mercoledì 11 maggio 2022

Telecamere in condominio, è sufficiente la maggioranza dell'assemblea

Non serve l'unanimità dei condomini per l'installazione di un sistema di videosorveglianza per il controllo delle parti comuni dell'edificio. Lo ha affermato la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 14969 depositata oggi, respingendo il ricorso di una condomina contro la decisione della Corte di appello di Torino, e chiarendo che è sufficiente la maggioranza dei presenti in assemblea.
Secondo la ricorrente, che inizialmente aveva negato in assoluto la competenza dell'assemblea , rimaneva comunque aperta la questione se occorresse l'accordo unanime dei condomini. La Corte d'appello avrebbe infatti dovuto porsi il problema delle maggioranze occorrenti, non essendo sufficiente la maggioranza semplice. Inoltre si doveva riconoscere che la delibera non era vincolante per i dissenzienti, trattandosi di innovazione voluttuaria ed eccessivamente costosa.
La Seconda Sezione civile ricorda che prima della riforma del condominio la giurisprudenza di merito, nel silenzio della legge, aveva affrontato più volte le problematiche sottese all'uso di telecamere, arrivando però a "soluzioni contrastanti".
In particolare, una parte della giurisprudenza di merito sosteneva che la delibera dell'assemblea condominiale che approva l'installazione di un impianto di video sorveglianza relativo a parti comuni, non rientra, in senso assoluto, tra quelle riconducibili all'approvazione dell'assemblea. Altro orientamento faceva salvo il caso in cui la decisione fosse stata assunta all'unanimità dai condomini, perfezionandosi in questo caso un comune consenso idoneo a fondare effetti tipici di un negozio dispositivo dei diritti coinvolti. Una terza impostazione, infine, si accontentava della deliberazione a maggioranza e per la prospettata violazione della privacy dei condomini richiamava la giurisprudenza della Corte di cassazione penale secondo cui installare una telecamera sul cortile condominiale non integra gli estremi del reato di cui all'articolo 615-bis c.p..
Su questo quadro è intervenuto il Legislatore della novella, con un articolo dedicato, ossia il nuovo articolo 1122-ter c.c., che ha introdotto, nel sistema della disciplina condominiale, la video sorveglianza. "La nuova disposizione - scrive la Suprema corte - prescrive che le deliberazioni concernenti l'installazione su parti comuni di impianti volti a consentire la video sorveglianza di essi sono approvate dall'assemblea con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 1 (comma 2, ndr), c.c.. La norma, quindi, ha confermato la correttezza della soluzione già anticipata da una parte della precedente giurisprudenza di merito".
L'articolo 1122-ter c.c. così recita: "Le deliberazioni concernenti l'installazione sulle parti comuni dell'edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall'assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell'articolo 1136". Ed il secondo comma del 1136 prevede: "Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio".
Con riguardo infine alle obiezioni sul carattere voluttuario o gravoso dell'innovazione, per la Cassazione le innovazioni per le quali e consentito al singolo condomino, ai sensi dell'articolo 1121 c.c., di sottrarsi alla spesa relativa, per la quota che gli compete, "sono quelle che riguardano impianti suscettibili di utilizzazione separata e che hanno natura voluttuaria, cioè sono prive di utilità, ovvero risultano molto gravose, ossia sono caratterizzate da una notevole onerosità, da intendere in senso oggettivo, dato il testuale riferimento della norma citata alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio". E l'onere della prova di tali estremi grava sul condomino interessato, vertendosi in tema di deroga alla disciplina generale della ripartizione delle spese condominiali (Cass. n. 2408/1981). Mentre le relative valutazioni integrano un accertamento di fatto devoluto al giudice del merito e sono incensurabili in sede di legittimità se sorrette da motivazione congrua (Cass. n. 428/1984).
Così tornando al caso concreto, la ricorrente non ha indicato "alcun elemento concreto, relativo alle particolari condizioni ed all'importanza dell'edificio, che avrebbe dovuto indurre la corte di merito a ritenere l'innovazione scarsamente utile o eccessivamente gravosa". Ha invece evidenziato "solo il rapporto fra la spesa deliberata e le spese generali annuali dell'intero condominio, laddove, come appena detto, il carattere gravoso si accerta in base a parametri diversi".
fonte: ilsole24ore.com

Conferenze stampa show con foto e video degli arrestati, il Garante privacy sanziona le Questure

No alla divulgazione da parte delle Questure nel corso di conferenze stampa, di immagini e video di persone arrestate o detenute, in quanto lesive della loro dignità, senza che la divulgazione sia giustificata da necessità di giustizia o di polizia. Il Garante privacy ha sanzionato per complessivi 110mila euro il Ministero dell'interno per la diffusione di video ed immagini da parte di due Questure.
Nel primo episodio , il video, pubblicato su alcuni siti internet e testate giornalistiche mostrava i volti in primo piano e i nominativi di otto persone arrestate e le immagini dei momenti in cui venivano condotte (in questo caso, con il volto coperto) dagli agenti di polizia nelle auto di servizio. Il video, liberamente visibile per oltre 5 anni sul profilo Facebook di una Questura, era stato rimosso dopo l'intervento dell'Autorità. Nell'irrogare la sanzione di 60mila euro per questo episodio il Garante ha ritenuto che - alla luce della normativa nazionale ed europea, e della giurisprudenza della Corte di Cassazione e della CEDU - le immagini, per le caratteristiche dell'inquadratura e la presenza del logo della Polizia di Stato, fossero nella sostanza assimilabili alle foto segnaletiche, pur non avendo i numeri in sovrimpressione.
La diffusione delle foto segnaletiche - sottolinea l'Autorità - è consentita solo se ricorrono fini di giustizia e di polizia o motivi di interesse pubblico. Nel corso dell'istruttoria invece non è emersa alcuna necessità di divulgare le immagini in questione, in aggiunta alle altre informazioni fornite alla stampa. "In altri termini – si legge nel provvedimento -, le immagini in esame sono state diffuse dal Ministero in violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali ed in modo lesivo della dignità delle persone interessate, anche in considerazione dello stato di soggezione degli stessi e del lungo periodo trascorso dal momento dell'arresto al momento in cui, su istanza dell'Autorità, le immagini sono state rimosse dal titolare".
La Questura è così incorsa in un trattamento non necessario, eccedente e lesivo della dignità della persona, che deve essere tutelata in ogni situazione, specialmente, come sottolineato dalla Suprema Corte, quando si trovi in una situazione di momentanea inferiorità e, ad esempio, sia ripresa in uno stato di soggezione (posizione forzata del soggetto, ritratto in primo piano senza il suo consenso, situazione obiettivamente umiliante).
Nel secondo caso , un'altra Questura ha divulgato alla stampa, sempre senza che ve ne fosse alcuna necessità, le generalità e l'immagine in primo piano di una persona già in carcere per dare la notizia di un ulteriore provvedimento restrittivo emesso nei suoi confronti. Il Garante ha ritenuto illecita anche questa divulgazione di dati personali e ha applicato al Ministero una sanzione pecuniaria di 50mila euro.
"Deve tenersi conto – scrive il Garante nel provvedimento -, che il medesimo interessato si trovava già in stato di detenzione e che la finalità indicata dal Ministero appare, per la sua genericità, inidonea a giustificare una diffusione di immagini di tale natura, senza alcuna considerazione per le cennate esigenze di tutela della dignità, della sfera privata e di protezione dei dati personali, chiaramente presidiate dalla Corte EDU e dalla Suprema Corte di Cassazione". "In altri termini – conclude -, le immagini in esame sono state diffuse dal Ministero in violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali ed in modo lesivo della dignità della persona interessata, anche in considerazione dello stato di soggezione dell'interessato.
fonte: ilsole24ore.com

venerdì 6 maggio 2022

Bonus sociali: chi può avere lo sconto in bolletta e come si ottiene

Nel pacchetto delle misure che il Governo Draghi ha messo in campo per combattere il caro-bollette ci sono anche i cosiddetti "Bonus sociali": l'ultimo provvedimento del Governo ha di fatto reso retroattivo da gennaio (e per tutto il 2022) il riconoscimento di questa serie di bonus nati, ormai già qualche anno, per aiutare le fasce più deboli della popolazione a contrastare gli aumenti di luce e gas. A questo si aggiunge il fatto che, dal 2021, il cittadino che ne ha diritto non deve fare praticamente nulla per ottenerlo.
Ma vediamo in che cosa consistono i "Bonus sociali per il disagio economico" (questo il nome completo), da cosa si compongono, chi ne ha diritto e quali documenti occorre presentare per ottenerli. 
Bonus sociali: che cosa sono
I Bonus sociali sono una serie di sconti direttamente in bolletta destinati alle famiglie maggiormente in difficoltà, ovvero quelle con un Isee sotto i 12 mila euro oppure sotto i 20 mila euro se hanno almeno 4 figli a carico. Si tratta in sostanza di una serie di 3 bonus divisi in base al tipo di utenza. Di questi fanno parte:
- il bonus luce;
- il bonus gas;
- il bonus acqua.
Le quote destinate a questi bonus verranno aumentate per tutto il 2022 in modo da ridurre il più possibile l'impatto del caro bollette: già per la prima metà dell’anno abbiamo visto un aumento considerevole degli importi e, entro il 30 giugno, un ulteriore decreto dovrà stabilire le nuove quote per i restanti sei mesi. 
Chi li può ottenere?
Per ottenere questi sconti è necessario possedere determinati requisiti reddituali, cui si aggiunge a determinate condizioni, il bonus elettrico per situazione di disagio fisico.
Possono ottenere i bonus per disagio economico tutti gli intestatari di un contratto di fornitura:
- elettrica ad uso domestico;
- di gas naturale ad uso domestico;
- di acqua.
Il contratto deve essere attivo presso l’abitazione di residenza ed è necessario che il nucleo familiare abbia un indicatore ISEE inferiore a 12.000 euro o a 20.000 euro in presenza di almeno 4 figli a carico.
I titolari del reddito di cittadinanza hanno diritto ad accedere al bonus elettrico, gas e idrico anche se la soglia ISEE è superiore ai valori richiesti.
Quali documenti presentare e come si ottengono
Dal 2021 non è più necessario inoltrare la domanda presso il Comune o il CAF, tuttavia è obbligatorio presentare la DSU (dichiarazione sostitutiva unica) per ottenere l’ISEE. Infatti, l’INPS attraverso l’ISEE riconosce se il nucleo familiare rientra in una delle condizioni di disagio economico appena viste e invia automaticamente i dati della famiglia al SII (Sistema Informativo Integrato). 
Questo sistema incrocerà i dati ricevuti con quelli delle forniture di elettricità, gas e acqua, permettendo di erogare automaticamente il bonus in bolletta. Per questo motivo è importante ottenere l’Isee, infatti il Governo ha previsto che in caso di requisiti attestati successivamente all’inizio dell’anno, i bonus sociali vengono riconosciuti retroattivamente con accredito diretto sulla bolletta.

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