Ricostruita, senza coni d’ombra, la vicenda: l’uomo, dipendente dell’azienda, ha approfittato del computer aziendale per accedere a internet, visitando siti pornografici. Indiscutibile l’interruzione del pubblico servizio, soprattutto considerando che il computer utilizzato era destinato al monitoraggio dell’impianto pubblico di illuminazione comunale. Acclarata anche l’ipotesi di appropriazione indebita (Cassazione, sentenza 27528/14).
Il caso
Computer aziendale ‘preso in prestito’ dal dipendente rimasto in ufficio, che, per giunta, utilizza il terminale, destinato alla gestione dell’impianto di pubblica illuminazione comunale, per navigare online, accedendo a siti pornografici e pedopornografici. A prescindere dai contenuti degli accessi sul web, è evidente il danno arrecato all’azienda: consequenziale è la condanna dell’uomo per i reati di «appropriazione indebita» e «interruzione di pubblico servizio».
Comune la linea di pensiero dei giudici di merito: l’uomo è da condannare. Per una --semplicissima ragione: egli, in qualità di «dipendente», si è «appropriato della linea telefonica e del collegamento via internet» dell’azienda per cui lavora, «determinando un evidente pregiudizio economico per la società». E, peraltro, viene evidenziato, egli ha «distolto le apparecchiature informatiche, operative ventiquattro ore su ventiquattro in quanto utilizzate per il monitoraggio degli impianti di pubblica illuminazione, dalla tele gestione cui erano preposte, interrompendo, per la durata degli illeciti collegamenti, il servizio pubblico».
Fatali, come materiale probatorio, anche le «captazioni visive effettuate» dall’azienda «all’interno dell’edificio». Illuminazione. Pronta la reazione dell’uomo, che, tramite il proprio legale, propone ricorso in Cassazione, contestando i reati a lui addebitati. Ma ogni obiezione mossa si rivela assolutamente inutile. Difatti, i giudici del ‘Palazzaccio’ mostrano di condividere in pieno le valutazioni compiute nei giudizi di merito, alla luce della ricostruzione dettagliata della condotta tenuta dall’uomo.
È acclarato, innanzitutto, che il dipendente «approfittando dell’assenza dell’addetto all’ufficio ed avendo la disponibilità dei locali anche al termine delle attività di ufficio» ha scelto di «utilizzare il computer per visitare siti pedopornografici». Così, evidenziano i giudici, egli ha preso possesso delle «energie costituite da impulsi elettronici che erano entrate a far parte del patrimonio» dell’azienda: di conseguenza, è certo il reato di «appropriazione indebita». Allo stesso tempo, non vi è alcun dubbio che l’uomo, «distogliendo il computer dalla gestione dell’impianto pubblico di illuminazione comunale» per navigare online, «ha interrotto, per la durata dei collegamenti illeciti, il servizio di monitoraggio svolto nell’interesse pubblico». Da confermare, quindi, la condanna nei confronti dell’uomo.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it/La Stampa - Computer per il monitoraggio dell’illuminazione comunale, ma utilizzato per navigare online: dipendente condannato
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martedì 9 settembre 2014
Computer per il monitoraggio dell’illuminazione comunale, ma utilizzato per navigare online: dipendente condannato
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