venerdì 19 marzo 2021

Tutto quello che c'è da sapere su rottamazione-ter e condono saldo e stralcio

Per aderire alla rottamazione-ter avevamo tempo fino al 31 luglio del 2019. Chi ha usufruito di questa opportunità sta versando il piano di rateazione concordato, con il quale, sulle cartelle arretrate emesse tra il 2000 e il 2017 non dovrà corrispondere  paga le sanzioni e gli interessi di mora dovuti.
L’emergenza Covid ha però riscritto il calendario delle scadenze, dando l’opportunità a chi non è riuscito a pagare alla scadenza corretta le rate dovute di non perdere il beneficio della rottamazione. Pertanto, nel decreto sostegni viene prorogata la scadenza delle rate non pagate con le seguenti regole:
- le rate scadute nel 2020 devono esser interamente versate entro il 31 luglio 2021;
- le rate scadenti nel 2021 (28 febbraio, 31 marzo, 31 maggio e 31 luglio) devono esser versate entro il 30 novembre 2021;
-le rate non si considerano pagate in ritardo se il versamento viene fatto entro 5 giorni dalla scadenza.

Quali cartelle sono state rottamate
Le cartelle inserite nella così detta rottamazione-ter sono quelle emesse dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017. Sono inclusi quindi i debiti per i quali è stata presentata la domanda di adesione alle prime due rottamazioni senza che siano state pagate una o più rate e le cartelle per le quali sono stati fatti dei versamenti parziali e risultano ancora dovute solo sanzioni e interessi di mora.
La dichiarazione di rinuncia a eventuali contenziosi relativi alle cartelle che si vogliono sanare rimane un requisito fondamentale per l'adesione alla rottamazione.
Come effettuare il pagamento
Il saldo delle rate deve essere puntuale entro la scadenza o al massimo nei 5 giorni successivi alla stessa, dal momento che il mancato pagamento o il pagamento in forma ridotta di una delle rate comporta la perdita dei benefici previsti dalla rottamazione. In questa ipotesi, perciò, quanto versato fino a quel momento verrebbe acquisito a titolo di acconto sul totale dovuto.
In caso di rateizzazione del rateizzare il dovuto, le rate massime concesse per il pagamento erano 17 e a partire dal 2020 scadono:
- il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ogni anno fino al 2023 e sono di pari importo.
Le modalità per effettuare il pagamento 
Il pagamento delle rate può essere effettuato con una di queste modalità:
- Il portale dell'Agenzia delle entrate-Riscossione;
- l'app EquiClick;
- gli sportelli bancari;
- gli uffici postali;
- l'home banking;
- i punti Sisal e Lottomatica;
- i tabaccai convenzionati con Banca 5;
- gli sportelli bancomat ATM che hanno aderito al circuito CBILL;
- i Postamat;
- gli sportelli dell'Agenzia delle entrate-Riscossione.
Difficoltà economica: il "saldo e stralcio"
La legge di Bilancio 2019 aveva introdotto anche la possibilità di stralcio parziale delle cartelle esattoriali per i contribuenti che si trovano in una situazione di comprovata difficoltà economica. Per poter essere ammessi allo sconto è necessario avere un ISEE (indicatore della situazione equivalente della famiglia) inferiore a 20.000 euro. Vengono automaticamente riconosciuti come aventi diritto a richiedere lo sconto anche i soggetti per cui è stata avviata una procedura di liquidazione dei beni per sovraindebitamento. I termini per presentare la domanda sono scaduti lo scorso 31 luglio 2019.
Quali cartelle erano ammesse allo stralcio parziale
Le cartelle ammesse allo stralcio parziale sono solo quelle emesse dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 (che non rientrano nel condono):
- per omesso versamento di imposte risultate dalle dichiarazioni dei redditi o di quelle che derivano da accertamenti di Irpef e Iva;
- per omesso versamento dei contributi dovuti alle casse previdenziali professionali o alle gestioni previdenziali dell'Inps riservate ai lavoratori autonomi (sono esclusi gli accertamenti).
Per sapere quali cartelle potevano aderire al “saldo e stralcio” si poteva chiedere il prospetto informativo utilizzando il form online predisposto dall'Agenzia delle Entrate Riscossione oppure accedendo all'area personale tramite il PIN dell'Agenzia delle entrate.

Cambiano le linee guida anti-Covid: ecco le nuove regole

Cambiano le misure di contenimento per limitare la diffusione del Covid-19 su tutto il territorio nazionale. A causa dell'impennata dei casi dovuta anche alle varianti in circolo, Istituto Superiore di Sanità, Inail, ministero della Salute e Aifa hanno stilato un documento che mette nero su bianco le nuove regole da seguire per limitare i contagi. Aumenta la distanza dalle altre persone quando si è senza mascherina (come a tavola o mentre si beve): per evitare rischi in queste circostanze è bene mantenere i due metri. Sancite anche le nuove linee guida sulle vaccinazioni da somministrare a chi ha già avuto il Covid, è possibile prevedere un'unica dose, purché la vaccinazione avvenga ad almeno tre mesi di distanza dall'infezione. Ribadite anche le precauzioni necessarie, come il lavaggio delle mani, il distanziamento e l'uso della mascherina, anche per le persone vaccinate. 

Le linee guida dell'ISS: il dettaglio
Vediamo nel dettaglio tutte le misure contenute nel documento “Indicazioni ad interim sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni da SARS-CoV-2 in tema di varianti e vaccinazione anti-COVID-19” stilato in linea con le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale di Sanità e dell’organismo di prevenzione e controllo delle malattie europeo e americano (CDC).
Test diagnostici e varianti
Per garantire la corretta diagnosi d’infezione sostenuta da varianti virali i test diagnostici molecolari real-time PCR devono essere multi-target, capace di rilevare più geni del virus e non solo quelli Spike (S), in quanto le varianti presentano mutazioni a carico di questo gene e pertanto potrebbe dare dei falsi negativi.
Le persone che hanno già fatto il vaccino devono continuare a rispettare le misure anti-Covid?
Tutte le persone vaccinate, sia in ambito domestico che lavorativo (compresi gli operatori sanitari) devono continuare a seguire rigorosamente le misure raccomandate (distanziamento fisico, mascherine/dispositivi di protezione individuale, igiene delle mani) per proteggere se stessi e gli altri (colleghi, pazienti, familiari) anche se hanno terminato il ciclo di vaccinazione o si sottopongono regolarmente a programmi di screening dell’infezione. A preoccupare è l’attuale situazione epidemiologica che vede la circolazione di nuove varianti virali, che appaiono più contagiose rispetto al virus che circolava nella prima fase della pandemia e per le quali la protezione vaccinale potrebbe essere inferiore a quella esercitata rispetto al ceppo virale originario.
Nel documento l’ISS sottolinea che gli studi clinici condotti finora hanno permesso di dimostrare l’efficacia dei vaccini nella prevenzione delle forme clinicamente manifeste di COVID-19, anche se la protezione, come per molti altri vaccini, non è del 100%. Inoltre, non è ancora noto quanto i vaccini proteggano le persone vaccinate anche dall’acquisizione dell’infezione. È possibile, infatti, che la vaccinazione non protegga altrettanto bene nei confronti dell’infezione asintomatica e che, quindi, i soggetti vaccinati possano ancora acquisire SARS-CoV-2, non presentare sintomi e trasmettere l’infezione ad altri soggetti. Al momento ci sono dati piuttosto frammentari sulla capacità neutralizzante nei confronti delle varianti da parte di sieri ottenuti dopo vaccinazione. A preoccupare sono soprattutto le varianti sud-africana e brasiliana verso cui i vaccini Pfizer e Moderna hanno evidenziato in vitro una ridotta attività neutralizzante da parte del siero dei soggetti vaccinati. Inoltre, secondo uno studio recentemente pubblicato sulla rivista The New England Journal of Medicine (NEJM), l’efficacia del vaccino AstraZeneca risulterebbe bassa per prevenire forme di malattia di grado lieve o moderato nel contesto epidemico sud-africano, a dimostrare la capacità della variante di eludere parzialmente la risposta immunitaria evocata dal vaccino.
Una persona vaccinata può re-infettarsi?
Anche le persone vaccinate, seppur presentino un rischio inferiore, possono andare incontro a infezione da Sars-Cov-2, in quanto nessun vaccino è efficace al 100% e la risposta immunitaria alla vaccinazione può variare da soggetto a soggetto, anche in base alle caratteristiche individuali della persona (es. età anagrafica) oppure a condizioni cliniche concomitanti (es. immunodeficienza, specifiche co-morbosità).
Per questo motivo, anche dopo un ciclo di vaccinazione completo, alcune persone potrebbero non sviluppare una risposta immunitaria protettiva (fenomeno noto come fallimento vaccinale) tale da impedire l’acquisizione dell’infezione e la malattia Covid-19. Sulla base delle conoscenze acquisiste da altri coronavirus e altre vaccinazioni, nelle persone che hanno sviluppato una risposta immunitaria post-vaccinale, si verifichi una graduale perdita dell’immunità nel corso dei mesi o anni dopo la vaccinazione (fallimento vaccinale secondario). Il rischio di re-infezione da Sars-Cov-2 è stato valutato in uno studio multicentrico di coorte condotto su oltre 6.600 operatori sanitari nel Regno Unito. I risultati mostrano che nei soggetti con pregressa infezione da Sars-Cov-2 la probabilità di reinfezione sintomatica o asintomatica è ridotta dell’83% e che la durata dell’effetto protettivo dell’infezione precedente ha una mediana di 5 mesi.
Non sono da considerarsi fallimenti vaccinali, le infezioni post-vaccinazione che si verificano:
- nei giorni immediatamente successivi alla vaccinazione, in quanto l’organismo necessita di un tempo minimo per sviluppare una completa risposta immunitaria protettiva. Nella maggioranza della popolazione vaccinata, la prima dose di vaccino conferisce una protezione solo parziale, che inizia 2 o 3 settimane dopo, a seconda del vaccino. Per tutti i vaccini al momento in uso in Italia è necessaria la somministrazione della seconda dose di vaccino al fine di ottenere una protezione ottimale;
- in una persona che, al momento della vaccinazione, si trovava senza saperlo in fase di incubazione. In questi casi, l’infezione può manifestarsi dopo la vaccinazione e prima dello sviluppo di una risposta protettiva
Inoltre, poiché lo sviluppo dei vaccini anti-COVID-19 è stato molto rapido, non si conosce ancora la durata della protezione data da questi vaccini.
Chi ha avuto il Covid-19 deve comunque vaccinarsi? Inoltre, è a rischio di avere delle reazioni avverse più frequenti o gravi al vaccino?
La vaccinazione anti-Covid-19 si è dimostrata sicura anche in persone con una pregressa infezione da Sars-Cov-2, sintomatica o asintomatica. È possibile considerare di vaccinarsi con una sola dose di vaccino purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dalla documentata infezione e, preferibilmente, entro i 6 mesi dalla stessa, in quanto. la risposta immunitaria evocata dalla prima dose di vaccino a mRNA è paragonabile o persino superiore a quella ottenuta con due dosi nei soggetti sieronegativi al momento della vaccinazione. Sulla base di dati molto preliminari è ipotizzabile che la seconda dose nei soggetti con pregressa infezione possa essere irrilevante. Fanno eccezione i soggetti che presentino condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici, i quali, pur con pregressa infezione da Sars-Cov-2, devono essere vaccinati quanto prima e con un ciclo vaccinale di due dosi.
Non è indicato di eseguire test diagnostici prima della vaccinazione per accertarsi di aver contratto una pregressa infezione. Relativamente alla sicurezza della vaccinazione nelle persone con pregressa infezione, gli studi con cui sono stati registrati i vaccini non hanno rilevato differenze significative tra i siero positivi (che rappresentavano solo il 2-2.5% dei partecipanti) e quelli negativi (che non presentano anticorpi contro Sars-Cov-2). Tuttavia, alcuni recenti studi mostrano un aumento della frequenza di sintomi sistemici come febbre, mal di testa, brividi, debolezza nei soggetti con pregressa infezione rispetto ai siero negativi. Inoltre, pazienti Covid-19 trattati con anticorpi monoclonali o con plasma di pazienti convalescenti dovrebbero attendere 90 giorni prima di ricevere il vaccino Covid-19.

venerdì 12 marzo 2021

L’odio social contro vigili urbani non è reato, a Torino prosciolti in 73

Incivili, sgarbati, sconvenienti, spregevoli, esageratamente sarcastici, ma non diffamatori. Altri invece, anche se esageratamente graffianti, hanno esercitato il legittimo diritto di critica. Che, nel suo manifestarsi, «può sconfinare in opinioni anche potenzialmente lesive dell’onore altrui, purché sorrette dal carattere dell’interesse pubblico e della continenza». In altri casi ancora non è chiaro quale fosse il soggetto oggetto della diffamazione.
Il post su Facebook
Sono le motivazioni contenute nella richiesta di archiviazione a carico di 73 indagati accusati dal comandante della polizia municipale di Torino Emiliano Bezzon di aver diffamato il corpo dei vigili. Tutto nasce da una cascata di commenti comparsi su Facebook in coda a un post, con le foto di tre agenti, pubblicato dall’avvocato Michele Scola il 23 marzo 2019. Uno sfogo, il suo, in cui il legale aveva raccontato un episodio sostenendo di essere stato vittima di un’azione «arbitraria e intimidatoria» da parte di tre agenti della municipale. Episodio per il quale aveva sporto formale denuncia. Il suo post scatenò l’astio dei leoni da tastiera nei confronti dei vigili urbani. «Io gli spaccherei la faccia», «Giustizia sulle loro famiglie», «Bisognerebbe fargli una spedizione punitiva sotto casa», «L’avrei coricato con una testa al centro della faccia», «Io li picchierei di santa ragione», «Cosa pensi di questi sgherri da quattro soldi?» hanno scritto alcuni utenti.
La querela
Sull’onda di questi commenti, alcune centinaia, il comandante Bezzon aveva deciso di sporgere querela contro un’ottantina di haters, contestando il reato di diffamazione a mezzo stampa. Secondo il pubblico ministero Laura Longo, invece, nessuno di questi atteggiamenti è configurabile come reato. Eticamente censurabili sì, ma reati no. Anzi. Il magistrato sostiene che «tutti i cittadini hanno un interesse al corretto espletamento delle funzioni degli agenti e, soprattutto, al fatto che l’esercizio dei poteri, propri di tali soggetti, sia rispettoso delle leggi e delle garanzie previste dall’ordinamento. L’avvocato Scola racconta un episodio quanto meno dubbio e idoneo a suscitare reazioni di sdegno e di rimprovero da parte dei consociati, rivolto proprio verso la modalità dell’intervento della polizia municipale, nelle persone dei tre agenti». Il gip di Torino Paola Rigonat ha accolto la richiesta della Procura e ha chiuso il caso. 
La lettera di scuse
Al di là delle questioni giuridiche, rimane il fatto che molti dei commenti fossero, senza ombra di dubbio, moralmente riprovevoli. Qualcuno dei “leoni da tastiera” se n'è reso conto: così, non più sotto i riflettori dei social network, ma questa volta privatamente, ha scritto una lettere di scuse alla polizia municipale. 
fonte:lastampa.it

Covid, Tribunale Reggio Emilia: "Dpcm illegittimi e incostituzionali, l'autocertificazione falsa non è reato"

Sentenza rivoluzionaria del giudice del Tribunale di Reggio Emilia Dario De Luca, che ha detto no al decreto penale di condanna per due persone che avevano detto di essere fuori casa per una visita medica, mentendo ai carabinieri.
E’ destinata a diventare un precedente importante una sentenza emessa dal gip del tribunale di Reggio Dario De Luca con la quale il dpcm che un anno fa aveva istituito il lockdown viene definito “illegittimo”.
“Illegittimo” perché contrario all’articolo 13 della Costituzione, che definisce “inviolabile” la libertà personale. Il riferimento è al decreto dell’8 marzo 2020, il primo Dpcm nazionale, quello che nella memoria di tutti è il provvedimento col quale l’allora governo Conte aveva istituito il lockdown, e a dichiararlo così, illegittimo, è Dario De Luca, giudice del tribunale di Reggio. La sentenza del gip reggiano è del 27 febbraio e scoperchierà un pentolone. E’ il primo provvedimento penale di questo tipo in Italia, c’è da scommettere che diventerà un precedente-bomba.
Al centro, l’autodichiarazione di due persone fermate dai carabinieri di Correggio il 13 marzo 2020, col Dpcm in vigore quindi: alla richiesta di spiegazione dei militari, i due, un uomo e una donna, avevano detto di essere fuori casa per motivi di salute: “Sto tornando da una visita ospedaliera”, ha detto la signora, con accompagnatore al fianco. I carabinieri hanno verificato: la donna quel giorno non aveva fatto alcun accesso all’ospedale. Hanno trasmesso gli atti alla procura, e il pm, accusandoli di falso, ha chiesto per entrambi un ‘decreto penale di condanna’ al gip: è un rito speciale, si utilizza in casi come questo in cui l’eventuale condanna sarebbe comunque di sotto dei tre mesi e quindi convertibile in pena pecuniaria.
Ma tutto è stato fermato dal giudice De Luca, che ha prosciolto i due “perché il fatto non costituisce reato” e ha direttamente disapplicato l’atto amministrativo. Per De Luca si è trattato di un “falso inutile” perché “gli imputati sono stati costretti a sottoscrivere un’autocertificazione incompatibile con lo stato di diritto del nostro Paese e dunque illegittima”. L’obbligo di permanenza domiciliare è una misura restrittiva della libertà personale e viene “irrogata dal giudice penale per reati e all’esito del giudizio, in ogni caso nel rispetto del diritto di difesa”.
“Trattandosi di Dpcm, cioè di atto amministrativo, il giudice ordinario non deve rimettere la questione di legittimità alla Corte costituzionale – scrive ancora De Luca – ma procedere direttamente alla disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo per violazione di legge (Costituzionale)”. E ancora: “La libertà di circolazione non può essere confusa con la libertà personale”.

lunedì 8 marzo 2021

Social network: il rischio di diffamazione aggravata

I social rappresentano una piazza virtuale in cui discutere, confrontarsi e scambiare opinioni. Tuttavia, talvolta capita che gli animi si accendano e che volino espressioni colorite. Ebbene, è sbagliato pensare che scrivere su una piattaforma web non comporti alcuna conseguenza, poiché ciascuno è responsabile non solo di quel che fa, ma anche di quel che dice o scrive.
Un commento offensivo sulla bacheca di un amico o su un gruppo può integrare il reato di diffamazione.

Nel nostro ordinamento vige il principio della libertà di manifestazione del pensiero, pertanto, ciascuno di noi è libero di esternare quel che pensa. Tale libertà non è assoluta ma incontra dei limiti. Ad esempio, chi lede la reputazione e la dignità personale di un altro è sanzionabile.
Facciamo qualche esempio.
La donna che sul proprio profilo Facebook dileggia l’ex marito risponde penalmente del reato di diffamazione aggravata. Lo stesso dicasi per l’uomo che definisce pubblicamente la propria ex come “mantenuta” (Cass. Pen. 522/2016: nel caso di specie, l’epiteto “mantenuta” era stato scritto sulla causale del versamento del mantenimento). Parimenti, l’autore di un post su Facebook in cui un’altra persona viene apostrofata come “intrallazzatore” risponde di diffamazione aggravata (Cass. Pen. 26054/2019).
Diffamazione aggravata per affermazioni offensive su Facebook
Il reato di diffamazione (art. 595 c.p.) ricorre allorché, consapevolmente, si offenda la reputazione altrui, comunicando con più persone; il reato è aggravato se l’offesa viene arrecata tramite la stampa o con altro mezzo di pubblicità. In tal caso, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro.
Quindi, arrecare un’offesa su una pagina Facebook, anche se il profilo è visibile solo agli amici, costituisce diffamazione aggravata. Infatti, se nel profilo si hanno almeno due amici, che possono visionare il post, è integrata la fattispecie di reato. Lo stesso dicasi per frasi contenute in messaggi inviati in gruppi chiusi: se il post è visibile ad almeno due persone, ricorre il reato. Il medesimo discorso vale per i forum o altre piattaforme.
La giurisprudenza è costante nell’affermare che “l'uso dei social network, e quindi la diffusione di messaggi veicolati a mezzo internet, integra un'ipotesi di diffamazione aggravata, […] in quanto trattasi di condotta potenzialmente in grado di raggiungere un numero indeterminato o, comunque, quantitativamente apprezzabile di persone, qualunque sia la modalità informatica di condivisione e di trasmissione” (Cass. 50/2017; Cass. 8482/2017; Cass. 24431/2015; Cass. 41276/2015). I social non sono equiparati alla stampa ma ai mezzi di pubblicità citati dalla norma penale, in cui rientrano tutti quei sistemi di comunicazione e diffusione - dal fax ai social media – che consentono la trasmissione ad un numero considerevole di soggetti.
Ricorre diffamazione anche se non si indicano nome e cognome
Erroneamente alcuni pensano che un post offensivo, che allude ad una persona senza nominarla espressamente, non possa rientrare nella fattispecie di reato. Ebbene, se il soggetto offeso può essere chiaramente identificato sussiste la lesione della reputazione e la condotta lesiva costituisce reato (Cass. 16712/2014). Ad esempio, è stato condannato per diffamazione aggravata l’autore di un post in cui affermava, con linguaggio colorito, che il collega che lo avrebbe sostituito era un raccomandato e aggiungeva altri particolari offensivi sulla moglie.
La persona offesa non era stata indicata per nome e cognome ma era facilmente individuabile. Secondo la Cassazione, “ai fini dell'integrazione del reato di diffamazione, è sufficiente che il soggetto la cui reputazione è lesa sia individuabile da parte di un numero limitato di persone indipendentemente dall’indicazione nominativa”.
Risarcimento del danno all’immagine e alla reputazione
La condotta offensiva, oltre a costituire reato, può dar luogo ad un’azione risarcitoria in ambito civile. Infatti, la persona offesa può costituirsi parte civile nel procedimento penale di diffamazione oppure iniziare una causa civile. In tal caso, dovrà dimostrare di aver subito un pregiudizio alla propria reputazione o all’immagine a causa delle espressioni offensive usate dall’autore del post su Facebook.
Si pensi ad un ristorante screditato sul web che, a causa del post offensivo, riceva delle disdette (danno patrimoniale) o alla giovane donna che deve ricorrere ad uno psicoterapeuta per riprendersi dalla shock del messaggio denigratorio (danno non patrimoniale).
fonte:altalex.com

Nuovo Dpcm: ecco le misure anti contagio in vigore dal 6 marzo

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha firmato il nuovo Dpcm che stabilisce le regole in vigore dal 6 marzo al 6 aprile 2021 e introduce alcune importanti novità, come per esempio per le scuole. Continua la suddivisione dell’Italia in tre zone di rischio, rossa, arancione e gialla, a seconda dell’indice Rt (cioè l’indice di contagiosità) e di altri fattori di rischio (sono in tutto 21, come per esempio il tasso di occupazione delle terapie intensive). C'è anche la zona bianca, in cui si collocano le Regioni a rischio bassissimo (con una incidenza dei contagi per tre settimane consecutive inferiore ai 50 casi ogni 100.000 abitanti) e in aggiunta arriva anche la zona arancione scuro (o rinforzato) per particolari aree delle regioni arancioni in cui persistono situazioni di maggiore rischio: qui le scuole di qualsiasi ordine e grado rimangono chiuse. Ogni Regione è inclusa in una delle quattro aree, ognuna delle quali ha delle regole diverse da rispettare. Gli Enti locali hanno comunque la facoltà di emanare misure più restrittive rispetto a quelle decise dal Governo. Ma ci sono anche limitazioni che valgono su tutto il territorio nazionale e che si affiancano a quelle previste per ogni zona ed ora modificate in parte con il decreto legge approvato il 22 febbraio dal Consiglio dei Ministri e con il nuovo Dpcm. Le restrizioni ulteriori delle zone più a rischio saranno valide per almeno 14 giorni dalla loro entrata in vigore, anche se il Ministero della Salute le valuterà ogni 7 giorni. Se sono previste limitazioni di orario o di spostamento e si circola in questi momenti per lavoro, urgenze o malattia occorre compilare l'apposita autocertificazione.
L’Italia, su decisione del ministero della Salute, è divisa in quattro fasce di rischio a seconda dell’indice Rt (indice di contagiosità) e di altri fattori di rischio (in tutto 21, come per esempio il tasso di occupazione delle terapie intensive). Le disposizioni più restrittive rispetto a quelle nazionali entrano in vigore il giorno non festivo successivo alla pubblicazione dell'ordinanza in Gazzetta Ufficiale. Il decreto legge 5 gennaio 2021 ha irrigidito i parametri per cui sarà più facile diventare zona rossa o zona arancione. Il decreto legge del 13 gennaio ha introdotto la nuova zona bianca che invece avrà minori limitazioni rispetto alle misure nazionali.
La fascia ad alto rischio (zona rossa)
A rientrare nella fascia con un «lockdown quasi completo» sono le Regioni con indice di rischiosità massima. Per identificarle si tiene conto però anche di altri fattori di rischio come, per esempio, Regioni con indici Rt più bassi ma tassi di ospedalizzazione più elevati. Per queste zone scattano oltre alle restrizioni nazionali, le seguenti restrizioni.
Si fermano tutte le attività non essenziali. Restano aperti supermercati, negozi di generi alimentari, farmacie, estetiste, barbieri e parrucchieri. Ovviamente saranno sempre possibili gli acquisti online. 
Chiusi anche bar, ristoranti, pasticcerie e gelaterie che potranno fare consegna a domicilio e asporto (fino alle 22 e con divieto di consumazione del cibo anche nelle immediate vicinanze). Quindi sarà possibile spostarsi fino alle 22 per comprare cibo da asporto da consumare a casa. Per bar e locali senza cucina e per quelli che fanno vendita al dettaglio di bevande l’asporto non è possibile dopo le ore 18.
Chiusi anche i musei, le mostre e le altre attività culturali. Restano aperte le biblioteche su prenotazione e gli archivi. 
Restano aperte le industrie. I datori di lavoro pubblici limitano la presenza del personale nei luoghi di lavoro per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente tale presenza. 
Didattica a distanza per tutte le scuole, resta chiusa la scuola dell'infanzia.
Vietati gli spostamenti in entrata e in uscita dai territori e la mobilità all'interno delle Regioni (in entrata e uscita dal Comune di residenza e all'interno del proprio comune se non per motivi di lavoro, malattia o estrema urgenza). Sarà sempre possibile il rientro al proprio domicilio o residenza.
Sospese le attività sportive dei centri all'aperto, tutti gli eventi e le competizioni organizzati dagli enti di promozione sportiva.
Sempre possibile l'attività motoria nelle vicinanze della propria abitazione con mascherina e da soli e l'attività sportiva svolta all'aperto e individualmente, anche con la bicicletta.
Sono sospesi tutti i servizi alla persona tranne barbieri, parrucchieri, lavanderie e pompe funebri.
Il personale pubblico farà in presenza unicamente le attività che la richiedono, usando per il resto unicamente lo smartworking.
Chiusi anche i musei, le mostre e le altre attività culturali. Restano aperte le biblioteche su prenotazione e gli archivi. 
Gli spostamenti verso Comuni diversi da quello in cui si abita sono vietati, salvo che per specifiche esigenze o necessità fra questi andare a fare la spesa anche in un altro Comune vicino se il proprio Comune non dispone di punti vendita o se nel Comune vicino al proprio ci sono maggiori disponibilità anche in termini di maggiore convenienza economica.
La fascia a medio rischio (zona arancione)
Nella fascia arancione ci sono le Regioni con fattori di rischio intermedi. Per gli abitanti di queste zone, oltre alle restrizioni nazionali, scattano le seguenti restrizioni.
Chiudono bar e ristoranti tutto il giorno, per i quali è concesso comunque il servizio a domicilio e l'asporto fino alle 22. Per bar e locali senza cucina e per quelli che fanno vendita al dettaglio di bevande l’asporto non è possibile dopo le ore 18.
Restano aperti i centri estetici e parrucchieri, così come tutto il comparto dei servizi alla persona.
Chiusi anche i musei, le mostre e le altre attività culturali. Restano aperte le biblioteche su prenotazione e gli archivi. 
Vietati gli spostamenti in entrata e in uscita dai territori salvo che per motivi di urgenza, lavoro o salute e la mobilità all'interno delle Regioni cioè anche in entrata e uscita dal Comune di residenza. All'interno del proprio Comune di residenza sarà libera circolazione dalle 5 alle 22. Sarà sempre possibile il rientro al proprio domicilio o residenza. Inoltre all’interno del comune sarà possibile andare a trovare tra le 5 e le 22 una sola volta al giorno parenti o amici nei limiti di due persone (oltre ad under 14 e disabili o persone non autosufficienti).
Sempre possibile l'attività motoria nelle vicinanze della propria abitazione con mascherina e da soli e l'attività sportiva svolta all'aperto e individualmente, anche con la bicicletta.
Gli spostamenti verso Comuni diversi da quello in cui si abita sono vietati, salvo che per specifiche esigenze o necessità fra questi andare a fare la spesa anche in un altro Comune vicino se il proprio Comune non dispone di punti vendita o se nel Comune vicino al proprio ci sono maggiori disponibilità anche in termini di maggiore convenienza economica. Fino al 27 marzo 2021 nel caso in cui non sia possibile entrare e uscire dal proprio Comune di residenza, sono consentiti gli spostamenti dai Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti e per una distanza non superiore ai trenta chilometri dai loro confini, con esclusione in ogni caso degli spostamenti dai e verso i capoluoghi di provincia.
La fascia a basso rischio (zona gialla)
In questa fascia ci sono le Regioni con Indici di rischiosità ancora lontani dai livelli di guardia e con un livello di occupazione degli ospedali e terapie intensive non elevato, le restrizioni sono quelle previste su tutto il territorio nazionale.
Ulteriori limitazioni sono previste anche da altre Regioni e Comuni. Per i dettagli consigliamo di visitare i siti istituzionali degli enti locali. In tutti questi casi, comunque, se si viene fermati occorre essere in possesso dell'autodichiarazione e dimostrare di essere nelle condizioni per poter circolare.
La zona bianca
In questa zona si collocano le Regioni che per 3 settimane consecutive hanno una incidenza settimanale dei contagi, inferiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti. In queste zone cessano quasi tutte le restrizioni, anche quelle nazionali. Restano sospesi però gli eventi che implichino assembramenti in spazi chiusi o all'aperto, comprese le manifestazioni fieristiche e i congressi. Restano chiuse le attività che abbiano luogo in sale da ballo, discoteche e locali assimilati, sia al chiuso che all'aperto. Rimane l'obbligo del distanziamento, della mascherina e della sanificazione delle mani.

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