venerdì 23 settembre 2022

Separazione, la castità forzata esclude l’addebito

La separazione non può essere addebitata a chi tradisce e lascia casa perché non ha da tempo rapporti sessuali con il coniuge.
A questa conclusione che è segno di civiltà e rispetto per i diritti umani, è giunta la Corte di cassazione che, con l'ordinanza 27771 del 2022, ha accolto il ricorso di un uomo che, dopo l'assenza di rapporti sessuali con la moglie, aveva intrattenuto una relazione extraconiugale.

A pesare sulla bilancia della giustizia è stato il principio generale secondo cui “in tema di separazione, grava sulla parte che richieda l'addebito l'onere di provare sia la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l'efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza”. Ma c'è di più. Grava sulla parte che richieda, per l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà, l'addebito della separazione all'altro coniuge l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata infedeltà.
Nel caso concreto, la Corte d'appello, nello stabilire che lui non sarebbe riuscito a provare le “pluriformi alternative in un lunghissimo tempo della crisi irreversibile della coppia”, alternative, si intende, alla relazione extraconiugale, finisce col porre a carico del medesimo, in violazione dell'articolo 2697 del codice civile, l'onere di provare la causa della rottura della crisi coniugale, in contrasto con i principi in vigore.
Insomma, la Corte di merito perviene, peraltro, del tutto incongruamente alla conclusione che, “attesa la contestualità tra la relazione instaurata da lui con la nuova persona e la separazione da lui annunciata alla moglie”, la separazione fosse allo stesso addebitabile.
In altri termini, il professionista era stato inchiodato, sull'infedeltà, dalla relazione di un investigatore privato ingaggiato dalla moglie. Tuttavia, l'uomo si era difeso sostenendo che la moglie non aveva da tempo rapporti con lui. Lei lo aveva ammesso. La tesi non ha fatto breccia presso i giudici di merito che hanno confermato l'addebito a carico di lui. Ora la Suprema corte ha ribaltato la decisione rispolverando l'importanza della tutela della sfera sessuale.
Adesso gli atti ritorneranno alla Corte d'Appello di Milano, la quale è stata invitata dai giudici di legittimità a rivedere la propria posizione e a celebrare un nuovo appello.
fonte:italiaoggi.it

Bonus bollette ai dipendenti del privato: come si ottiene

Oltre ad aver ampliato la platea dei beneficiari del bonus 200 euro, il decreto Aiuti bis è intervenuto - tra gli altri - anche a sostegno delle famiglie che in questi mesi stanno facendo i conti con il caro-bollette. Dopo il bonus benzina da 200 euro, il nuovo provvedimento concede ora alle aziende private la possibilità di erogare dei contributi a favore dei propri dipendenti finalizzati a pagare le utenze domestiche e di inserirli tra le somme previste dal programma del welfare aziendale che passa da 258 a 600 euro all'anno.
Chi ha diritto al bonus 
Il bonus può esser erogato solo dalle aziende che operano nel settore privato, sono quindi escluse le pubbliche amministrazioni. I beneficiari sono esclusivamente i lavoratori dipendenti, cioè coloro che percepiscono uno stipendio da lavoro dipendente. Chi riceve il contributo non paga alcuna imposta perché non è considerato reddito imponibile; allo stesso modo, l’azienda lo deduce completamente dal proprio reddito. In pratica azienda e lavoratore non pagano le tasse sul contributo bolletta.
Come ottenere il contributo
Il contributo non deve esser richiesto, infatti è l’azienda che decide se erogarlo o meno, potendo anche scegliere liberamente le persone cui destinarlo. quindi non si tratta di un contributo percepito indistintamente da tutta la popolazione dipendente dell’azienda.
Al momento non è ancora chiaro come dovranno essere erogati questi contributi da parte dell'azienda. Per ora un punto fermo riguarda il fatto che questi bonus rientrano tra gli altri beni ceduti o tra i servizi prestati come welfare aziendale ai dipendenti. Per la prima volta questo contributo rientra tra le voci di spesa del welfare aziendale e rimane in vigore per tutto il 2022. Questo significa che, in caso di contributi già erogati nei mesi passati, sia il dipendente che l'azienda possono recuperare le imposte indebitamente versate. 

Responsabilità professionale medica, stop alle "liti temerarie" contro i medici

 Stop alle "liti temerarie" contro i medici: su 100 cause per responsabilità professionale, nel penale, solo il 5% porta a una con...