giovedì 7 gennaio 2016

In gazzetta le nuove tutele processuali delle vittime di reato

L’Italia si dota di nuovi strumenti a tutela della persona offesa dal reato, conformandosi alle sollecitazioni provenienti a livello europeo. Il decreto di attuazione della direttiva 2012/29/UE integra e ristruttura in modo ampio e organico il quadro delle garanzie già predisposte dal legislatore, compiendo un importante passo in avanti verso il riconoscimento di un status di vittima (e di vittima vulnerabile) e verso il perfezionamento delle forme di protezione ad essa assicurate, all’interno e all’esterno del processo penale.

Con il D.Lgs. 15 dicembre 2015 n. 212, pubblicato sulla G.U. n. 3 del 5 gennaio 2016, l’Italia dà attuazione alla direttiva 2012/29/UE in tema di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. La fonte europea stabilisce norme minime che assicurino alle vittime di reato adeguati livelli di tutela e assistenza, sia nelle fasi di accesso e partecipazione al procedimento penale, sia al di fuori e indipendentemente da esso.

Un primo adeguamento dell’ordinamento interno è stato reso necessario a partire dalla stessa definizione di “vittima di reato” adottata in ambito europeo. Infatti, la nozione europea include sia la persona che abbia direttamente subito un danno dal compimento di un reato sia - in caso di decesso di questa a causa dell’illecito - i suoi familiari, fra i quali si annoverano anche le persone con essa conviventi in situazioni affettive stabili e continue. L’ampliamento del concetto di “nucleo familiare”, sostenuto in ambito sovranazionale, ha determinato una modifica in tal senso del codice di rito, legittimando - anche da questa prospettiva - la dignità delle unioni sentimentali non formalizzate.

Ancora, sulla figura della vittima, il decreto introduce una specifica disposizione in forza della quale il giudice, in caso di dubbio sull’età, può disporne anche d’ufficio l’apposito accertamento, analogamente a quanto già previsto per l’incertezza sull’età dell’imputato nel rito minorile. Ove il dubbio permanga, la minore età della persona offesa viene presunta, a scopo di garanzia.

In tema di informazione e partecipazione della vittima al processo, il decreto attuativo interviene su istituti già esistenti, integrandone la disciplina al fine di ampliarne l’operatività, fino ad oggi per lo più rivolta a certe categorie di soggetti e a certi titoli di reato. In questo modo, prerogative processuali tradizionalmente riservate ai portatori di handicap o ai sordomuti vengono estese alla vittima di reato che non conosca la lingua italiana, alla quale sono riconosciuti i diritti a comprendere gli atti necessari ad una sua consapevole partecipazione al processo e ad essere compresa, fin dai primi contatti con l’autorità competente.

Ancora, il decreto aggiunge al codice di rito disposizioni relative all’assistenza linguistica, in forza delle quali anche alla vittima – e non più al solo imputato, sulla base della previgente disciplina – devono essere garantiti servizi gratuiti di interpretariato, nel corso dell’intero processo penale, e di traduzione degli atti essenziali all’esercizio dei propri diritti. Le nuove disposizioni integrano la disciplina già modificata, recentemente, in occasione del recepimento della direttiva 2010/64/UE sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali. Sul punto - si noti – si dispone, in vista di un contenimento dei costi, che l’assistenza dell’interprete possa avvenire ‘a distanza’ attraverso strumenti tecnologici di comunicazione, sempreché la presenza fisica dell’interprete non sia resa necessaria, secondo un ‘prudente’ apprezzamento del giudice, dalle esigenze del caso specifico.

Risulta poi ampliato il catalogo delle informazioni che la persona offesa ha diritto di ricevere dall’autorità procedente, in una lingua a lei comprensibile. Viene, in questo modo, assicurato il tempestivo avviso di informazioni concernenti sia le fasi essenziali del procedimento penale sia dell’eventuale vicenda cautelare. Così, il decreto integra la disciplina delle comunicazioni sulle misure di protezione prevedendo che - nei processi relativi ai reati con violenza alla persona – la persona offesa che lo richieda venga informata dell’avvenuta scarcerazione o della cessazione delle misure restrittive applicate. In un’ottica di bilanciamento di interessi, è tuttavia previsto che queste comunicazioni possano essere eccezionalmente omesse, nel caso in cui risulti il pericolo concreto di un danno per indagato, imputato o condannato (ad esempio, il rischio che possano esser compiute azioni di ritorsione nei confronti di quest’ultimo).

Fra le novità introdotte in tema di comunicazioni, vi è la previsione per cui la vittima del reato sia posta a conoscenza della possibilità che il procedimento sia definito con remissione di querela. Allo stesso modo, la persona offesa deve essere informata dei servizi offerti indipendentemente dall’instaurazione del processo penale: gli eventuali strumenti di giustizia riparativa (quali la mediazione) o i servizi assistenziali di carattere sociale, personalizzabili previa valutazione individualizzata delle esigenze di protezione sussistenti nel caso concreto (strutture sanitarie, case famiglie, case rifugio, centri di accoglienza).

Con riferimento invece al rafforzamento dei diritti di partecipazione al processo la normativa di attuazione introduce, per i reati più gravi, la possibilità per la vittima di impugnare le decisioni di non luogo a procedere.

Accanto agli strumenti di informazione sulla (e di partecipazione alla) dinamica processuale, il decreto interviene ad assicurare più ampie forme di tutela, nel corso del processo, alla vittima cui è riconosciuto un particolare stato di vulnerabilità, al fine di evitare i fenomeni di vittimizzazione secondaria. Viene così data attuazione al duplice scopo perseguito dalla direttiva 2012/29/UE sul punto: di individuare sia modalità di protezione della vittima da interferenze esterne e contatti con l'autore del reato, sia modalità di tutela che consentano alla persona offesa vulnerabile di prendere parte al processo senza dover scontare le conseguenze negative derivabili da una sua testimonianza. Il decreto modifica dunque la disciplina dell’incidente probatorio e della prova testimoniale attraverso modalità protette, disponendo l’applicazione delle specifiche tutele ivi previste in tutti casi in cui si proceda all’esame di una vittima vulnerabile, indipendentemente dal catalogo dei reati presupposti che fino ad oggi ne legittimava l’adozione. Con questa novella, viene dunque recepito l’invito, rivolto agli Stati membri dalla direttiva, ad uniformare i criteri atti a riconoscere lo status di vittima vulnerabile, senza per questo vincolare tale accertamento al meccanico ricorso a presunzioni, connesse a condizioni soggettive o al tipo di illecito oggetto del giudizio, ma valorizzando invece un tipo di valutazione fondata anzitutto sulle caratteristiche della persona e del caso concreto: ai sensi dell’art. 90-quater la condizione di "particolare vulnerabilità" è desunta, oltre che dall’età e dallo stato di infermità o di deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede, e si tiene conto se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato (sull’opportunità di un simile intervento cfr. FERRANTI, Brevi riflessioni sulla vittima del reato, in vista del recepimento della direttiva 2012/29/UE, in Cass. pen., 2015, p. 3420). Anche da questa prospettiva la direttiva ha teso dunque ad attribuire una dignità autonoma alla figura della vittima di reato meritevole di tutela in quanto tale, e di una tutela individualizzata, ove possibile, nel rispetto delle esigenze e caratteristiche proprie della singola persona.

La conformazione della normativa nazionale alla gran parte delle prescrizioni europee, già prima dell’intervento attuativo, rappresenta l’esito di un adeguamento ordinamentale ad una serie di sollecitazioni internazionali, succedutesi negli anni, e aventi ad oggetto ben determinati reati, le quali hanno imposto all’attenzione del legislatore la considerazione delle loro vittime e l’urgenza di efficaci ed esaustive forme tutela. Un impegno certamente meritorio, ancorché settoriale, frutto di una rincorsa che non ha lasciato spazio alla costruzione di un vero e proprio “statuto della vittima”.

L’occasione sollecitata con l’adozione della direttiva 2012/29/UE, non dedicata a particolari categorie di vittime, né alle vittime di particolari categorie di reati, è stata dunque quella di attribuire organicità al sistema composito di tutele progressivamente predisposto dal legislatore. Occasione colta in larga parte, pur con qualche tentennamento. La gestazione del decreto legislativo in esame evidenzia invero un certo travaglio nel passaggio tra un intervento di adeguazione circoscritta e un intervento di carattere più organico. Lo evidenzia lo schema di decreto definitivamente approvato a fronte di quello – assai meno ampio ed articolato - sottoposto il 15 settembre alle due Camere (Atto del Governo n. 204) per il parere di rito. Risultano nuove, in particolare, le prescrizioni inserite nel codice agli artt. 90-bis, lett. o), 90-quater, 134, comma 4, ultimo periodo, 143-bis, 190-bis, comma 1-bis, periodo inserito, 351-bis, periodo aggiunto, 362, comma 1-bis, periodo aggiunto, 392, comma 1-bis, periodo aggiunto. Si tratta di modifiche che per lo più conseguono – seppure in parte e con variazioni non marginali – all’ampio parere della Commissione giustizia della Camera reso il 27 ottobre 2015 e che riguardano in particolar modo la condizione di vittima particolarmente vulnerabile.

Come risultato, non solo il numero delle modifiche apportate, ma anche il loro segno testimonia un cambio di passo. Si veda, a titolo di esempio fra gli altri, il nuovo art. 90-quater che disciplina un embrione di statuto della “particolare vulnerabilità della persona offesa”, valida in generale “agli effetti delle disposizioni del presente codice”. Certo, il parere della Camera proponeva di osare di più (l’estensione anche al testimone, la presunzione di vulnerabilità dei minori), ma il limite di sistematicità che presentava il testo iniziale appare in larga parte colmato.

L’entrata in vigore del decreto legislativo determina un indiscutibile passo in avanti del sistema di tutele assicurato dall’ordinamento nazionale alla persona offesa dal reato, alla quale si attribuisce una considerazione sempre più rilevante, dentro e fuori le dinamiche del processo penale.

Per leggere il Decreto legislativo clicca qui: www.quotidianogiuridico.it/~/media/Giuridico/2016/01/07/in-gazzetta-le-nuove-tutele-processuali-delle-vittime-di-reato/dlgs212 pdf.pdf

fonte: www.quotidianogiuridico.it

Nessun commento:

Posta un commento

Responsabilità professionale medica, stop alle "liti temerarie" contro i medici

 Stop alle "liti temerarie" contro i medici: su 100 cause per responsabilità professionale, nel penale, solo il 5% porta a una con...