200 euro per ciascun locatore. Su specifico quesito in merito, l'Agenzia ha risposto indicando che «l'ampia formulazione della disposizione, che fa riferimento al locatore, quale beneficiario del contributo a fondo perduto, senza ulteriori precisazioni, consenta di ricomprendere tra i destinatari del contributo tutti i contribuenti soggetti passivi Irpef e Ires che locano un immobile posseduto a titolo di proprietà o di altro diritto reale di godimento». Dunque, nel rispetto degli altri requisiti previsti dalla norma, ovvero che l'immobile il cui canone è oggetto di rinegoziazione costituisca l'abitazione principale del locatario e che venga comunicata in via telematica all'Agenzia la rinegoziazione, tale contributo è aperto sia ai soggetti Irpef sia a quelli Ires.
L'Agenzia inoltre sottolinea che il contributo spetta unicamente per gli immobili ad uso abitativo ovvero quelli classificati/classificabili nella categoria catastale A, ad eccezione degli A/10 (uffici e studi privati). Di conseguenza vengono escluse dal contributo a fondo perduto le locazioni di immobili classificati nella categoria B (scuole, uffici pubblici ecc.), C (negozi, laboratori, magazzini ecc.), D (opifici, alberghi ecc.), E (stazioni per servizi di trasporto, ecc). A questo punto però, aumentando in modo esponenziale la platea dei beneficiari, comprensiva anche dei locatori persone giuridiche, si pone nuovamente e con più incisività il problema della congruità dello stanziamento previsto per tale agevolazione. Al comma 384 della norma in commento viene infatti stabilito che per tale contributo è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2021. Facendo un rapidissimo calcolo, se 50 milioni di euro sono lo stanziamento e 1.200 euro è il massimo contributo ottenibile, il bonus in forma piena potrà essere erogato solo a circa 41.700 richiedenti. Ma questo calcolo in realtà è ben noto anche al legislatore. Al comma 383 viene infatti previsto che, con provvedimento del direttore delle Entrate, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione, sono individuate le modalità di attuazione del contributo e la percentuale di riduzione del canone di locazione mediante riparto proporzionale in relazione alle domande presentate, anche ai fini del rispetto del limite di spesa.
fonte:italiaoggi.it

Dpcm, Conte firma il nuovo provvedimento valido fino al 5 marzo 2021

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha firmato il nuovo Dpcm contenente le misure per il contrasto e il contenimento dell'emergenza da Covid-19. Le disposizioni, si legge nel provvedimento, "si applicano dalla data del 16 gennaio 2021, in sostituzione di quelle del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020, e sono efficaci fino al 5 marzo 2021". Quasi tutta l'Italia in zona arancione e il divieto di spostarsi tra le regioni fino al 15 febbraio, con Lombardia e Sicilia che da domenica potrebbero essere le prime zone rosse del 2021. Dal 16 gennaio parte la nuova stretta per evitare che anche l'Italia finisca nella stessa situazione di Gran Bretagna e Germania, costringendo il governo all'unica soluzione possibile in quel caso: un nuovo lockdown nazionale. Il ministro della Salute Roberto Speranza ha ribadito: "La situazione non può essere sottovalutata, lavoriamo insieme tempestivamente ad anticipare le restrizioni per evitare una nuova, forte ondata" del virus".
Nessun passo indietro, dunque, con il rinnovo di tutte le misure già in vigore a partire dal coprifuoco dalle 22 alle 5, l'inasprimento delle soglie per accedere alle zone con restrizioni, introdotte con il decreto approvato mercoledì: con Rt 1 o con un livello di rischio 'alto' o, ancora, con un'incidenza di 50 casi ogni 100mila abitanti e un rischio moderato, si va in arancione, con Rt a 1,25 in rosso. Secondo gli ultimi dati da lunedì 18 gennaio potrebbero essere fascia arancione Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, provincia autonoma di Bolzano, provincia autonoma di Trento, Puglia, Umbria e Veneto. In bilico verso il rosso ci sono invece la Lombardia, l’Emilia-Romagna e la Calabria. Potrebbero rimanere in giallo Toscana, Molise e Campania.
Se però a mandare in rosso la Lombardia sono i numeri, a far scattare le restrizioni più dure in Sicilia è la richiesta del presidente Nello Musumeci. "Alla luce dell'aumento dei contagi, che è ulteriormente progredito rispetto alla scorsa settimana, abbiamo sottoposto al governo centrale la proposta di dichiarare per due settimane la 'zona rossa' in Sicilia. Ove la nostra richiesta non dovesse essere accolta, prudenzialmente procederò con mia ordinanza ad applicare le limitazioni previste per le 'zone rosse' in tutte le aree regionali a maggiore incidenza di contagio, come peraltro richiesto da numerosi sindaci", ha dichiarato.
Fino al 15 febbraio è vietato andare nelle seconde case che si trovano fuori regione. Se si è residenti in una regione in fascia arancione è vietato andare nella seconda casa fuori Comune salvo casi di urgenza, come, ad esempio riparare un guasto e solo per il tempo limitato a risolvere il problema.
Gli studenti di licei e scuole superiori torneranno sui banchi, in presenza al 50%, fino al 75%, dal 18 gennaio. Per le scuole dell'infanzia, per le elementari e le medie, la didattica continua a svolgersi "integralmente in presenza".
A bordo dei mezzi pubblici del trasporto locale e del trasporto ferroviario regionale, con esclusione del trasporto scolastico dedicato, è consentito un
coefficiente di riempimento non superiore al 50 per cento.
In caso di limitazioni alla mobilità tra comuni, "sono comunque consentiti gli spostamenti dai comuni con popolazione non superiore a 5mila abitanti e per una distanza non superiore a 30 chilometri dai relativi confini, con esclusione in ogni caso degli spostamenti verso i capoluoghi di provincia". Confermata anche la regola che consente a un massimo di due persone (minori di 14 anni e disabili esclusi) di andare a visitare amici e parenti una volta al giorno. Anche fuori dal proprio comune se ci si trova in zona arancione o rossa. "In ambito regionale lo spostamento verso una sola abitazione privata è consentito una volta al giorno in un arco temporale compreso tra le 5 e le 22, e nei limiti di due persone ulteriori oltre a quelle ivi già conviventi, oltre ai minori di 14 anni sui quali tali persone esercitino la potestà genitoriale e alle persone disabili o non autosufficienti conviventi".
Confermati il coprifuoco, lo stop all'asporto dalle 18 (sarà consentito solo il domicilio). Ristoranti e bar aperti fino alle 18 nelle zone gialle, chiusi nelle altre. Negozi aperti nelle zone gialle e arancioni. Confermata la chiusura di palestre, piscine, cinema, teatri, potrebbero riaprire i musei nelle zone gialle. Più facile il passaggio in zona arancione o rossa. Con indice Rt maggiore di 1 si finisce in area arancione, maggiore di 1,25 in area rossa. In arancione finiranno anche tutte quelle Regioni classificate a rischio alto secondo i 21 parametri, anche se l'indice Rt è minore di 1.
Secondo il nuovo Dpcm, gli impianti nei comprensori sciistici non riapriranno fino al 15 febbraio. Possono essere utilizzati solo da parte di atleti professionisti e non professionisti, riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP) e/o dalle rispettive federazioni. Questo, si legge nel testo del decreto, per permettere la preparazione finalizzata allo svolgimento di competizioni sportive nazionali e internazionali o lo svolgimento di tali competizioni, nonché per lo svolgimento delle prove di abilitazione all'esercizio della professione di maestro di sci". A partire dal 15 febbraio 2021, gli impianti sono aperti agli sciatori amatoriali ma "solo subordinatamente all'adozione di apposite linee guida da parte della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e validate dal Comitato tecnico-scientifico, rivolte a evitare aggregazioni di persone e, in genere, assembramenti".
Non si potranno superare i confini anche se le regioni sono in fascia gialla. Secondo il nuovo provvedimento «fino al 15 febbraio 2021 è vietato ogni spostamento in entrata e in uscita tra i territori di diverse regioni o province autonome, salvi gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. È comunque consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione».
Infine, la zona bianca. In cui riaprono palestre, piscine, teatri, cinema, ristoranti e bar h24. Ma per ora non ci rientra nessuno: riguarderà le Regioni con uno scenario di tipo 1, un livello di rischio basso, indice Rt inferiore a 1 e un'incidenza settimanale dei contagi per tre settimane consecutive inferiore a 50 casi ogni 100mila abitanti. In queste regioni "cessano di applicarsi le misure" previste dal decreto legge.
fonte:italiaoggi.it

giovedì 14 gennaio 2021

Sms phishing, Smishing o Sim swapping: come difendersi dalle nuove truffe online

Se c'è un settore che non conosce crisi, anche in tempi di pandemia, è senza dubbio quello delle frodi online. Stando all'ultimo report diffuso dalla Polizia postale, nei primi mesi del 2020 si è registrato un aumento del 600% delle email di phishing in tutto il mondo, con l'incremento dell'utilizzo di temi correlati al Covid-19 per colpire bacini di utenti (e aziende) sempre più ampi. Dopo il recente caso che ha coinvolto gli utenti dell'operatore ho. mobile vittime di un furto informatico, il tema della violazione dei dati e della privacy degli utenti è ritornato sotto i riflettori. E difendersi in uno scenario in costante evoluzione non è così semplice. 

Smishing o Sms phishing: di cosa si tratta
Lo Smishing o Sms phishing può essere definito come un'evoluzione del phishing. A differenza di quanto avviene nel phishing, però, lo smishing utilizza gli sms per raggiungere gli utenti, utilizzando tecniche piuttosto simili a quelle già viste per le email. Gli sms vengono generati con automatismi e sono così in grado di raggiungere automaticamente centinaia di persone al minuto. Nei messaggi in genere viene richiesto all'utente di aggiornare urgentemente il proprio account, viene promessa la possibilità di vincere premi o ricariche gratuite oppre viene informato che un dispositivo non autorizzato è connesso al conto online, quindi si invita l'utente a cliccare su un link per ovviare al problema. Se si clicca sul link si viene rimandati a pagine web fantasma di siti commerciali o di banche (spesso identiche alle originali) che possono essere confuse con quelle ufficiali, per questo motivo è opportuno fare attenzione. Con queste operazioni i malintenzionati riescono a carpire ogni giorno migliaia di dati personali, incluse le informazioni d'accesso di come user id e password di utenti ignari. 
Sim swapping, la truffa che clona le schede
Diretta conseguenza dello smishing sono le truffe chiamate "Sim swapping", letteralmente "scambio di Sim". La logica dietro questo tipo di attacchi sta nel fatto che alcuni malware si possono introdurre nel nostro smartphone (attenzione quindi ai link che clicchiamo sugli sms) e clonare la Sim del telefono. Dopo aver carpito il codice ICCID, il numero seriale che identifica in maniera univoca una scheda, è possibile per i malintenzionati ottenere un duplicato della Sim rivolgendosi direttamente all'operatore telefonico: a questo punto, con la Sim clonata è possibile ricevere chiamate e sms al posto del legittimo proprietario, oltre che accedere al mobile banking. Si tratta di frodi ben architettate e complesse, dato che richiedono anche il passaggio dall'operatore telefonico, e che sfruttano i bug sia del sistema bancario che quelli delle compagnie telefoniche. In questo disegno, chi ha la peggio è il cliente, ovvero la vittima finale. Banca d'Italia e Agcom sono al lavoro per mettere in campo misure adeguate, in grado di evitare il più possibile frodi di questo tipo. In attesa di vederle applicate, è importantissimo fare attenzione e sapere come muoversi in caso di necessità.
Hai subito una truffa? Ecco cosa fare
Se hai ricevuto un sms di questo tipo, la prima cosa da fare è inviare una segnalazione alla Polizia postale e alla tua banca, eviterai così che altre persone possano cadere nella trappola.
Se hai subito una perdita economica a causa di una truffa, ricorda che la banca è sempre responsabile dei malfunzionamenti dei propri sistemi: questo significa che non può addebitare al cliente gli utilizzi fraudolenti della sua carta o dell'home banking (a meno che non venga dimostrata la colpa o il dolo del cliente).
Nel caso di truffa in cui risultino dispositi bonifici fraudolenti o effettuati pagamenti dal tuo conto online o dalla tua carta, fai subito un reclamo per iscritto alla banca o all'emittente della carta e chiedi il rimborso delle somme addebitate frutto di truffa.
Se la banca non risponde entro 15 giorni lavorativi dal ricevimento del reclamo o se risponde negativamente, non rimane che fare un ricorso all'Arbitro bancario e finanziario.

Canone Rai: se non hai il televisore puoi chiedere l'esenzione entro il 31 gennaio

Chi non possiede un televisore ha tempo fino al 31 gennaio 2021 per inviare l'autocertificazione all'Agenzia delle entrate ed essere così esonerato dal pagamento del canone per il 2021. Ricordiamo che la dichiarazione ha validità annuale, quindi chi l'ha fatta per il 2020 deve rifarla anche per il nuovo anno. 
L'autocertificazione può essere presentata direttamente online in due modalità:
- tramite un’applicazione web (Fisconline) disponbile sul sito dell'Agenzia delle Entrate, direttamente dal contribuente o dall'erede;
- oppure tramite un intermediario abilitato (CAF, commercialisti, consulenti del lavoro...).
In alternativa, la dichiarazione può essere spedita via posta, assieme alla copia di un documento di identità, in plico raccomandato senza busta all'indirizzo Agenzia delle entrate - Ufficio di Torino 1 - Sportello abbonamenti TV - Casella Postale 22 - 10121 Torino. Una terza modalità di invio della dichiarazione è tramite PEC (posta elettronica certificata), purché questa sia firmata tramite firma digitale. Dovrà essere quindi inviata tramite PEC all'indirizzo: cp22.sat@postacertificata.rai.it.

venerdì 8 gennaio 2021

Imputati innocenti: paga lo stato se c’è l’assoluzione

Sarà lo Stato a pagare le spese legali agli imputati innocenti. Questa la novità introdotta dalla manovra economica 2021 in tema di giustizia: la legge 178/20 è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 322/2020 e le relative disposizioni sono contenute nei commi 1015-1022 dell'unico articolo. Soltanto gli imputati assolti con sentenza piena e definitiva possono ottenere il rimborso a valere sul fondo ad hoc costituito presso il ministero della Giustizia con una dotazione di 8 milioni l'anno: sarà un decreto di Via Arenula a definire i criteri per l'erogazione delle provvidenze, tenendo conto del numero dei gradi di giudizio che l'interessato è stato costretto ad affrontare e della durata complessiva del processo.
Formula e dispositivo
È fissato a 10.500 euro il massimo delle spese legali rimborsabili all'imputato assolto ex articolo 530 cpp in modo irrevocabile. Non basta dunque un generico proscioglimento ma serve una sentenza pronunciata con una delle seguenti formule: il fatto non sussiste; l'imputato non ha commesso il fatto; il fatto non costituisce reato; il fatto non è previsto dalla legge come reato. Quest'ultima formula, tuttavia, può non essere sufficiente: comprende infatti la depenalizzazione dei fatti oggetto d'imputazione, che invece è esclusa dal beneficio come l'estinzione del reato per amnistia o prescrizione e l'assoluzione parziale, vale a dire da uno o alcuni capi d'imputazione ma con condanna per altri. Insomma: ai fini della rifusione degli esborsi per la difesa conta anche il dispositivo della pronuncia.
Beneficio esentasse
Il rimborso non concorre alla formazione del reddito e sarà ottenuto in tre quote annuali di pari importo, a partire dall'anno successivo alla definitiva assoluzione. Come documenti servono: la fattura del difensore, con l'indicazione dell'avvenuto pagamento; il parere di congruità dei compensi indicati nella parcella, emesso dal Consiglio dell'Ordine forense competente; la copia della sentenza liberatoria, con l'attestazione di irrevocabilità della cancelleria.
Retroattività esclusa
Il decreto attuativo dovrà essere adottato entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di bilancio 2021, avvenuta il primo gennaio. E sarà interessante verificare i criteri di rimborso indicati perché l'eventuale raccordo a principi internazionali, ad esempio la giurisprudenza Cedu, potrebbe incidere in modo sensibile sulla determinazione dell'ammontare; il tutto mentre le risorse sono comunque limitate. Senza dimenticare che spesso i processi penali si concludono in Cassazione: il parametro del numero di giudizi cui è stato sottoposto l'imputato assolto può risultare di per sé poco significativo. Il beneficio si applica soltanto alle assoluzioni divenute definitive nel 2021.
Diritti perfetti
I criteri per l'erogazione dei rimborsi assumono particolare rilievo in quanto è determinato in 8 milioni di euro per ogni anno lo stanziamento a disposizione del ministero della Giustizia: il limite di spesa non è superabile. A tal fine la disposizione istituisce, nello stato di previsione del dicastero di via Arenula, a partire dal 2021, un fondo ad hoc «per il rimborso delle spese legali agli imputati assolti», con la dotazione della cifra indicata. Dai tecnici parlamentari arriva tuttavia un rilievo sulla norma che investe diritti soggettivi «perfetti»: risulta difficile modulare l'onere unitario entro il tetto dei 10 mila euro e sarebbe stato forse opportuno acquisire dati, a partire dal numero dei casi di assoluzione piena registrati negli ultimi dieci anni.
fonte:www.italiaoggi.it

domenica 3 gennaio 2021

Morte del minore senza cintura: responsabile il conducente

La Suprema Corte, sez. IV penale, con la sentenza 17 settembre-24 novembre 2020, n. 32864 ha chiarito che l’obbligo del rispetto dell’adozione delle cautele, previste dalla legge (riguardanti il minore), da disporre ed attuare prima di mettere in marcia il veicolo, permane, in termini di vigilanza, anche nel corso del tragitto.
Nello specifico, l’art. 172 C.d.S. prevede, per quanto attiene ai minori, che i bambini di statura inferiore a 1,50 m devono essere assicurati al sedile con un sistema di ritenuta per bambini, adeguato al loro peso, di tipo omologato secondo le normative stabilite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, conformemente ai regolamenti della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite o alle equivalenti direttive comunitarie.
Pertanto, la violazione delle cautele, ut supra, comporta una responsabilità a titolo di omicidio colposo a carico del conducente del veicolo, se da tali violazioni ne deriva la morte del minore.
Per di più, non sono rilevanti eventuali comportamenti del minore volti a disinserire i dispositivi di sicurezza previsti, in quanto è a carico del conducente sia l’adozione di tali cautele ad inizio marcia che durante il tragitto.
Il fatto
La decisione scaturisce dal doppio grado di giudizio che condannava il ricorrente per omicidio colposo ai danni di una minore seduta sul sedile posteriore dell’autovettura condotta dallo stesso ricorrente. Occorso un tamponamento di un’auto proveniente da tergo, la bambina sbalzava fuori dall’abitacolo del veicolo e, di conseguenza, ne veniva provocata la morte.
Al conducente veniva contestato, oltremodo, a sensi dell’art. 172 C.d.S., il fatto che, in qualità di conducente, non aveva provveduto ad assicurare la bambina al sedile posteriore del veicolo, con le specifiche dotazioni che, in caso di sinistro, avrebbero evitato lo sbalzo della minore fuori dal veicolo o l’urto contro parti rigide dello stesso.
Il ricorrente, deducendo una violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione al rapporto di causalità tra la sua condotta e l’evento dannoso, sosteneva, contrariamente, che la minore era stata regolarmente assicurata al sedile dell’autovettura al momento della partenza ma, durante il viaggio, la stessa si era inopinatamente privata del sistema di ritenzione.
Riteneva, altresì, che nessuna colpa era a lui adducibile in quanto era impegnato alla guida e, pertanto, impossibilitato a monitorare costantemente i sedili posteriori del veicolo per verificare che la minore vi fosse costantemente allacciata.
Con secondo motivo di gravame deduceva violazione di legge in relazione ai criteri adottati nella determinazione del trattamento sanzionatorio.
La decisione
La Cassazione ha ritenuto la sentenza impugnata priva dei vizi dedotti dalla difesa ricorrente e, avallando quanto deciso dal Giudice di Appello, ha ribadito la sussistenza della relazione causale tra la condotta di guida del ricorrente con l’evento, considerando, inoltre, la tesi difensiva, ut supra, inverosimile oltre che irrilevante: “atteso che l’obbligo del rispetto delle adozioni delle cautele imposte dalla legge al momento della intrapresa marcia, permane in termini di vigilanza, anche nel corso del tragitto”.
Dunque, priva di coerenza, legittimità e plausibilità è stata valutata la circostanza che la minore si sarebbe slacciata dal sistema di ritenuta in modo da non essere percepita dal conducente e dagli altri accompagnatori adulti.
Pertanto, la Consulta, ritenendo congruo e adeguato anche il trattamento sanzionatorio determinato dalla sentenza oggetto di gravame, ha dichiarato inammissibile il ricorso.
(fonte:www.altalex.com)

Il Fisco riparte: in arrivo 50 milioni di cartelle

Trentacinque milioni di cartelle esattoriali ferme da mesi, più altri 15 milioni di accertamenti e avvisi: totale 50 milioni di atti del Fisco, in pratica uno per ogni italiano, in arrivo a partire dalle prossime settimane. Sono tutte scadenze precedenti la pandemia, che poi il governo nel corso del 2020 ha più volte rinviato per limitare i danni. E anche stavolta sul tavolo della maggioranza, sollecitata anche dalle opposizioni, c’è l’idea di andare incontro ai contribuenti in extremis. Un’intenzione che era già emersa prima del varo della manovra, a dire il vero, senza concretizzarsi: «Penso che serva una rottamazione quater per gli anni dal 2016 al 2019 per dare respiro nei casi di morosità incolpevoli – spiega la viceministra grillina dell’Economia Laura Castelli –. Un nuovo saldo e stralcio potrebbe evitare la notifica di milioni di cartelle».
Per le casse pubbliche l’operazione non è indolore, anche a fronte del crollo delle entrate fiscali nel 2020 e, in particolare, della riduzione di un terzo del gettito delle entrate da accertamenti e controlli: nei primi dieci mesi dell’anno – spiega il ministero del Tesoro – in cassa sono arrivati 3 miliardi di euro in meno, -30,8%. In attesa di nuovi provvedimento del governo, per gli interessati restano le agevolazioni fissate per l’emergenza Covid, e valide per tutto il nuovo anno, che guardano soprattutto alla rateizzazione, concessa a chi non riesce a pagare in un’unica soluzione: su tutte, la tolleranza fino a dieci rate arretrate anziché cinque e la possibilità di aderire a una dilazione di sei anni con domanda semplice per debiti fino a 100 mila euro anziché 60 mila.
I bonus
Intanto sul lato opposto, cioè quello dei crediti vantati dai cittadini, un’analisi dei commercialisti di Elexia mostra l’impennata degli ultimi anni, e in particolare del 2020 segnato dalla pandemia: i crediti Irpef superano quota 23 miliardi di euro, +50% dal 2009, e interessano un contribuente su due (21,7 milioni, il 52% del totale). È la conseguenza del larghissimo uso dei bonus fiscali come strumento di politica economica, come mostra il dato delle agevolazioni per la ristrutturazione delle case sfruttati da quasi dieci milioni di italiani, per un valore di 6,7 miliardi di euro.
In grande crescita anche le detrazioni: 36,2 milioni di contribuenti hanno scelto quelle da lavoro dipendente, 12,2 milioni quella per familiari a carico. 

Responsabilità professionale medica, stop alle "liti temerarie" contro i medici

 Stop alle "liti temerarie" contro i medici: su 100 cause per responsabilità professionale, nel penale, solo il 5% porta a una con...