Falsa testimonianza per il congiunto dell’imputato che sceglie di non astenersi dalla testimonianza pur avendone la facoltà e dichiara il falso. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 42818/2013, confermano la condanna in appello della sorella di un uomo, condannato per lesioni volontarie, per aver dichiarato il falso in suo difesa.
Secondo la Suprema corte: “Il soggetto in stato di potenziale incompatibilità a testimoniare ex art. 199 c.p.p., in quanto prossimo congiunto dell’imputato, che abbia scelto di non astenersi dalla testimonianza, assume la qualità di testimone al pari di ogni altro soggetto chiamato a testimoniare. E dunque con tutti gli obblighi connessi alla qualità di testimone dettati dall’art. 198 c.p.p., di guisa che egli è tenuto a dichiarare il vero … essendo venute meno … le ragioni giustificanti la tutela della sua peculiare posizione di prossimo congiunto (esigenza di rispettare l’istinto difensivo, diretto o mediato, indotto dai vincoli solidarietà familiare)”.
Diversamente, osservano i giudici, “si finirebbe per legittimare il mendacio processuale intrafamiliare”.
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