Come noto, il medico che tramite il suo operato ha cagionato ad un paziente un danno ingiusto può essere sanzionato ex art. 1218 c.c. nonché ex art. 2043 c.c. Non sono solo queste, però, le uniche ipotesi in cui un medico può essere chiamato a rispondere del suo operato.
A tale proposito si cita una recente pronuncia della Corte di Cassazione, datata 20-08-2015, n. 16993. Nel caso di specie si erano infatti rivolti alla Suprema Corte gli eredi di una donna deceduta a causa di una grave forma di carcinoma all'utero, i quali agivano in giudizio richiedendo il risarcimento dei danni subiti in seguito alla tardiva diagnosi della malattia.
Il ginecologo della donna, non aveva infatti agito con la diligenza richiesta, operando un insufficiente approccio diagnostico: a causa della sua negligenza il medico non era infatti stato in grado di diagnosticare il carcinoma, sebbene fosse già presente al tempo delle visite operate dal professionista.
Nonostante la riconosciuta assenza di diligenza, la Corte di Appello aveva precedentemente respinto la richiesta avanzata dagli eredi sostenendo che anche se la malattia fosse stata correttamente diagnosticata, poco o nulla sarebbe cambiato circa il decorso clinico della paziente, essendo essa affetta da una forma tumorale particolarmente maligna e aggressiva, che l'avrebbe comunque condotta alla morte. Per tale ragione l'adita Corte era giunta ad escludere la sussistenza del nesso causale tra l'aggravamento della malattia e il comportamento omissivo del sanitario, negando ogni pretesa risarcitoria.
Tale assunto è stato invece in toto respinto dalla Suprema Corte la quale è giunta a ravvisare più di una voce di danno risarcibile in capo agli eredi.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti, la tardiva diagnosi del processo morboso terminale, aveva prima di tutto determinato l'impossibilità di attuare tempestivamente un intervento c.d. palliativo, il quale avrebbe permesso alla paziente di alleviare il dolore. Una prima voce di danno doveva quindi essere ravvisata nella sofferenza patita dalla donna e che avrebbe potuto essere alleviata o comunque ridotta tramite una puntuale diagnosi.
Ulteriore danno risarcibile era individuabile nella perdita per la paziente "della chance di vivere per un (anche breve) periodo di tempo in più rispetto a quello poi effettivamente vissuto, ovvero anche solo la chance di conservare, durante quel decorso, una "migliore qualità della vita"(Cass. Civ.,sez. III, sent., 20-08-2015, n. 16993).
La Corte ha inoltre in conclusione precisato che in tale specifica ipotesi il danno per la paziente sarebbe consistito anche nella mera impossibilità di scegliere "cosa fare" " per fruire della salute residua fino all'esito infausto, anche rinunziando all'intervento o alle cure per limitarsi a consapevolmente esplicare le proprie attitudini psico-fisiche in vista e fino all'exitus"(Cass. Civ.,sez. III, sent., 20-08-2015, n. 16993).
Innegabile quindi la sussistenza di un nesso causale tra la con condotta colpevole del medico e i plurimi pregiudizi sofferti dalla paziente, tutti meritevoli di congruo risarcimento.
fonte: www.ilsole24ore.com//La mancata tempestiva diagnosi di malattia incurabile e le voci di danno risarcibili
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mercoledì 18 novembre 2015
La mancata tempestiva diagnosi di malattia incurabile e le voci di danno risarcibili
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