L’azione esercitata sulla psiche dall’alcool e dagli stupefacenti volontariamente assunti dal soggetto imputato non impedisce di accertare il dolo diretto per la cui esistenza non è richiesta un’analisi lucida della realtà, essendo necessario soltanto che il soggetto sia stato in grado di attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l’evento ideato e voluto. Così si è espressa la Cassazione nella sentenza 27576/14.
Il caso
La Corte d’appello de L’Aquila condannava un uomo per aver usato violenza e minacciato degli agenti di polizia, per averli costretti ad omettere atti del loro ufficio ed aver cagionato delle lesioni personali a due di loro. Secondo i giudici di merito, l’accertato stato di ubriachezza non era idoneo ad escludere la consapevolezza che il prevenuto aveva avuto alla consumazione di quegli illeciti.
L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando l’assenza del dolo necessario per la configurabilità dei reati. La situazione di perturbamento psichico lo avrebbe condotto ad agire senza volere. Effetti deleteri, ma non scusano. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che l’azione esercitata sulla psiche dall’alcool e dagli stupefacenti volontariamente assunti dal soggetto imputato non impedisce di accertare il dolo diretto per la cui esistenza non è richiesta un’analisi lucida della realtà, essendo necessario soltanto che il soggetto sia stato in grado di attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l’evento ideato e voluto.
Nel caso di specie, quindi, correttamente la Corte d’appello aveva escluso che lo stato di ubriachezza in cui si trovava l’imputato al momento della commissione dei reati avesse precluso la sua imputabilità, avendo egli, peraltro, ammesso di essere consapevole delle proprie azioni nella successiva fase di interrogatorio, scusandosi anche delle proprie iniziative. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Per la Cassazione l’alcool “non excusat”
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mercoledì 10 settembre 2014
Per la Cassazione l’alcool “non excusat”

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