lunedì 21 gennaio 2019

Guida in stato di ebbrezza: sì ai lavori di pubblica utilità se l'imputato non si oppone

Qualora il giudice disponga con decreto penale di condanna la sostituzione della pena pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, non è richiesto all'imputato di esprimere una manifestazione di volontà adesiva, essendo sufficiente la sua mancata opposizione, né, qualora l'assenso sia formulato con atto scritto, questo deve essere redatto dall'imputato personalmente, o dal suo difensore munito di procura speciale.
E' quanto emerge dalla sentenza della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione del 20 dicembre 2018, n. 58485.
L'art. 186, comma 9-bis, cod. strad., introdotto dalla l. n. 120 del 2010, dispone che, al dì fuori dei casi in cui il conducente in stato di ebbrezza provochi un incidente stradale, la pena detentiva e pecuniaria che il giudice intenda irrogare può essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell'imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui al D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 54, consistente nella prestazione di un'attività non retribuita a favore della collettività, da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell'educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso centri specializzati di lotta alle dipendenze.
Dal testo dell'art. 186, comma 9-bis, cod. strad., né da alcuna altra disposizione di legge riferibile alla fattispecie in esame, è rinvenibile la disposizione che impone al condannato di aderire all'indicazione di sostituzione della pena con l'attività di pubblica utilità mediante una dichiarazione formulata personalmente, oppure dal solo difensore procuratore speciale, valendo tale prescrizione per istituti similari, ma differenti da quello applicabile per il caso di trasgressione dell'art. 186 cod. strad., nell'ambito di un diverso meccanismo di accesso alla sostituzione.
Ad esempio, nel caso di reati di competenza del giudice di pace, puniti con la permanenza domiciliare, spetta all'imputato avanzare la richiesta di conversione di tale sanzione nel lavoro di pubblica utilità ed altrettanto è previsto nell'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5-bis, d.P.R. n. 309 del 1990, quando per il reato contemplato, commesso dal tossicodipendente o dall'assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, su richiesta dell'imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, il lavoro di pubblica utilità.
In questi casi si esige un impulso personale da parte dell'imputato, da realizzare anche per il tramite di procuratore speciale, per garantire che il diretto interessato sia consapevole delle modalità di emenda e delle conseguenze in caso di violazione degli obblighi connessi all'attività da svolgere. Nell'ipotesi di cui all'art. 186 cod. strad., invece, non si richiede all'imputato di sollecitare la sottoposizione al lavoro di pubblica utilità, ma solo di non opporsi alla sostituzione già disposta dal giudice con la sentenza o il decreto penale di condanna.

fonte: www.altalex.com

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