L'indennizzabilità dell'infortunio in itinere, subito dal lavoratore mentre si reca al lavorocon un proprio mezzo di trasporto, può essere riconosciuta nella sola ipotesi in cui l'uso del mezzo diverso da quello pubblico sia reso necessario dalla impossibilità di altra ragionevole scelta. L'infortunio predetto, invero, non può intendersi ravvisabile qualora il lavoratore si rechi sul luogo di svolgimento della prestazione lavorativa con un proprio mezzo non per necessità, in assenza di soluzioni alternative, bensì per libera scelta, rilevato che il mezzo di trasporto pubblico costituisce lo strumento normale per la mobilità delle persone e comporta il grado minimo di esposizione al rischio della strada. Nella fattispecie concreta, l'incontestato verificarsi dell'infortunio in area metropolitana, pertanto servita da mezzi di trasporto compatibili con l'orario di entrata ed uscita del ricorrente dal lavoro e ricondotto, dunque, l'utilizzo del mezzo privato a libera scelta, deve escludersi la chiesta indennizzabilità dell'infortunio subito.
Il Tribunale del capoluogo ligure, con la Sentenza n. 733 del 2013 , torna a pronunciarsi in relazione al c.d. infortunio in itinere, ossia quegli infortuni in cui può incorrere il lavoratore durante il tragitto casa – luogo di lavoro (ma non solo come si vedrà meglio più avanti), sui criteri di indennizzabilità dei danni patiti e l’operatività, quindi, dall’assicurazione sociale INAIL.
Va anzitutto premesso come la materia sia attualmente regolata dal D. Lgs. 38 del 2000 che ha, in buona sostanza, recepito e fatto propri i criteri di indennizzabilità che, nel vuoto normativo, erano stati elaborati dalla Giurisprudenza onde verificare la sussistenza della copertura assicurativa sociale in siffatte situazioni e che il rischio inerente il percorso fatto dal lavoratore per recarsi al lavoro è protetto dalla legge in quanto ricollegabile, pur in modo indiretto, allo svolgimento dell'attività lavorativa con il solo limite del rischio elettivo.
L’infortunio in itinere è definito dall’art. 12 del D. Lgs. 38 del 2000, come quello occorso alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro. Ma non solo. Rientrano, altresì, in detta ipotesi, gli infortuni occorsi al lavoratore durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro (qualora abbia in essere più rapporti lavorativi) così come quelli accorsogli durante il normale tragitto di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti (qualora non sia presente un servizio mensa interno).
La Legge pone particolare accento al concetto di “normalità” del percorso precisando come l’assicurazione non operi nel caso di interruzioni o deviazioni del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate precisando come queste si debbano intendere necessitate qualora dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti.
Infine, la norma precisa che l’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato sempre purché necessitato.
In definitiva, gli elementi che dovranno essere presi in considerazione dal Giudice, onde verificare la sussistenza della copertura assicurativa, saranno:
- la normalità del percorso;
- la mancanza di un servizio mensa interno o convenzionato (nella particolare ipotesi di infortunio occorso in pausa pranzo);
- la necessità di eventuali soste o deviazioni;
- la necessità di utilizzo del mezzo privato.
Quanto al percorso, la normalità viene individuata nell’essere il tragitto il più breve e diretto possibile tra il luogo di abitazione (che può non coincidere con quello di residenza) essendo il più lungo giustificato solo da particolari condizioni (per esempio lavori in corso, traffico).
Quanto ai mezzi da utilizzarsi per muoversi lungo il percorso, la normativa prevede che il mezzo privato rientri nella casistica unicamente purché necessitato per l’assenza di soluzioni alternative.
Difatti, quali mezzi tipici di spostamento sono previsti quelli pubblici che sono presi come mezzi di riferimento oltre quali strumenti normali per la mobilità delle persone anche perché comportano il livello minimo di esposizione ai rischi della strada.
Più precisamente, condizioni di risarcibilità affinché ci si trovi avanti ad un infortunio in itinere occorso al lavoratore durante la conduzione di mezzi propri, sono:
- la finalità lavorativa del tragitto;
- la normalità del percorso stesso (nei limiti sopra visti);
- l’assenza di interruzioni e deviazioni per motivi personali;
- la necessità di utilizzo del mezzo privato negli spostamenti.
Nello specifico, quest’ultimo requisito si riterrà soddisfatto allorquando:
- non esistono mezzi pubblici che colleghino il luogo di lavoro e quello d’abitazione;
- non vi è compatibilità tra l’orario di lavoro e quello dei mezzi pubblici. Detto requisito risulterà soddisfatto qualora l’utilizzo del mezzo privato consenta un risparmio, in termini di tempo, di almeno un’ora per tragitto a condizione che sia oggettivamente riscontrabile ad assuma carattere regolare;
- il tragitto da percorrere, eventualmente, a piedi sia superiore ad 1 km per tratta risultando, pertanto, la distanza tra i due luoghi notevole.
Il tutto, poi, andrà analizzato alla stregua anche del c.d. criterio di ragionevolezza che impone di verificare la necessità di utilizzo del mezzo privato in base ai seguenti parametri:
- lunghezza dei percorsi;
- tempi di attesa dei mezzi pubblici;
- possibilità del lavoratore di abitare in un luogo diverso da quello lavorativo;
- distanza delle più vicine fermate o stazioni di mezzi pubblici dal luogo di lavoro e di abitazione.
Proprio questi ultimi aspetti sono stati al centro della motivazione con cui il Tribunale di Genova, Sez. Lavoro, ha respinto il ricorso presentato dal lavoratore ai fini di ottenere l’indennizzo dei danni patiti a seguito di un sinistro in cui occorse mentre era a bordo di un motociclo di sua proprietà e rientrava a casa dal lavoro.
Difatti, l’Ill.mo Tribunale adito, ha ritenuto che non fosse soddisfatto il requisito della necessità dell’utilizzo del mezzo di trasporto privato proprio sulla scorta dei criteri sopra evidenziati che, beninteso, trovano conferma anche nel più recente e consolidato orientamento in seno alla Suprema Corte di Cassazione (cfr. ex plurimis: Cass. Civ. Ordinanze del 3.11.2011, n. 22759, 24.4 – 18.5.2012, n. 7970 e del 7.9.2012, n. 15059).
In particolare, poiché dagli elementi emersi in sede istruttoria è risultato che l’infortunio è occorso in un area metropolitana servita da mezzi pubblici e che gli orari degli autobus erano compatibili con gli orari di lavoro del ricorrente, il Tribunale ha ritenuto che la fattispecie sottoposta al suo vaglio non rientrasse tra gli infortuni sul lavoro per insussistenza dei presupposti necessari per la qualificabilità degli stessi.
A nulla è valsa, infine, la pretesa incompatibilità del tragitto con le condizioni di salute del lavoratore (che per sua stessa ammissione avrebbe dovuto percorrere a piedi unicamente la distanza di 600-700 metri, solo parzialmente in salita) poiché in sede di consulenza tecnica d’ufficio è risultato che l’affanno cardiaco da sforzo di cui avrebbe sofferto il lavoratore (non oggettivamente apprezzabile, diagnosticato con una relazione successiva all’infortunio e mai precedentemente documentato) non sarebbe ricollegabile ad un tragitto a piedi con il passo meglio ritenuto.
D’altronde, conclude il Giudice, il lavoro svolto del ricorrente implica frequenti spostamenti a piedi nonché la salita di scale o di tratti in salita e mai ha comportato disturbi soggettivi o limitazioni di idoneità da parte del competente medico aziendale portando, quindi, ad escludere la sussistenza dei presupposti per qualificare l’incidente come infortunio sul lavoro.
fonte: ilsole24ore/L’infortunio c.d. in itinere ed il trasporto con mezzi propri
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giovedì 24 ottobre 2013
L’infortunio c.d. in itinere ed il trasporto con mezzi propri
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