martedì 7 gennaio 2014

Cedu contro l’Italia: sì al solo cognome della madre


È un diritto per i genitori la scelta di dare a un figlio il solo cognome materno: lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo che ha condannato l'Italia per aver violato i diritti di due coniugi milanesi a cui era stato negata questa possibilità. La sentenza, che diventerà definitiva fra tre mesi, sollecita l'Italia a adottare riforme per rimediare a questa violazione.

La vicenda
All'origine della sentenza c'è il ricorso di due coniugi milanesi, Alessandra Cusan e M. Luigi Fazzo che si sono visti rifiutare per 15 anni dalle autorità italiane la possibilità di dare ai loro tre figli il solo cognome della madre (per consentire alla prole di perpetuare il patrimonio morale del nonno materno, deceduto nel 2011, e che secondo la coppia era un filantropo, del quale sarebbe rimasta cancellata la memoria perché il fratello della signora non ha eredi).

Tutto è cominciato con la nascita della loro primogenita, Maddalena, nel 1999: i coniugi provano a iscriverla nei registri dell'anagrafe con il cognome materno, ma la richiesta viene bocciata. Un paio d'anni più tardi, i coniugi ci riprovano con il tribunale di Milano, il quale fa notare che, sebbene non vi sia alcuna disposizione giuridica perché un neonato sia registrato con il nome del padre, questa regola corrisponde a un principio ben radicato nella coscienza sociale e nella storia italiana. Nel processo d'appello, viene confermata la sentenza di primo grado.

Ma la coppia non demorde e arriva fino alla Corte di Strasburgo, che dà loro ragione. «In questa vicenda, la determinazione del nome del bambino è fatta unicamente sulla base di una discriminazione fondata sul sesso dei genitori, la regola in questione che vuole in effetti che il nome attribuito sia, senza eccezione, quella del padre, indipendentemente dalla volontà dei coniugi», hanno scritto i giudici di Strasburgo. In realtà già nel 1995, il Consiglio d'Europa (di cui la Corte per i diritti dell'uomo è diretta emanazione) rilevava che «in Italia, il bambino nato da un matrimonio porta il nome di suo padre: un principio fissato in maniera assoluta e incontestabile dall'uso e dal costume, benché non esista alcuna disposizione legislativa precisa ed esplicita». E nel 2007 la Corte costituzionale italiana aveva riconosciuto che «il sistema in vigore deriva da una concezione patriarcale della famiglia e dei poteri del marito, che ha le sue radici nel diritto romano e non è più compatibile con il principio costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna».

Matrimonialisti, una svolta
La sentenza della Corte europea di Strasburgo "è una vera svolta per la parità tra i sessi". La storica pronuncia, che ha condannato la legislazione italiana per l'impossibilità di assegnare il cognome materno ai figli, trova "ampio consenso nell'Associazione degli avvocati matrimonialisti italiani", scrive in una nota Gian Ettore Gassani, presidente dell'Ami.

"Attualmente - scrive il matrimonialista - il Codice civile del nostro paese vieta di poter attribuire il cognome materno ai figli, fatti salvi i casi previsti quali la maternità naturale senza il riconoscimento della prole da parte del padre. Le nostre leggi sono ancora fortemente di stampo patriarcale, nonostante le varie riforme del diritto di famiglia. Il cognome paterno è considerato sacro, sulla scia di un retaggio culturale e giuridico millenario, tanto che in determinati casi il cognome materno può essere solo aggiunto a quello paterno. Da circa vent'anni nel nostro paese si parla di libertà nell'attribuzione del cognome ai figli ma sono forti le resistenze del legislatore a consentire ai genitori tale scelta senza l'imposizione paternalistica di una legge superata dalla storia e dalle convenzioni internazionali". Secondo i matrimonialisti dunque "urge una riforma del diritto di famiglia italiano, per evitare -conclude la nota- che l'Italia finisca in un binario morto rispetto agli altri paesi dell'occidente e dell'Unione europea in particolare".

Le prime reazioni della politica
<<Grande vittoria per le madri. Adesso è ora che anche in Italia si possa tranquillamente assegnare il cognome della mamma ai propri figli. Ciò che da anni è già possibile fare in numerosi paesi, non solo europei, è espressione di modernità e di pari opportunità, anche nell´esercizio dei diritti. Mi auguro che l´odierna sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ci aiuti ad approvare quanto prima la proposta di legge di cui sono prima firmataria, che introduce il diritto di potere attribuire il cognome materno ai propri bimbi>>. Lo sostiene Laura Garavini, componente dell´ufficio di presidenza del gruppo Pd alla Camera.

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fonte: ilsole24ore/Cedu contro l’Italia: sì al solo cognome della madre

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