domenica 22 ottobre 2023

Bonus dipendenti: nel 2024 può andare anche a chi non ha figli

 Con la manovra di bilancio per il 2024 attualmente in discussione, viene estesa a tutto il prossimo anno la possibilità per le aziende di erogare fringe benefit esenti da imposta per i dipendenti. Normalmente il limite massimo esente da imposta per i lavoratori che lo ricevono è di 258 euro, ma nel 2023 è stato portato a 3 mila euro solo per nuclei famigliari con figli a carico. Nel 2024 il nuovo limite sarà di mille euro per tutti, cifra che raddoppia in caso di dipendenti con figli.

Bonus 2024: le novità

Al momento la legge di bilancio è ancora in discussione, quindi, non si conoscono nel dettaglio tutti i requisiti tecnici; tuttavia è molto probabile che la misura ricalchi quella in vigore già quest'anno (2023) ma che permetta di allargare la platea di chi può ricevere i benefit esenti da imposta: se nel 2023 erano riservati solo ai dipendenti con figli (per un massimo di 3 mila euro), ora con la nuova legge di bilancio, potranno andare anche a tutti gli altri dipendenti (per un massimo di mille euro), mentre per chi ha figli l'importo massimo esente da imposta è stato abbassato a 2 mila euro.

È bene comunque ribadire che si tratta di benefit che il datore di lavoro non è obbligato a dare ai dipendenti, e che spetta solo al datore di lavoro scegliere se e a chi erogare il benefit. Vediamo allora come funziona oggi questo bonus e come viene concesso quello che si definisce bonus bollette. 

Bonus 2023: chi può riceverlo

Durante il 2023 il limite massimo di esclusione dal reddito di lavoro dipendente per i benefit concessi dall’azienda è di 3 mila euro, contro i 258 euro ordinari. In pratica, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati al lavoratore, compreso il bonus bollette non concorrono, entro il limite 3 mila euro, a formare il reddito di lavoro dipendente, di conseguenza non sono tassati. Questo nuovo limite riguarda esclusivamente i lavoratori con figli a carico, per tutti gli altri il limite rimane quello dei 258 euro.

All'interno di questo limite non rientra il bonus benzina che non concorre al raggiungimento del limite di spesa massimo per le erogazioni di beni e servizi da parte dell'azienda.

Come si può ottenere il bonus da 3 mila euro 

I beneficiari dell’agevolazione possono essere i lavoratori dipendenti e coloro che percepiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, che però abbiano figli fiscalmente a carico per tutto il 2023. Se concessa dal dartore di lavoro, l’agevolazione può spettare a ogni genitore, anche con un solo figlio, purché lo stesso sia fiscalmente a carico di entrambi, a prescindere dalla percezione delle detrazioni per figli o dell’assegno unico universale.

Per poter ottenere il bonus il lavoratore deve presentare una dichiarazione al datore di lavoro in cui conferma di avervi diritto, indicando il codice fiscale dell’unico figlio o dei figli fiscalmente a carico. Allo stesso modo, qualora non ci siano più i presupposti per ottenerlo, ad esempio perché il figlio ha iniziato a percepire un reddito che non lo fa più risultare a carico del lavoratore bisogna comunicarlo prontamente al datore di lavoro che può effettuare i conguagli. Non esiste un modello di dichiarazione ufficiale, infatti, può essere effettuata secondo modalità concordate fra datore di lavoro e lavoratore. 

Chi può ottenere il bonus bollette

Il bonus può esser erogato solo dalle aziende che operano nel settore privato, sono quindi escluse le pubbliche amministrazioni. I beneficiari sono esclusivamente i lavoratori dipendenti, cioè coloro che percepiscono uno stipendio da lavoro dipendente. Chi riceve il contributo non paga alcuna imposta se ha figli a carico perché non è considerato reddito imponibile. Allo stesso modo, l’azienda lo deduce completamente dal proprio reddito.

Tuttavia, grazie a una circolare dell’Agenzia delle entrate è stato chiarito che se non opera la soglia dei 3 mila euro perché il dipendente non ha figli, rimane la soglia ordinaria di esenzione fino a 258,23 euro per il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati che però non è estensibile ai rimborsi per il bonus bollette per il quale resta applicabile il principio generale secondo cui qualunque somma percepita dal lavoratore costituisce reddito imponibile di lavoro dipendente. In pratica, chi non ha figli non può ricevere un rimborso per le bollette, ma solo un contributo generico, nel limite massimo di 258 euro per far sì che non sia imponibile.

Per quali immobili

I contributi per il pagamento delle utenze possono riguardare immobili ad uso abitativo del dipendente, del coniuge o dei suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano stabilito la residenza o il domicilio. L’unica condizione necessaria è che ne sostengano effettivamente le relative spese.

Rientrano tra le utenze agevolabili per i dipendenti anche quelle per uso domestico intestate al condominio, che vengono ripartite fra i condomini (per la quota rimasta a carico del singolo condomino) e quelle intestate al locatore se nel contratto di locazione è prevista espressamente una forma di addebito non forfetario a carico del locatario (o del coniuge e familiari).

In ogni caso ogni singola utenza può usufruire di un solo contributo.

Come poter ottenere il contributo

Il contributo non deve esser richiesto, infatti è l’azienda che decide se erogarlo o meno, potendo anche scegliere liberamente le persone cui destinarlo. Quindi non si tratta di un contributo percepito indistintamente da tutta la popolazione dipendente dell’azienda.

sabato 21 ottobre 2023

Come vendere casa tra privati senza agenzia

 Vendere la propria la propria casa senza agenzia è più semplice di quello che sembra. Il primo passo è fare una valutazione del valore dell'immobile per stabilire un prezzo di vendita che sia in linea con il mercato, si comincia con guardare i prezzi degli immobili venduti in zona leggendo gli annunci di vendita e controllando presso le borse immobiliari delle Camere di Commercio.

Bisogna poi tener conto di altri parametri che incidono sul prezzo come: l’età dello stabile, lo stato di manutenzione, il piano, la presenza dell’ascensore e di altri servizi, il tipo di riscaldamento/raffrescamento, l’esposizione, la rumorosità, la vicinanza di parcheggi ecc.

I documenti necessari 

Il notaio ha il dovere di informare le parti riguardo tutti gli obblighi che la legge prevede per la documentazione da allegare alla vendita, inoltre ha il dovere di fare la maggior parte degli accertamenti. Dal momento che ogni immobile è un caso a sé, la mossa più saggia, per chi vende casa senza agenzia, è quella di consultare il notaio sin dall’inizio per ricevere il supporto necessario e verificare quali documenti siano davvero necessari. Importante anche informarsi presso lo Sportello Unico per l’Edilizia del Comune per avere informazioni precise sulle norme urbanistiche locali. Di norma il venditore deve preparare: 

- attestato di Prestazione Energetica (APE);

- atto di provenienza dell'immobile (ad esempio il rogito, la donazione);

- visura e planimetria catastale aggiornate ed eventuali condoni edilizi;

- visura ipotecaria dell'immobile;

- documenti che attestano la regolarità dell'immobile (permesso di costruire, o, autorizzazione amministrativa concessa dal Comune, Certificato di abitabilità);

- documenti che attestano la regolarità degli impianti (certificato di conformità degli impianti elettrico, termico e idraulico, radiotelevisivo ecc.).

La chiusura della trattativa

È importante avviarsi alla trattativa avendo ben chiaro il prezzo che si vuole raggiungere, il prezzo minimo sotto il quale non si vuole scendere ed eventuali concessioni che si è disposti a fare. Oltre agli aspetti economici bisogna considerare anche le modalità di pagamento e quante tranche sono previste, ad esempio potrebbe essere conveniente concedere uno sconto sul prezzo in cambio di un congruo anticipo che l’acquirente può esborsare già alla firma del preliminare.

In altre ipotesi si potrebbe mantenere alto il prezzo concedendo all’acquirente di anticipare o posticipare la data del rogito in base alle sue esigenze. Fondamentale è essere pazienti sapendo che difficilmente si arriva ad una conclusione in pochi giorni. Da un punto di vista legale, la trattativa si conclude quando chi ha fatto la proposta riceve l’accettazione dell’altra parte. 

Il contratto preliminare 

Il contratto preliminare, denominato impropriamente “compromesso”, non determina il passaggio di proprietà dell’immobile, ma fa sorgere in entrambi i contraenti l’obbligo di stipulare il contratto definitivo. Non bisogna sottovalutare la firma di questo atto dal momento che gli elementi essenziali dell’accordo si fissano proprio con il contratto preliminare e il notaio dovrà tenerne conto nella redazione del rogito.

Modalità di pagamento, necessità di accedere ai locali per lavori prima della vendita, eventuale permanenza di un inquilino, sono tutti aspetti che vanno regolati al momento di fare il compromesso. Ricordati che da marzo scorso i preliminari si posso registrare direttamente sul sito dell'Agenzia delle Entrate senza dover recarsi fisicamente in un ufficio. Rivolgiti al notaio per ogni dubbio.

I rischi di vendere casa da privato

In una compravendita il venditore è sicuramente la parte forte, i rischi che corre non sono tanto legati all’assenza di un mediatore quanto al fatto di accordarsi correttamente sulle modalità di pagamento e di consegna dell’immobile e nell’essere estremante corretto nelle informazioni che si danno al venditore.

Riguardo al primo aspetto è necessario essere chiari sulle modalità di pagamento dell’immobile non accettando acconti ma solo caparre. Farsi pagare il saldo con assegno circolare o depositando la somma presso il notaio prima del rogito, in questo modo il venditore ha la garanzia d’incassare la sua parte.

Riguardo al secondo aspetto, per mettersi al riparo da successive rivalse dell’acquirente è necessario essere completamente trasparenti sulle qualità dell’immobile, riportando sul contratto preliminare tutti i vizi, le spese condominiali in sospeso, la presenza di ipoteche o la mancata conformità degli impianti. 

Bisogna tener presente che né il notaio né l’agenzia immobiliare sono tenuti a verificare la presenza di eventuali difformità urbanistiche, quindi in caso di dubbi meglio chiedere una relazione tecnica a un professionista (ad esempio architetto, ingegnere).

Vendere casa a un parente 

La vendita di un immobile a un parente non è differente da quella tra privati, quindi, non esistono agevolazioni o sconti sulle tasse. Tuttavia, occorre prestare molta attenzione quando lo si fa perché se il prezzo di vendita non è congruo, cioè non in linea con i prezzi di mercato si potrebbero ledere i diritti di altri parenti e cadere nell’ipotesi di donazione fittizia. Ad esempio, se un figlio comprasse dal genitore un appartamento che ha un valore di mercato di 200 mila euro pagandolo solo 50 mila, l’eventuale altro figlio potrebbe impugnare l’atto per simulazione di donazione, cioè il genitore ha registrato una vendita fittizia per escluderlo dalla successione di quel bene in favore del fratello. 

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