lunedì 21 ottobre 2013

Il “licenziamento” intimato dalla società controllata è idoneo a risolvere anche il preteso rapporto con la capogruppo

Tribunale di Roma, sezione lavoro, ordinanza 10 ottobre 2013
   
Un agente assicurativo, ricevuta la comunicazione di risoluzione del mandato, ha convenuto in giudizio la capogruppo, controllante della preponente, con lo speciale rito previsto dalla “legge Fornero”; ha lamentato la sussistenza, in capo alla prima società, di un preteso rapporto di lavoro dirigenziale, mai formalizzato, “parallelo” a quello di agenzia; ha, quindi, asserito di essere stato licenziato in forma orale dal preteso datore di lavoro, e chiesto di essere reintegrato ex art. 18 St. Lav.

La società convenuta si è costituita eccependo, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, l’infondatezza delle pretese del lavoratore, per mancato assolvimento dell’onere della prova in ordine alla sussistenza del rivendicato rapporto di lavoro dirigenziale.

Il Tribunale (Tribunale di Roma, sezione lavoro, ordinanza 10 ottobre 2013), accogliendo le difese della società, ha respinto il ricorso. Nello specifico, il Tribunale ha evidenziato che la comunicazione di risoluzione del rapporto di agenzia è stata effettuata in forma scritta, ad iniziativa del preponente, con lettera firmata dalla persona che riveste la carica di legale rappresentante sia della controllata, che della controllante. Tale comunicazione, se anche fosse dimostrata la sussistenza del preteso rapporto di lavoro dirigenziale in capo alla capogruppo, sarebbe stata senz’altro idonea ad integrare gli estremi di un licenziamento in forma scritta.

Essa esprime, infatti, la volontà del preponente (e semmai, ove occorrer possa, anche della casa madre) di interrompere qualsiasi rapporto di collaborazione, a qualsiasi titolo prestato, intimando al lavoratore di lasciare la sede aziendale e cessare la propria attività professionale.
Di conseguenza, se anche fosse esistito il rivendicato rapporto di lavoro dirigenziale, esso non si sarebbe risolto in forma orale, bensì con licenziamento scritto. E, per corollario, il lavoratore non potrebbe chiedere la reintegrazione, né tanto meno farlo con lo speciale “rito Fornero”, dal momento che l’art. 18 St. Lav. prevede la reintegrazione del dirigente solo in ipotesi di licenziamento discriminatorio o intimato in forma orale.


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