Può andar bene stabilire un limite minimo di altezza per diventare capo treno. Ma non può essere identico per uomini e donne. Si tratta di una «discriminazione indiretta», perché privilegia il genere «naturalmente più alto» a discapito di quello «naturalmente più basso». Così la Corte di Cassazione ha motivato la condanna in via definitiva - inflitta a Trenitalia dalla Corte d’appello di Roma - all’assunzione di una donna che, nel 2006, era stata esclusa da una procedura di assunzione di personale con qualifica di capo servizio treno per «inidoneità fisica». Tradotto, perché di altezza inferiore a 160 centimetri. Per riparare a un’ingiustizia decisa per cinque centimetri in meno, sono serviti dodici anni di giudizio.
Le motivazioni della sentenza
La Corte di Cassazione ha dunque ritenuto il limite imposto dal concorso di Trenitalia una «discriminazione indiretta», proprio come quelle «fondate sul sesso». «In tema di requisiti per l’assunzione - scrive la Corte nella sentenza con la quale ha rigettato il ricorso di Trenitalia - qualora sia prevista una statura minima identica per uomini e donne, c’è contrasto con il principio di uguaglianza». Che poi è il diritto alla differenza, per riconoscere a tutti pari dignità. L’azienda, continuano i giudici di piazza Cavour, non ha provato «come avrebbe dovuto» la «rigorosa rispondenza del limite staturale alla funzionalità e alla sicurezza del servizio da svolgere». Che l’altezza delle donne sia, di norma, inferiore a quella degli uomini si sa anche senza ricorrere alle statistiche ufficiali. In Italia la media è di 177 per lui e 164 per lei. Ed ecco perché un unico limite non può andar bene per tutti. In passato la Cassazione si era occupata di un caso molto simile. Nel 2017 aveva accolto il ricorso di un’altra donna, anche lei esclusa dalle assunzioni per capotreno. Una decisione contraria alla lavoratrice, e per questo discriminatoria.
Nel 1993 la Corte Costituzionale si era trovata ad affrontare lo stesso problema. Nell’analizzare i requisiti per l’accesso alle «carriere direttiva e di concetto del ruolo tecnico di una pubblica amministrazione» aveva censurato l’indicazione, come criterio di selezione, del «possesso da parte dei candidati di una determinata statura minima».Tanto di sesso maschile, quanto di sesso femminile. Criterio imprescindibile, spesso trascurato. Qualche centimetro in meno non può valere una carriera.
fonte: www.lastampa.it
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mercoledì 6 febbraio 2019
La Cassazione: “Mettere un limite alla statura minima discrimina le lavoratrici”
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