Continua ad essere reato la mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento da parte dell'ex convivente.
E' quanto emerge dalla sentenza della Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione del 12 dicembre 2018, n. 55744.
Il caso vedeva un ex convivente essere condannato dai giudici di merito ex art. e della Legge n. 54/2006 e non per il fatto contestato di cui all'art. 570, comma 2, n. 2, c.p., per avere fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore; fatto commesso nel mese di novembre 2010.
Secondo la difesa dell'imputato, l'art. 3 della Legge 54/2006 non sarebbe applicabile alla concreta fattispecie in quanto l'uomo non era mai stato coniugato con la madre della minore, beneficiaria dell'assegno di mantenimento, come avvalorato dalla sentenza della Corte di Cassazione del 7 dicembre 2006, n. 2666 che aveva ritenuto non applicabile la tutela della disciplina penalistica di cui all'art. 3 alle assegnazioni patrimoniali concernenti figli di genitori non coniugati, garantite attraverso il ricorso alle azioni civili o alla disciplina di cui all'art. 570, comma 2, n. 2, c.p., nel caso ritenuta insussistente.
Secondo i giudici della Suprema Corte, sebbene il giudice di prime cure avesse qualificato la condotta come delitto di cui all'art. 3 della Legge n. 54/2006, tale pronuncia non implicherebbe affatto l'assoluzione dal reato di cui all'art. 570 c.p., assoluzione che può ravvisarsi solo in presenza di una espressa pronuncia del giudice che ravvisi l'insussistenza di condotte penalmente illecite.
Il problema è dato dal fatto che la recente novella legislativa attuata con il D.Lgs. n. 21 del 2008, nell'introdurre la c.d. “Riserva di codice” nell'ordinamento penale, ha riscritto la materia, introducendo l'art. 570-bis c.p., che sanziona il solo coniuge che si sottragga all'obbligo di corresponsione di qualsiasi tipologia di assegno dovuto nel caso di cessazione del matrimonio.
A seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21, quindi, è stato inserito all'interno del codice penale un nuovo articolo, ovvero il 570-bis, rubricato “Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio”, che sanziona con le pene previste dall'art. 570 c.p., la condotta del “coniuge” che si sottrae all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.
Il tenore letterale della norma, che fa espresso riferimento al solo “coniuge”, aveva già indotto la giurisprudenza di merito, qualora non ricorressero le condizioni per applicare la previsione di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza al figlio minore ovvero inabile di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2, a fare ricorso, per la violazione consistente nell'omessa corresponsione di assegno in favore dei figli recate dalle decisioni giudiziarie in favore dei figli nati fuori dal matrimonio, ad una interpretazione estensiva dell'art. 570 c.p., nel quale il soggetto attivo è il “genitore”, senza ulteriori specificazioni, posto che tale norma è posta a tutela della famiglia in senso ampio e non solo di quella fondata sul matrimonio.
Gli stessi ermellini puntualizzano che l'unica interpretazione sistematicamente coerente e costituzionalmente compatibile e orientata, è quella dell'applicazione dell'art. 570-bis c.p., che si limita a spostare la previsione della sanzione penale all'interno del codice penale, anche alla violazione degli obblighi di natura economica che riguardano i figli nati fuori dal matrimonio.
fonte: www.altalex.com
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venerdì 28 dicembre 2018
Assegno di mantenimento non pagato? E' ancora reato
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