sabato 21 settembre 2013

Il sindacalista può parlare di “vergogna aziendale”

Corte di cassazione - Sezione V penale - Sentenza 20 settembre 2013 n. 38962

Il sindacalista può parlare di “vergogna aziendale” se denuncia le modalità scorrette di organizzazione del lavoro volte a favorire alcuni a scapito di altri senza incorrere nel reato di diffamazione. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 38962/2013, respingendo il ricorso del direttore medico responsabile dell’Ufficio prevenzione e protezione della sicurezza interna dell’Asl di Pescara.

Il sindacalista lamentava in particolare il fatto che a troppi medici in servizio presso il Dipartimento di salute mentale fosse stata riconosciuta, sulla base di una prescrizione, l’esenzione dalla reperibilità notturna e da altre turnazioni.
In tema di critica sindacale la Suprema corte ricorda che “sussiste l’esimente dell’esercizio del diritto di critica sindacale (art. 51 cod. pen.) qualora Il rappresentante di un’organizzazione sindacale indirizzi una missiva a vari enti istituzionali nonché alla stessa parte lesa, che censuri le scelte di quest’ultima […] ipotizzando a suo carico la realizzazione di comportamenti penalmente rilevanti”.

Del resto osservano gli ermellini “la missiva inviata dall’imputato certamente non ha per oggetto immediato l’efficienza dei servizio, ma, nella prospettiva sindacale assunta dall’autore, le modalità di svolgimento delle funzioni dell’ufficio Prevenzione e Protezione. La ragione della ritenuta sussistenza dell’esimente, pertanto, sono state individuate proprio nel fatto che le espressioni, certamente aspre, adoperate […], erano finalizzate a denunciare modalità di organizzazione del servizio, che, al di là dei riflessi sull’utenza, si traducevano, secondo l’assunto del primo, in favoritismi a favore di alcuni medici e in danno di altri”.

“Proprio l’assenza di una connotazione personale delle espressioni - tutte rivolte al risultato dell’attività e non al suo autore - e la loro funzionalizzazione allo svolgimento delle funzioni di rappresentanza degli interessi del lavoratori interessati giustificano la conclusione raggiunta dai giudice di secondo grado”.

A ciò, secondo i giudici, deve aggiungersi che “le modalità di estrinsecazione del diritto di critica non hanno superato i limiti della continenza espressiva perché il carattere ‘sconcertante’ o ‘grottesco’ o ‘borbonico’ della situazione, definita come ‘vergogna aziendale’, senza tradursi in una gratuita ed immotivata aggressione alla sfera personale dell’odierno ricorrente, denuncia, come si diceva, il risultato dei denunciati favoritismi”.
fonte: ilsole24ore/Il sindacalista può parlare di “vergogna aziendale”

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