martedì 22 febbraio 2022

Social network, il like su post antisemiti è grave indizio di istigazione all’odio razziale

Assumono valore indiziante rispetto alla commissione di un reato anche le forme di gradimento espresse attraverso il like sul social network Facebook.
Questo è quanto chiarito dalla Corte di Cassazione, sezione I penale, con la sentenza 9 febbraio 2022, n. 4534.
Il fatto
La sentenza che si annota è stata emessa a seguito di ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma che aveva confermato la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla PG nei confronti del ricorrente, accusato di condotte di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa e di partecipazione ad associazioni aventi tale oggetto.
In particolare, i giudici della cautela avevano ritenuto sussistenti gravi indizi di reità in ordine ad entrambi i reati valorizzando, fra l’altro, l’inserimento di like, e il conseguente rilancio di post e di commenti dal contenuto antisemita sul social network attraverso account riconducibili al ricorrente, nonché conversazioni telefoniche da cui era emersa l’adesione dello stesso a un gruppo di estrema destra neonazista. Avevano, inoltre, ritenuto non genuina (e quindi non idonea a escludere il pericolo di recidiva) la resipiscenza dell’indagato.
Avverso l’ordinanza veniva proposta impugnazione di legittimità per violazione di legge e vizio di motivazione, assumendo che il like non potesse considerarsi dimostrativo dell’appartenenza al gruppo né della condivisione di scopi illeciti, costituendo unicamente un’espressione di gradimento, e che non vi fosse correlazione fra la misura applicata (obbligo di firma) e l’obiettivo di evitare la reiterazione dei reati.
Il Procuratore Generale chiedeva che il ricorso venisse dichiarato inammissibile.
La sentenza
La Corte di cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile condividendo le argomentazioni del Tribunale del riesame in ordine al valore gravemente indiziante delle interazioni riconducibili al ricorrente sulla piattaforma virtuale.
In particolare, assume interesse la considerazione delle modalità di funzionamento del social network Facebook, incentrato su un algoritmo che attribuisce rilievo anche alle forme di gradimento (c.d. like), consentendo un continuo rilancio e “galleggiamento” del post che riceve più commenti o che è contrassegnato dal “mi piace” o like.
La Corte di cassazione ha, quindi, ritenuto immune da vizi logici l’ordinanza impugnata, che aveva desunto l’appartenenza del ricorrente alla comunità virtuale, avente gli scopi di propaganda e incitamento all’odio, dalle plurime manifestazioni di adesione e condivisione di post dal contenuto negazionista, antisemita e discriminatorio, nonché il pericolo concreto di diffusione dei messaggi suddetti dalle funzionalità del “newsfeed” ossia del continuo aggiornamento delle notizie e delle attività sviluppate dai contatti di ogni singolo utente.
Anche con riferimento alla sussistenza del pericolo di reiterazione del reato la Corte ha respinto le censure del ricorrente escludendo che dalle conversazioni intercettate emergesse alcun profilo di resipiscenza dell’indagato che, pur venuto a conoscenza delle perquisizioni eseguite nei confronti di altri indagati, aveva continuato, ancorché con maggior prudenza, a gravitare nel contesto ideologico e relazionale del movimento incriminato.
L’efficacia della misura è stata poi confermata avendo riguardo alla spinta deterrente esercitata dai periodici contatti con l’Autorità.
Di qui l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una multa a favore della cassa delle ammende.
fonte: altalex.com

È reato diffondere il video erotico con un minore anche se quest'ultimo è d'accordo

Sussiste pornografia minorile nel caso di diffusione di materiale erotico con un minore, essendo del tutto irrilevante un suo eventuale consenso: questo è quanto hanno deciso le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione con la sentenza 9 febbraio 2022, n. 4616.

La questione posta all'attenzione delle Sezioni Unite è: Se, e in quali limiti, la condotta di produzione di materiale pornografico realizzata con il consenso del minore ultraquattordicenne, nel contesto di una relazione con persona maggiorenne, configuri il reato di cui all'art. 600-ter primo comma, n. 1, c.p.”.
La normativa di riferimento, dunque, è costituita dall'art. 600-ter c.p., introdotto dalla legge 3 agosto 1998, n. 269, il quale, a seguito di diverse modifiche legislative, punisce, al suo primo comma, chiunque, utilizzando minori degli anni diciotto, realizzi esibizioni pornografiche o produca materiale pornografico ovvero induca minori degli anni diciotto a partecipare ad esibizioni pornografiche.
Il nostro legislatore ha inteso realizzare un sistema che, nel suo complesso, assicuri la più ampia tutela del minore sanzionando non solo chi abbia con lo stesso un rapporto finalizzato alla produzione del materiale erotico, ma anche colui che, pur non abusando direttamente della persona del minore, con la sua domanda alimenti l'offerta e la mercificazione del minore stesso.
Secondo l'orientamento dominante in giurisprudenza di legittimità, ai fini del reato di produzione di materiale pedopornografico, di cui all'art. 600-ter, comma 1, c.p., non è richiesto l'accertamento del concreto pericolo di diffusione del materiale (Cass. pen., Sez. Un., 31 maggio 2018, n. 51815). Poiché il reato di pornografia minorile, mediante il quale l'ordinamento appresta una tutela penale anticipata della libertà sessuale del minore, reprimendo quei comportamenti prodromici che, anche se non necessariamente a fine di lucro, ne mettono a repentaglio il libero sviluppo personale con la mercificazione del suo corpo e l'immissione nel circuito perverso della pedofilia, ha natura di reato di pericolo concreto, la condotta di chi impieghi uno o più minori per produrre spettacoli o materiali pornografici è punibile, salvo l'ipotizzabilità di altri reati, quando abbia una consistenza tale da implicare un concreto pericolo di diffusione del materiale prodotto (Cass. pen., Sez. Un., 31 maggio 2000, n. 13).
Ciò premesso, secondo gli ermellini, il discrimine tra il penalmente rilevante e il penalmente irrilevante non è il consenso del minore in quanto tale, ma la configurabilità della sua utilizzazione, con la conseguenza che si fuoriesce dalla condotta sanzionabile solo nel caso di produzione di materiale pornografico realizzato senza la “utilizzazione” del minore e con il consenso espresso da parte di colui che abbia raggiunto l'età per manifestarlo.
Con il termine “utilizzazione” si indica la condotta di chi manovri, adoperi, strumentalizzi o sfrutti il minore servendosi dello stesso e facendone uso nel proprio interesse, piegandolo ai propri fini come se fosse uno strumento. Affinché si possa configura l'utilizzazione del minore occorre l'abusività della condotta connessa alla posizione di supremazia rivestita dal soggetto agente nei confronti del minore, nelle modalità con le quali il materiale pornografico viene prodotto (violenza, minaccia o inganno), nel fine commerciale e nell'età dei minori coinvolti.
Con specifico riferimento al consenso del minore, si precisa che il consenso all'atto sessuale non implica necessariamente anche il consenso alla registrazione dell'attività o alle riprese di carattere intimo di natura pornografica, trattandosi di un quid che si aggiunge all'atto sessuale; è necessario che il minore esprima il proprio consenso anche in relazione alla ulteriore attività di ripresa delle immagini e, ovviamente, anche alla successiva conservazione delle immagini da parte di chi le abbia realizzate nell'ambito della relazione o del rapporto.
Sulla base di tali considerazioni, secondo le Sezioni Unite, si ha “utilizzazione” del minore quando, all'esito di un accertamento complessivo che tenga conto del contesto di riferimento, dell'età, maturità, esperienza, stato di dipendenza del minore, si appalesino forme di coercizione o di condizionamento delle volontà del minore stesso, restando escluse dalla rilevanza penale solo condotte realmente prive di offensività rispetto all'integrità psico-fisica dello stesso.
Ma il primo comma della disposizione in commento deve essere, a sua volta, raccordato con i comma terzo e quarto, aventi ad oggetto la circolazione e la diffusione del materiale pedopornografico; sul punto la giurisprudenza ha da tempo affermato che il reato di cessione, con qualsiasi mezzo, anche telematico, di materiale pedopornografico è configurabile anche nel caso in cui detto materiale sia realizzato dallo stesso minore, così ricomprendendo anche i casi di “pornografia domestica”, ovvero i casi in cui il materiale sia destinato a rimanere nella disponibilità esclusiva delle parti coinvolte nel rapporto (Cass. pen., Sez. III, 11 giugno 2021, n. 35198).
Detto materiale, quindi, non può mai essere posto in circolazione; se ciò si avvera, il minore ancorché non utilizzato nella fase iniziale, deve essere ritenuto strumentalizzato successivamente, nella fase di cessione e diffusione delle immagini e il materiale realizzato, se posto in circolazione, deve essere ritenuto prodotto attraverso l'utilizzazione del minore, rientrando ancora una volta all'interno del primo comma dell'art. 600-ter c.p.
Non rileva che la richiesta di divulgazione del materiale provenga o sia assentita dal minore, posto che quest'ultimo non può mai prestare validamente consenso alla circolazione del materiale realizzato, in quanto non ha raggiunto ancora quel livello di maturità tale da consentirgli una valutazione davvero consapevole in ordine alle ricadute negative della mercificazione del suo corpo attraverso la divulgazione delle immagini erotiche, anche in considerazione del fatto che la circolazione stessa potrebbe essere reiterata nel tempo rispetto al momento della realizzazione delle immagini (Cass. pen., Sez. III, 21 novembre 2019, n. 5522).
In conclusione, la diffusione verso terzi del materiale pornografico realizzato con un minore degli anni diciotto integra il reato di cui all'art. 600-ter, terzo e quarto comma, c.p., ed il minore non può prestare consenso ad essa.
fonte: altalex.com

lunedì 21 febbraio 2022

Bonus psicologo: fino a 600 euro per rimediare ai danni causati dalla pandemia

È già stato approvato dalle Commissioni riunite Affari costituzionali e Bilancio della Camera come emendamento alla legge di conversione del decreto Milleproroghe che dovrebbe ottenere a breve l'approvazione definitiva. Stiamo parlando del cosiddetto "bonus psicologo", un contributo per venire incontro a chi deve sostenere i costi delle sedute di psicoterapia.
Una misura che a quanto parte si è resa necessaria per venire incontro ai disagi e ai disturbi di carattere psichico che questi due anni di pandemia (e la conseguente crisi economica) hanno causato a un numero sempre crescente di persone. Si legge infatti nel testo dell'emendamento che "tenuto conto dell'aumento delle condizioni di depressione, ansia, stress e fragilità psicologica, a causa dell'emergenza pandemica e della conseguente crisi socio-economica, le Regioni e le Provincie Autonome erogano, fino all'esaurimento delle risorse... un contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia fruibili presso specialisti privati regolarmente iscritti all'albo degli psicoterapeuti".
A quanto ammonta il bonus
Il bonus dovrebbe interessare un numero di persone che varia da 16 mila a 18 mila e prevede un rimborso massimo di 600 euro che varia in base all'Isee, abbassandosi mano a mano che l'Isee di chi lo richiede si alza, fino ad azzerarsi per chi ha un Isee sopra i 50 mila euro. 
La cifra è stata calcolata tenendo conto delle tariffe minime di mercato per ogni seduta di psicoterapia (che si aggira attorno ai 50 euro) e andrà a coprire quindi un massimo di 12 sedute. Va ricordato che non ci si potrà rivolgere a chiunque, ma a uno degli oltre 100 mila specialisti privati iscritti regolarmente all'albo degli psicoterapeuti.
Come si ottiene il bonus
È ancora presto per dirlo. Al momento bisogna attendere che la legge di conversione del decreto Milleproroghe venga approvata da Camera e Senato (e con esso anche l'emendamento che riguarda appunto questo bonus). Le modalità di richiesta, quindi, di assegnazione ed erogazione verranno stabilite con un successivo decreto del Ministero della Salute in concerto col MEF, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge: di fatto solo allora saranno note le procedure per richiederlo e sarà stabilito se si tratterà di un rimborso dei costi oppure di un voucher spendibile presso un professionista.

venerdì 11 febbraio 2022

Bollette luce e gas a rate, tutto quello che c'è da sapere

Da inizio 2022 i clienti domestici e le piccole imprese in difficoltà possono richiedere la rateizzazione delle bollette non pagate emesse nei primi quattro mesi dell'anno. La novità, introdotta dall'ultima Legge di Bilancio, è stata deliberata a fine 2021 dall'Arera, l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente.
Quali fatture sono ammesse alla rateizzazione
La possibilità di rateizzare gli importi è prevista solo per le fatture non pagate emesse tra il 1° gennaio e il 30 aprile 2022, sia per i clienti del mercato tutelato che di quello libero dell'energia. Alla rateizzazione sono ammessi soltanto i clienti morosi, vale a dire quelli che hanno fatto scadere il termine per il pagamento delle fatture; non è prevista la possibilità di accordarsi prima della scadenza per dilazionare gli importi. L'offerta di rateizzazione arriva infatti con il sollecito di pagamento o con la messa in mora del cliente, il fornitore precisa nella comunicazione termini e modalità di pagamento di quanto dovuto. 
Come funziona la rateizzazione delle bollette
Il pagamento può essere dilazionato per un periodo non superiore a 10 mesi, con il vantaggio che all'importo non vengono applicati gli interessi. Il 50% dell'importo va comunque versato con la prima rata, mentre la restante metà va versata in rate successive di uguale valore. La periodicità dei pagamenti a questo punto segue quella della fatturazione, quindi se la fatturazione è bimestrale, anche la rata dovrà essere pagata ogni due mesi. Se l'importo da dilazionare è inferiore a 50 euro, infine, il numero delle rate può essere ridotto, ma devono essere almeno due. 

mercoledì 9 febbraio 2022

Risparmiare su luce e gas a casa: vademecum contro il caro bollette

Gli aumenti in bolletta si stanno facendo sentire nelle tasche degli italiani. Tuttavia i metodi per risparmiare energia elettrica e gas ci sono: se da un lato passare al mercato libero e scegliere l'offerta migliore può aiutare ad abbassare un po' la bolletta, dall'altro diventa importante anche seguire alcuni consigli per tagliare i consumi tutti i giorni tra le mura domestiche. Dall'utilizzo corretto degli elettrodomestici alla sostituzione delle vecchie lampadine, fino al contenimento delle temperature del riscaldamento, ecco da dove cominciare per iniziare a risparmiare in casa.
Elettrodomestici: come usare meglio quelli che consumano di più
Il primo passo per risparmiare sulla bolletta della luce è utilizzare gli elettrodomestici nel modo corretto:
- forno: consuma molto (quello a gas un po' meno), ma se riesci a fare una cottura combinata con fornelli o microonde puoi risparmiare su tempi e bolletta, in alternativa valuta di acquistare un modello combinato. Evita i modelli più grossi, di larghezza 90, perché per scaldarli si usa il 150% di energia in più rispetto al modello da 60 cm. Ricorda di non metterlo accanto al frigo e di pulirlo periodicamente (non serve acquistarne uno pirolitico che si autopulisce perché è costoso ed energivoro);
- lavastoviglie: usala a pieno carico utilizzando il lavaggio eco anche se è più lungo. Se sei di fretta utilizza un programma normale, ma con temperature più basse e se il programma te lo permette escludi l’asciugatura che è una fase estremamente energivora;
- frigorifero: non inserire cibi caldi ed evita di stare spesso con il frigo aperto (quando sistemi la spesa usa se disponibile funzione dedicata). In più tenere il frigo ordinato garantisce migliori prestazioni perché circola più aria. E se il tuo frigo non è un no frost, ricordati di sbrinare regolarmente il freezer;
lavatrice: anche in questo caso usala sempre a pieno carico, prediligi temperature basse (30-40 °C) dato che i detersivi per il bucato sono efficaci e scegli il programma eco. Inoltre verifica i consumi reali della tua lavatrice perché spesso la classe energetica dichiarata non va di pari passo con il reale profilo di utilizzo;
- climatizzatori: impostali a una temperatura non superiore o inferiore ai 6 gradi rispetto a quella dell’ambiente esterno; se l’afa e l’umidità sono notevoli, prediligi il la modalità deumidificatore e ricordati di fare la manutenzione periodica.
Elettrodomestici in standby: quanto cosumano?
Il consumo energetico degli elettrodomestici in standby incide poco sulle bollette, ma la somma di tutti questi sprechi ha un impatto sull’ambiente. Dal 2013, però, gli apparecchi devono avere un sistema di gestione dell’energia in grado di spegnerli o mandarli in standby il più in fretta possibile. Per ridurre ulteriormente i consumi da standby puoi però: disconnettere dalla corrente i prodotti che usi poco, usare una multipresa con interruttore per raggruppare computer e periferiche o accessori per la TV, impostare funzionalità risparmio energetico.
Lampadine: come scegliere quelle che consumano meno
Lo sai che se compri la lampadina giusta puoi risparmiare sulla bolletta della luce? Ecco quali sono i 4 tipi di lampadine in commercio:
LED: hanno bassi consumi, durano molto e sono quelle che consumano meno di tutte (spesa annua media di 2 euro per 1000 ore);
alogene: emettono un colore simile alla luce naturale, ma consumano molto, (spesa annua media di 8euro per 1000 ore);
smart: in genere sono LED e hanno molte funzioni in più, come per esempio il telecomando, ma, anche se consumano poco, sono costose;
tubi, circoline e fluorescenti: sono efficienti e durature, anche se meno rispetto alle LED, ma ci mettono un po' a scaldarsi (spesa annua media di 1,40 euro per 1000 ore).
Lampadine LED: quali scegliere per ogni stanza
Per ogni stanza della casa c'è una lampadina LED adatta: 
- camera: per il soffitto scegli una lampadina a LED da 10W e per il comodino da 3-5W;
- bagno: per il soffitto usa una lampadina LED da 15-20W e per lo specchio da 10W;
- cucina: per il soffitto la più adatta è una da 15-20W, per i fornelli da 5-10W e per il piano da lavoro una LED da 8-10W;
- salotto: per il soffitto è ottimale una lampadina LED da 15W, per il tavolo sempre una LED ma da 6-8W e per gli angoli da lavoro 5-10W;
- ripostiglio: è sufficiente una lampadina led da 10W.
Gas in cucina: i trucchi per risparmiare
Il luogo in cui usiamo più gas è la cucina, ma anche in questo caso puoi risparmiare sulla bolletta del gas con pochi consigli semplici:
- se usi il gas solo in cucina valuta di installare un piano cottura a induzione: risparmierai consumi e tempi di cottura; 
- se devi fare una tazza di tè è meglio usare il microonde piuttosto che mettere il bollitore sul fuoco;
usa i coperchi sia per far bollire l'acqua sia per cucinare;
- l’uso combinato di forno a microonde e cucina tradizionale consente di ridurre tempi di cottura e quindi uso di gas;
- l’uso della pentola a pressione riduce i tempi e quindi i consumi (ideale per tutte le cotture lunghe).
fonte: altroconsumo

lunedì 7 febbraio 2022

No ai domiciliari del convivente alcolista se reiterazione può essere evitata da misure di sicurezza meno afflittive

Il convivente alcolista che ha commesso il reato di maltrattamenti in famiglia contro la propria compagna può essere sottoposto a misure che ne limitano la libertà personale, al fine di scongiurare il rischio di reiterazione della condotta criminosa. Ma la gradazione della limitazione della libertà personale deve essere approfonditamente valutata al momento dell'adozione della misura. La Cassazione, con la sentenza n. 4213/2022, boccia la decisione del tribunale del riesame che, nel confermare la misura cautelare degli arresti domiciliari, non aveva preso in considerazione alcune circostanze di fatto che potevano ben far propendere per l'applicazione di una misura di sicurezza come l'allontanamento dalla casa familiare, il divieto di avvicinamento alla parte offesa e ai luoghi da essa frequentati oppure il divieto di dimora nel medesimo Comune della vittima.
La Cassazione annulla con rinvio, in modo tale che il Tribunale possa ripetere il giudizio di merito sul contemperamento delle esigenze di tutela della vittima dei maltrattamenti con quella di non limitare - oltre il necessario scopo di evitare la reiterazione del reato - la libertà personale del reo.
Infatti, nel caso concreto, la Cassazione dà ragione all'argomento difensivo secondo cui il tribunale nel giudizio cautelare non poteva confermare la misura adottata dal Gip senza confrontarsi con le nuove circostanze: il cambio di dimora dell'imputato in altro Comune e la presa di contatto con il Sert del lugo della nuova residenza finalizzato a riprendere un percorso di disintossicazione più volte intrapreso e altrettante volte abbandonato senza risultati. L'etilismo e i pregressi reati, come la rissa, dimostravano secondo i giudici l'alto livello di mancanza di controllo dell'uomo rendendo possibile una rischiosa ripresa della convivenza tra i due. Il ricorrente, per il tramite del proprio avvocato, fa rilevare che il tribunale non ha in alcun modo spiegato la persistenza di tale rischio a fronte della nuova realtà di fatto che poneva una significativa distanza fisica tra i due ex conviventi. Circostanza, questa della fine della convivenza, non valorizzata in alcun modo dai giudici che ora saranno chiamati a decidere se e quale misura di sicurezza possa costituire una valida alternativa alla misura cautelare personale detentiva. Per quanto domiciliare e, come dice il tribunale, proporzionata nella sua afflittività.
fonte:sole24ore.com

Passaggio col rosso, il ''red delay'' non può essere inferiore a 3 secondi

Il tempo di accensione della luce gialla del semaforo, la cui durata non può essere inferiore a 3 secondi, in corrispondenza al tempo di arresto di un veicolo che proceda ad una velocità non superiore ai 50 km/h, ed è modificabile in un intervallo superiore.
Lo ha stabilito la II Sezione Civile della Corte di Cassazione con l'ordinanza 26 gennaio 2022, n. 2305. 

Le multe per essere passata col rosso
Il Comune appellava la pronuncia con cui il Giudice di pace aveva accolto l'opposizione formulata da una donna contro due verbali di contestazione di una duplice violazione prevista dall'art. 146 C.d.S., comma 3, elevati dalla Polizia municipale, consistita nell'aver proseguito nel percorso stradale malgrado il semaforo lampeggiasse luce rossa, sulla base di un sistema di rilevamento automatizzato (c.d. "Vista red") e, quindi, senza la presenza sul luogo di agenti di polizia.
Decidendo sull’appello, il Tribunale, lo accoglieva, così rigettando l'originaria opposizione avanzata dalla donna avverso i due verbali di accertamento notificatile, con la sua conseguente condanna al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
La Cassazione rigetta le doglianze formulate dall’automobilista.
I secondi del red delay
Per l’automobilista il cd. red delay dovrebbe essere applicato in misura fissa ed immodificabile, corrispondente a 5 secondi e non a 3, come rimasto appurato nel caso di specie mediante la c.t.u. Ciò avrebbe dovuto comportare l'illegittimità degli accertamenti per violazione delle richiamate disposizioni regolamentari. Ma i giudici hanno evidenziato che si applica la risoluzione ministeriale n. 67906/2007, dove si stabilisce il principio secondo cui il c.d. "red delay" non può essere inferiore a 3 secondi e, nel caso di specie, con gli eseguiti accertamenti era stato attestato il rispetto di tale tempo minimo.
Tale principio è stato affermato dalla Cassazione (Cass. n. 18470/2014): in tema di violazioni del C.d.S., la citata risoluzione del Ministero dei trasporti regola, in assenza di apposite indicazioni del C.d.S., il tempo di accensione della luce gialla del semaforo, la cui durata non può essere inferiore a 3 secondi in corrispondenza al tempo di arresto di un veicolo che proceda ad una velocità non superiore ai 50 km/h, pur rimanendo possibile procedere all'impostazione di un intervallo superiore.
Segnaletica della presenza del sistema di rilevazione elettronica
Diversamente dalla disciplina in tema di violazione dei limiti di velocità, non esiste una prescrizione che imponga un'apposita segnaletica relativa alla presenza del sistema di rilevazione elettronica in prossimità delle installazioni semaforiche. Oltretutto, il sistema "Vista Red" non è propriamente uno strumento di misurazione o di accertamento della violazione, bensì un mero documentatore automatico video-fotografico che è preposto a riprendere il momento dell'attraversamento veicolare con il semaforo rosso; in seguito poi allo sviluppo dei relativi fotogrammi da parte del competente ufficio di polizia si procede alla conseguente attività di accertamento in senso proprio e alla contestazione dell'infrazione, ove sussistente, a carico del trasgressore.
È stato inoltre rilevato che dalla sentenza di appello emerge che, per quanto accertato dal c.t.u., sul posto era stato installato un segnale verticale indicante la presenza del sistema di rilevazione elettronico delle violazioni delle segnalazioni semaforiche.
Modalità di rilevazione senza la presenza di agenti di polizia
La giurisprudenza (Cass. n. 21605/2017) ha statuito che, in materia di violazione dell'art. 146 C.d.S., comma 3, (attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa), per effetto dell'art. 201, comma 1-ter C.d.S., al quale si correla il successivo comma 1-quater, i documentatori fotografici delle infrazioni commesse alle intersezioni regolate da semaforo, ove omologati ed utilizzati nel rispetto delle prescrizioni riguardanti le modalità di installazione e di ripresa delle infrazioni, sono divenuti idonei a funzionare anche in modalità completamente automatica, senza la presenza degli agenti di polizia.
fonte: altalex.com

venerdì 4 febbraio 2022

Super Green pass, tutto sulle nuove regole: dove e quando serve

A partire dal 1 febbraio 2022 si riduce anche la durata della certificazione verde che passa per i vaccinati da 9 mesi a 6 mesi.  Però per chi ha fatto il booster oppure ha fatto due dosi ed è guarito da COVID il green pass avrà durata illimitata. Lo ha deciso il Governo con l’ultimo decreto legge.
Ormai senza  Green pass base o rafforzato si può fare davvero poco. Dopo che già dallo scorso 10 gennaio 2022 non è più possibile salire su mezzi mezzi pubblici locali e regionali come tram e metropolitane senza il Super Green pass (ovvero quello che si ottiene solo se si è vaccinati o guariti), scatta dal 1° febbraio anche l'obbligo di esibire il green pass (base) nei negozi (esclusi alimentari e farmacie), per entrare in banca, in posta, negli uffici comunali, dal parrucchiere e dall’estetista.   
Altra grande novità che entra in vigore dal 1° febbraio sono le sanzioni (100 euro una tantum) per coloro che, sottoposti all'obbligo vaccinale per gli over 50, non si sono vaccinati. A partire dal 15 febbraio, poi, il Super Green pass diventerà obbligatorio al lavoro per chi ha compiuto 50 anni. A partire dal 1 febbraio 2022 si riduce anche la durata della certificazione verde che passa per i vaccinati da 9 mesi a 6 mesi.  
Il Green pass base (quello che si ottiene anche solo con un tampone negativo) resta sufficiente per tutti gli altri lavoratori, ma è necessario ora anche per avere accesso a molte attività prima libere. Dal 20 gennaio 2022 il green pass base serve per accedere ai servizi alla persona, quindi per andare dal parrucchiere, dal barbiere o dall’estetista. Dal 1 febbraio il green pass base dovrà essere esibito anche per poter entrare negli uffici comunali, negli uffici pubblici, in posta (anche per prendere la pensione), in banca, dal parrucchiere, dagli estetisti ma anche in quasi tutti gli altri. Restano libere senza necessità di green pass solo queste attività: alimentari, negozi di surgelati, farmacie e parafarmacie, negozi di ortopedia e dispositivi medici, negozi di alimenti per animali, pompe di benzina, negozi di prodotti di articoli igienici sanitari, ottici, negozi di vendita combustibile per riscaldamento e uso domestico.  
Obbligo vaccinale per gli over 50
Dall’8 gennaio 2022 l’obbligo vaccinale è stato esteso a tutte le persone che hanno compiuto 50 anni, anche gli stranieri residenti in Italia. Le sanzioni però scattano solo dal 1° febbraio 2022. Ricordiamo che dal 15 dicembre l'obbligo esiste già per gli insegnanti (e altro personale del settore scolastico) e le forze dell’ordine; era già previsto inoltre per il personale sanitario e delle rsa; per tutti ci sarà anche l’obbligo della terza dose. Per chi non rispetta l'obbligo è prevista la sospensione della prestazione lavorativa e dunque dello stipendio. La stessa regola vale anche per il personale universitario. Sono tenuti a garantire il rispetto dell’obbligo vaccinale i responsabili delle strutture e i datori di lavori dei soggetti che, a qualsiasi titolo, svolgono prestazione di lavoro in virtù di contratti esterni.
Quando serve il Super Green pass e quando no
Già dal 6 dicembre (e fino al 31 marzo 2022) è necessario per tutti coloro che hanno più di 12 anni avere il Super Green pass per entrare nei ristoranti e nei bar al chiuso, ma anche nelle palestre, impianti sportivi, spettacoli, feste e cerimonie pubbliche. Fino alla fine dello stato di emergenza (fissato al 31 marzo 2022), perciò, per poter consumare al tavolo e al bancone bisogna esibire il pass che dimostra di aver completato il ciclo di vaccinazione o di essere guariti dal Covid. E' inoltre vietata la possibilità di consumare cibo e bevande al chiuso in cinema, teatri ed eventi sportivi.
Dal 10 gennaio 2022 c'è anche l'obbligo di Super Green pass per tutti i mezzi di trasporto pubblico anche quello locale e regionale. Sui mezzi è necessario anche indossare una mascherina Ffp2. Ma la novità più importante è che dal 15 febbraio 2022 chi ha compiuto 50 anni potrà lavorare solo presentando il Super Green pass. 
In caso di passaggio a zona gialla o arancione le attività che finora erano state sottoposte a limiti e restrizioni resteranno aperte, ma solo ed esclusivamente a possessori del Super Green pass. In zona rossa invece le restrizioni scatteranno per tutti.
Mascherine all'aperto
A partire dal 1° febbraio 2022 si riduce anche la durata della certificazione verde che passa per i vaccinati da 9 mesi a 6 mesi.  Però per chi ha fatto il booster oppure ha fatto due dosi ed è guarito da COVID il green pass avrà durata illimitata. Lo ha deciso il Governo con l’ultimo decreto legge.
Tutti devono indossare la mascherina fuori abitazione; sono esentati i bambini fino ai sei anni di età e le persone con disabilità. La mascherina non va indossata all’esterno quando si fa attività sportiva. La mascherina va sempre indossata al chiuso, anche nella propria abitazione, quando si sta con altre persone non conviventi.
È da ricordare che la mascherina FFP2 è obbligatoria per le persone che hanno avuto un contatto stretto con un caso confermato positivo al covid e che, sulla base delle norme in vigore, non sono soggette alla quarantena ma soltanto all’autosorveglianza (perché hanno fatto dose booster), fino al decimo giorno successivo all'ultima esposizione al soggetto positivo.
Arrivano regolamentazioni speciali
Dopo il Super Green pass, ottenuto solo da chi ha completato il ciclo vaccinale e da chi è guarito dall'infezione, arriva ora il Mega Green pass per chi ha effettuato anche la terza dose (il cosiddetto booster) di vaccino anti Covid. Il nuovo certificato servirà per esempio per entrare in una RSA e fare visita a un parente anziano ricoverato. Senza terza dose servirà il Super Green pass e un tampone negativo antigenico o molecolare.
Fino al 31 gennaio 2022 sono chiuse sala da ballo, discoteche, non ci saranno eventi e feste all’aperto e al chiuso e dopo fino al 31 marzo 2022 sarà necessario avere effettuato la terza dose oppure avere completato il ciclo vaccinale primario e avere un tampone negativo antigenico o molecolare. 
Dall’11 settembre e fino alla fine dello stato di emergenza chi accede a tutte le strutture delle istituzioni scolastiche, educative e formative deve possedere ed è tenuto a esibire la certificazione verde covid (normale non super), questo vale anche per i genitori. L’obbligo  non si applica ai bambini, agli alunni e agli studenti nonché ai frequentanti i sistemi regionali di formazione, ad eccezione di coloro che prendono parte ai percorsi formativi degli Istituti tecnici superiori. Il dirigente scolastico e i responsabili di tutte le istituzioni scolastiche, educative e formative, sono incaricati di verificare il possesso del Green pass da parte del prestatore di lavoro. Se l’accesso è motivato da ragioni di lavoro, la verifica il rispetto dell’obbligo ricade sui rispettivi datori di lavoro.
Le sanzioni per il mancato rispetto delle nuove norme di legge variano da 400 a 1.000 euro. Inoltre è stato deciso anche che dopo la seconda infrazione il gestore del locale rischia la chiusura del locale fino ad un massimo di 10 giorni.
Lavoro privato
Devono esibire il Green pass per accedere nei luoghi in cui svolgono l’attività lavorativa anche i lavoratori del settore privato. Dal 15 febbraio 2022 i lavoratori che hanno compiuto 50 anni (o che compiranno 50 anni entro il 15 giugno 2022) devono presentare il Super Green Pass. Come per il settore pubblico, l’obbligo si applica anche a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa, formativa o di volontariato nelle aziende private, anche sulla base di contratti esterni. Il titolare di un'azienda che opera al suo interno viene controllato dal soggetto individuato per i controlli all’interno dell’azienda.  I soggetti che, per comprovati motivi di salute, non possono effettuare il vaccino contro il Covid, dovranno esibire un certificato contenente l’apposito “QR code” in corso di predisposizione. Nelle more del rilascio del relativo applicativo, il personale esente (previa trasmissione della relativa documentazione sanitaria al medico competente dell’amministrazione di appartenenza) non potrà essere soggetto ad alcun controllo.
Anche in questo caso, sono i datori di lavoro che devono organizzare le verifiche del Green pass ai dipendenti. Come nel pubblico, i controlli devono essere effettuati prioritariamente, ove possibile, al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro. Oltre all’app “VerificaC19”, saranno rese disponibili per i datori di lavoro specifiche funzionalità che consentono una verifica quotidiana e automatizzata del possesso delle certificazioni. Tali verifiche potranno avvenire attraverso: l’integrazione del sistema di lettura e verifica del QR code del certificato verde nei sistemi di controllo agli accessi fisici, inclusi quelli di rilevazione delle presenze, o della temperatura;  per i datori di lavoro con più di 50 dipendenti, l’interazione asincrona tra il Portale istituzionale INPS e la Piattaforma nazionale-DGC. Infine è stata introdotta la possibilità per il datore di lavoro, per specifiche esigenze lavorative, di verificare il Green pass o Super Green Pass con anticipo rispetto al momento previsto per l’accesso in sede del lavoratore, il quale è tenuto a rendere le comunicazioni relative al mancato possesso del Green pass con il preavviso necessario al datore di lavoro per soddisfare tali esigenze. I lavoratori possono consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde. I lavoratori che la consegnano, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro.
I lavoratori, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde Covid-19 o qualora risultino privi della certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro. Per il periodo di sospensione non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento. In ogni caso i lavoratori non avranno sanzioni disciplinari e mantengono il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. La sospensione è comunicata immediatamente al lavoratore ed è efficace fino alla presentazione della certificazione verde Covid-19 (comunque, non oltre il 31 marzo 2022 ), termine di cessazione dello stato di emergenza. Le imprese dopo il quinto giorno di mancata presentazione certificazione, possono sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta.
Lo smartworking non può essere utilizzato allo scopo di eludere l’obbligo di Green pass o di Super Green Pass. In sostanza il datore di lavoro non può concedere smartworking ai lavoratori controllati e che sono risultati sprovvisti di Green pass.
Anche per il settore privato, l’accesso del personale nei luoghi di lavoro senza Green pass o Super Green Pass se necessario è punito per il lavoratore con una sanzione amministrativa da euro 600 a euro 1.500 con segnalazione alla Prefettura ai fini dell’applicazione della sanzione amministrativa, ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti. Per il datore di lavoro che non abbiano verificato il rispetto delle regole, invece, è prevista una sanzione da 400 a 1.000 euro. 
Liberi professionisti
L’obbligo di Green pass per l’ingresso nei luoghi di lavoro vale per tutti i lavoratori privati, quindi anche collaboratori familiari e autonomi. Il governo ha però precisato che mentre l’obbligo di controllo nel caso di colf e badante ricade sul datore di lavoro, questo obbligo non esiste nel caso entri in casa un idraulico, un elettricista o un altro tecnico perché in quel momento si sta acquistando un servizio e non si è datori di lavoro. Resta però facoltà di chiedere l’esibizione del Green pass. Non esiste invece l’obbligo di Green pass per i clienti che salgono su un taxi. Ugualmente i parrucchieri, gli estetisti e gli altri operatori del settore dei servizi alla persona devono controllare il Green pass dei propri dipendenti. Le nuove regole impongono anche ai loro clienti la presentazione del Green pass; l’obbligo ricade in capo agli operatori dei servizi alla persona. 
Tribunali
Dal 15 ottobre al 31 marzo 2022, anche il  personale amministrativo e i magistrati, per l’accesso agli uffici giudiziari, devono possedere ed esibire le certificazioni verdi. E dal 15 febbraio 2022 gli over 50 dovranno presentare il Super Green Pass. Al fine di consentire il pieno svolgimento dei procedimenti, l’obbligo non si estende ad avvocati e altri difensori, consulenti, periti e altri ausiliari del magistrato estranei all’amministrazione della Giustizia, testimoni e parti del processo.
Le sanzioni previste per gestori e clienti
Chi viola le regole e viene quindi sorpreso in un locale pubblico al chiuso senza Green pass rischia una multa da 400 a 1.000 euro. La situazione si aggrava nel caso in cui il lasciapassare risulti contraffatto o di un’altra persona: si rischia la denuncia per falso. Anche il gestore del locale può subire conseguenze, chi fa entrare un cliente senza Green pass può incorrere - oltre alla multa - anche in una sanzione amministrativa che va da 1 a 10 giorni di chiusura. La circolare però chiarisce che "qualora si accerti la con corrispondenza fra il possessore della certificazione e l'intestatario, la sanzione viene applicata solo all'avventore, laddove non siano riscontrabili palesi responsabilità a carico dell'esercente".
In quali casi può essere revocato?
Nel decreto è prevista anche la possibilità che il Green pass venga revocato. Qualora una struttura pubblica del Servizio sanitario regionale, un medico di medicina generale, un pediatra di libera scelta o un medico Usmaf (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera) o Sasn (Servizi territoriali per l’assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell’Aviazione civile) dovesse comunicare alla piattaforma nazionale la positività al Covid-19 di una persona vaccinata o guarita dal virus, la piattaforma genererebbe una revoca del Green pass eventualmente già rilasciato alla persona e ancora in corso di validità, «inserendo gli identificativi univoci nella lista delle certificazioni revocate e comunicandoli al gateway europeo». In questo caso la piattaforma invierebbe all’interessato una notifica della revoca.

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