martedì 9 settembre 2014

Fuori dal tunnel della droga, e col sostegno dei familiari: l’uomo può riavere suo figlio

Persa definitivamente la figura materna, il minore può, comunque, avere come punto di riferimento il padre. Quest’ultimo ha compiuto dei passi avanti, superando la condizione di tossicodipendenza e salvando il proprio lavoro. Possibile, con l’aiuto dei congiunti, mettere in atto un progetto di vita positivo per il bambino.

Il caso

Tossicodipendente per anni, poi ‘rifugiatosi’ nel metadone, e infine capace, per fortuna, di smettere definitivamente con la droga. E, allo stesso tempo, è riuscito anche a conservare il proprio lavoro. Chiarissimi i passi avanti compiuti dall’uomo, che, ora, con l’appoggio dei propri familiari, può concretamente pensare al recupero del rapporto col proprio figlio. Da azzerare, quindi, il provvedimento di adottabilità del minore, ancora in affidamento familiare, ma destinato a ritornare col padre (Cassazione, sentenza 14445/14).

Quadro familiare davvero desolante, e a risentirne è, ovviamente, il figlio: i due genitori, difatti, sono «entrambi impegnati in un percorso di cura e di recupero per superare la propria tossicodipendenza», logico dedurne le loro «difficoltà nel sostenere il ruolo genitoriale». Per questo motivo, il Tribunale per i minorenni dichiara l’«adottabilità» del bambino, disponendo, allo stesso tempo, «l’interruzione dei rapporti con i genitori e l’affidamento a famiglia avente i requisiti per l’adozione».

Di avviso opposto, seppur solo relativamente alla figura paterna, sono, invece, i giudici della Corte d’appello, che confermano solo la «decadenza» della donna «dalla potestà genitoriale», azzerando, però, l’«adottabilità» del minore. Nuova l’ottica da adottare, finalizzata, in sostanza, a «favorire il graduale reinserimento e il rientro del minore presso il padre».

Come si spiega questo cambio, parziale, di rotta? Semplicemente coi passi avanti compiuti dall’uomo, che ha «deciso di rafforzarsi come individuo, mantenendo il lavoro per poter garantire al figlio una figura paterna adeguata» e che ha avuto la forza, pur ‘rompendo’ definitivamente con la compagna, di «preservare la figura materna nella psiche» del figlio. E a sostegno di questi elementi anche la constatazione della potenziale «adeguatezza» dell’uomo ad «assumere una piena genitorialità», puntando a «ricostruire pienamente il legame con il figlio» e a «rispettare le sue esigenze».

Complessivamente, quindi, il «progetto di vita» dell’uomo, da «condividere con il figlio», è considerato «realistico», anche tenendo presente la sua «occupazione lavorativa» e l’«appoggio familiare su cui» egli «può contare, sia sotto il profilo materiale che affettivo». Ebbene, le valutazioni compiute dai giudici della Corte d’appello, e contestate duramente dalla «curatrice speciale» del minore, vengono condivise e confermate dai giudici del ‘Palazzaccio’.

Legittima, quindi, la scelta di ritenere ancora plausibile che l’uomo si ponga come riferimento paterno per il figlio. Decisiva è la ‘prova provata’ – emersa in secondo grado – della capacità dell’uomo di «assolvere alla sua funzione genitoriale, anche se sostenuta dall’aiuto che i suoi congiunti hanno dichiarato di voler apportare». In sostanza, pare acclarato il «miglioramento delle condizioni personali» dell’uomo e della «sua chiara volontà di assumere in pieno il suo ruolo genitoriale», anche tenendo presente la capacità di disintossicarsi e di tenersi stretto il lavoro. Condivisibile, quindi, per i giudici, il ‘peso specifico’ riconosciuto al «progetto di vita» messo in piedi, in concreto, dall’uomo, e finalizzato, secondo i giudici, alla «ricostruzione di una rete sociale e relazionale compatibile con i bisogni del bambino».

Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Fuori dal tunnel della droga, e col sostegno dei familiari: l’uomo può riavere suo figlio

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