Sussiste pornografia minorile nel caso di diffusione di materiale erotico con un minore, essendo del tutto irrilevante un suo eventuale consenso: questo è quanto hanno deciso le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione con la sentenza 9 febbraio 2022, n. 4616.
La questione posta all'attenzione delle Sezioni Unite è: Se, e in quali limiti, la condotta di produzione di materiale pornografico realizzata con il consenso del minore ultraquattordicenne, nel contesto di una relazione con persona maggiorenne, configuri il reato di cui all'art. 600-ter primo comma, n. 1, c.p.”.
La normativa di riferimento, dunque, è costituita dall'art. 600-ter c.p., introdotto dalla legge 3 agosto 1998, n. 269, il quale, a seguito di diverse modifiche legislative, punisce, al suo primo comma, chiunque, utilizzando minori degli anni diciotto, realizzi esibizioni pornografiche o produca materiale pornografico ovvero induca minori degli anni diciotto a partecipare ad esibizioni pornografiche.
Il nostro legislatore ha inteso realizzare un sistema che, nel suo complesso, assicuri la più ampia tutela del minore sanzionando non solo chi abbia con lo stesso un rapporto finalizzato alla produzione del materiale erotico, ma anche colui che, pur non abusando direttamente della persona del minore, con la sua domanda alimenti l'offerta e la mercificazione del minore stesso.
Secondo l'orientamento dominante in giurisprudenza di legittimità, ai fini del reato di produzione di materiale pedopornografico, di cui all'art. 600-ter, comma 1, c.p., non è richiesto l'accertamento del concreto pericolo di diffusione del materiale (Cass. pen., Sez. Un., 31 maggio 2018, n. 51815). Poiché il reato di pornografia minorile, mediante il quale l'ordinamento appresta una tutela penale anticipata della libertà sessuale del minore, reprimendo quei comportamenti prodromici che, anche se non necessariamente a fine di lucro, ne mettono a repentaglio il libero sviluppo personale con la mercificazione del suo corpo e l'immissione nel circuito perverso della pedofilia, ha natura di reato di pericolo concreto, la condotta di chi impieghi uno o più minori per produrre spettacoli o materiali pornografici è punibile, salvo l'ipotizzabilità di altri reati, quando abbia una consistenza tale da implicare un concreto pericolo di diffusione del materiale prodotto (Cass. pen., Sez. Un., 31 maggio 2000, n. 13).
Ciò premesso, secondo gli ermellini, il discrimine tra il penalmente rilevante e il penalmente irrilevante non è il consenso del minore in quanto tale, ma la configurabilità della sua utilizzazione, con la conseguenza che si fuoriesce dalla condotta sanzionabile solo nel caso di produzione di materiale pornografico realizzato senza la “utilizzazione” del minore e con il consenso espresso da parte di colui che abbia raggiunto l'età per manifestarlo.
Con il termine “utilizzazione” si indica la condotta di chi manovri, adoperi, strumentalizzi o sfrutti il minore servendosi dello stesso e facendone uso nel proprio interesse, piegandolo ai propri fini come se fosse uno strumento. Affinché si possa configura l'utilizzazione del minore occorre l'abusività della condotta connessa alla posizione di supremazia rivestita dal soggetto agente nei confronti del minore, nelle modalità con le quali il materiale pornografico viene prodotto (violenza, minaccia o inganno), nel fine commerciale e nell'età dei minori coinvolti.
Con specifico riferimento al consenso del minore, si precisa che il consenso all'atto sessuale non implica necessariamente anche il consenso alla registrazione dell'attività o alle riprese di carattere intimo di natura pornografica, trattandosi di un quid che si aggiunge all'atto sessuale; è necessario che il minore esprima il proprio consenso anche in relazione alla ulteriore attività di ripresa delle immagini e, ovviamente, anche alla successiva conservazione delle immagini da parte di chi le abbia realizzate nell'ambito della relazione o del rapporto.
Sulla base di tali considerazioni, secondo le Sezioni Unite, si ha “utilizzazione” del minore quando, all'esito di un accertamento complessivo che tenga conto del contesto di riferimento, dell'età, maturità, esperienza, stato di dipendenza del minore, si appalesino forme di coercizione o di condizionamento delle volontà del minore stesso, restando escluse dalla rilevanza penale solo condotte realmente prive di offensività rispetto all'integrità psico-fisica dello stesso.
Ma il primo comma della disposizione in commento deve essere, a sua volta, raccordato con i comma terzo e quarto, aventi ad oggetto la circolazione e la diffusione del materiale pedopornografico; sul punto la giurisprudenza ha da tempo affermato che il reato di cessione, con qualsiasi mezzo, anche telematico, di materiale pedopornografico è configurabile anche nel caso in cui detto materiale sia realizzato dallo stesso minore, così ricomprendendo anche i casi di “pornografia domestica”, ovvero i casi in cui il materiale sia destinato a rimanere nella disponibilità esclusiva delle parti coinvolte nel rapporto (Cass. pen., Sez. III, 11 giugno 2021, n. 35198).
Detto materiale, quindi, non può mai essere posto in circolazione; se ciò si avvera, il minore ancorché non utilizzato nella fase iniziale, deve essere ritenuto strumentalizzato successivamente, nella fase di cessione e diffusione delle immagini e il materiale realizzato, se posto in circolazione, deve essere ritenuto prodotto attraverso l'utilizzazione del minore, rientrando ancora una volta all'interno del primo comma dell'art. 600-ter c.p.
Non rileva che la richiesta di divulgazione del materiale provenga o sia assentita dal minore, posto che quest'ultimo non può mai prestare validamente consenso alla circolazione del materiale realizzato, in quanto non ha raggiunto ancora quel livello di maturità tale da consentirgli una valutazione davvero consapevole in ordine alle ricadute negative della mercificazione del suo corpo attraverso la divulgazione delle immagini erotiche, anche in considerazione del fatto che la circolazione stessa potrebbe essere reiterata nel tempo rispetto al momento della realizzazione delle immagini (Cass. pen., Sez. III, 21 novembre 2019, n. 5522).
In conclusione, la diffusione verso terzi del materiale pornografico realizzato con un minore degli anni diciotto integra il reato di cui all'art. 600-ter, terzo e quarto comma, c.p., ed il minore non può prestare consenso ad essa.
fonte: altalex.com
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