In tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del reato di omessa dichiarazione a fini di evasione, non può farsi ricorso alla presunzione tributaria, secondo cui tutti gli accrediti registrati sul conto corrente si considerano ricavi dell’azienda, poiché spetta al giudice penale la determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa, procedendo d’ufficio ai necessari accertamenti, eventualmente mediante il ricorso a presunzioni di fatto. Tuttavia, questo vale quando i giudici, pur a conoscenza dell’esistenza di costi in ragione degli elementi in atti, omettono poi di approfondirne l’ammontare, non quando manchi qualsiasi elemento che possa legittimamente far pensare all’esistenza di costi sostenuti dall’azienda. È quanto affermato dalla Cassazione nella sentenza 20676/14.
Il caso
La Corte d’appello di Caltanissetta condannava un imputato per il reato di omessa dichiarazione fiscale continuata. L’uomo ricorreva in Cassazione, lamentando l’errata applicazione dell’art. 5 d.lgs. n. 74/2000 (reati in materia di imposte sui redditi), in quanto i giudici di merito avrebbero errato a calcolare le imposte evase nelle varie annualità contestate, omettendo di considerare i relativi costi d’impresa. Analizzando la questione, la Corte di Cassazione ripercorreva l’iter seguito dai giudici di merito, i quali avevano sottolineato che, sulla questione dei costi aziendali, nessun documento era stato prodotto, e che l’imputato aveva ammesso di non essersi curato di della tenuta della documentazione contabili. Da ciò, avevano dedotto l’inesistenza di altri elementi che potessero provare l’effettiva esistenza di tali costi sostenuti nell’esercizio dell’attività. L’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 74/2000 punisce chiunque , al fine di evader le imposte, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a tali imposte, quando la somma evasa, relativamente ad ogni singolo tributo, supera i 30.000 €. Effettivamente, in tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del reato di omessa dichiarazione a fini di evasione, non può farsi ricorso alla presunzione tributaria, secondo cui tutti gli accrediti registrati sul conto corrente si considerano ricavi dell’azienda, poiché spetta al giudice penale la determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa, procedendo d’ufficio ai necessari accertamenti, eventualmente mediante il ricorso a presunzioni di fatto. Tuttavia, questo vale quando i giudici, pur a conoscenza dell’esistenza di costi in ragione degli elementi in atti, omettono poi di approfondirne l’ammontare. Nel caso di specie, invece, i giudici d’appello avevano rilevato l’assenza di qualsiasi elemento che potesse legittimamente far pensare all’esistenza di costi sostenuti dall’azienda. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Riduzione dell’imposta evasa: spese sostenute, spese da produrre
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venerdì 1 agosto 2014
Riduzione dell’imposta evasa: spese sostenute, spese da produrre
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