Se il profitto derivante dal reato di rivelazione di segreti di ufficio non è patrimoniale, è inapplicabile la custodia cautelare in carcere. E' quanto emerge dalla sentenza 22959/13 della Cassazione.
Il caso
Il Tribunale del riesame accoglie parzialmente il ricorso proposto da un indagato per i reati di rivelazione di segreti di ufficio (art. 326, comma 3, c.p.) e favoreggiamento aggravato della prostituzione e, annullando l’ordinanza emessa dal Gip limitatamente al reato di cui all’art. 326 c.p., provvede alla sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari. È il Procuratore Generale a proporre ricorso per cassazione, il quale ritiene che la rivelazione di notizie riservate per ottenere prestazioni sessuali gratuite dalle prostitute integra un profitto economico, elemento essenziale per la configurabilità del delitto di rivelazione di segreti di ufficio. Nel caso di specie, il Tribunale del riesame ha correttamente inquadrato la condotta dell’indagato nell’ambito della seconda parte del comma 3 dell’art. 326 c.p. (riguardante il profitto non patrimoniale) che, per i ridotti limiti massimi di pena, non consente l’adozione di alcuna misura cautelare in ossequio al disposto di cui all’art. 280 c.p.p. (condizioni di applicabilità delle misure coercitive). Di conseguenza, il ricorso del PM viene rigettato.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Segreti di ufficio in cambio di prestazioni sessuali gratuite? Nessun profitto patrimoniale, niente carcere
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lunedì 21 ottobre 2013
Segreti di ufficio in cambio di prestazioni sessuali gratuite? Nessun profitto patrimoniale, niente carcere

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