mercoledì 17 maggio 2017

La Buona scuola: i decreti attuativi in GU

La pubblicazione nella GU di ieri di otto dei decreti attuativi, D.Lgs. 13 aprile 2017, n. 59–60–61–62–63–64–65–66, previsti per il compimento della Legge n. 107 del 2015, cd. della Buona scuola, permette di completare il mosaico complessivo di tasselli essenziali per il conseguimento delle sue finalità. Non si tratta di una riforma della riforma, ma di un compimento della sua intensa portata innovativa sul sistema d’istruzione e di formazione.
I decreti attuativi della Legge n. 107 del 2015. Il compimento del mosaico complessivo della riforma. Il reclutamento e la formazione iniziale (art. 1, comma 180 e 181, lett. b) e d) della Legge n. 107 del 2015. — D. Lgs. 13 aprile 2017, n. 59 (GU n. 112 del 16-5-2017)
L’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, di otto dei decreti attuativi previsti per il compimento della Legge n. 107 del 2015, permette di completare il mosaico della riforma cd. della Buona scuola dotandone il disegno complessivo di tasselli essenziali per il raggiungimento delle relative finalità. Non una riforma nella riforma, dunque, ma un compimento della sua intensa portata innovativa sul sistema d’istruzione e di formazione. Ė soprattutto il profilo dell’autonomia scolastica che viene rilanciato e valorizzato intensificando il suo dialogo con le famiglie e i soggetti collettivi presenti sul territorio.
Al perfezionamento di tale disegno, peraltro, non potrà che offrire un impulso decisivo l’esercizio della delega al Governo a ordinare la normativa sulla scuola in un testo unico che potrebbe avere una portata innovativa e non meramente ricognitiva. Tale previsione di delega, in effetti, rivela la consapevolezza dell’estrema frammentarietà e complessità dell’assetto normativo relativo al sistema nazionale di istruzione e di formazione e la necessità di una sua semplificazione e sistematizzazione.
Il decreto sul reclutamento e la formazione iniziale dei docenti è diretto a risanare due vizi antichi del sistema di reclutamento in ruolo del personale docente: il perpetuarsi del precariato attraverso il sistema delle graduatorie permanenti e la carenza di una professionalità specifica dei docenti riguardo alle capacità richieste dall’insegnamento.
In tal senso il decreto attuativo dovrebbe portare a compimento la parabola avviata dalla nuova disciplina che, attraverso l’introduzione dell’organico potenziato, ha cercato di connettere l’immissione in ruolo di più di centomila precari attinti dalle graduatorie permanenti, resa obbligatoria dalla pronuncia del giudice europeo, con il rilancio dell’autonomia progettuale di ciascuna istituzione scolastica. A questa stessa logica è improntata la responsabilizzazione dei dirigenti scolastici nella chiamata diretta dei docenti presso ciascuna istituzione scolastica. La soluzione di continuità con l’assetto normativo precedente, infine, è insito nella soppressione delle graduatorie ad esaurimento e nella creazione di una pianta organica regionale in sostituzione del precedente sistema, fondato su una pianta organica di diritto e di fatto.
Il canale ordinario di accesso alla professione docente diviene il concorso pubblico, bandito con cadenza triennale nel rispetto della programmazione del fabbisogno delle scuole e aperto ai laureati che abbiano superato alcuni esami di pedagogia e didattica, per ventiquattro crediti complessivi.
I vincitori dei concorsi saranno avviati ad un percorso triennale di formazione, tirocinio e inserimento nella funzione docente. Nel corso del primo anno seguiranno un percorso di specializzazione universitaria che li formerà nelle materie antropologiche e psicopedagogiche e sulle metodologie didattiche. Nel secondo anno proseguiranno la formazione, svolgeranno tirocini nelle scuole e inizieranno a svolgere la professione come supplenti. Il terzo anno verrà affidata loro la piena responsabilità di una classe e affronteranno una valutazione sul campo, superata la quale, diverranno docenti di ruolo.
Si prevede anche una fase transitoria, destinata ad offrire una risposta alle aspettative di chi ha già acquisito un’abilitazione o svolto molti anni di servizio presso le istituzioni scolastiche. A tali categorie saranno riservati alcuni posti disponibili, ferma restando la loro valutazione sul campo per un periodo di almeno un anno prima dell’immissione in ruolo.
Rafforzamento dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità (art. 1, commi 180 e 181, lett. c) della Legge n. 107 del 2015. — D. Lgs. 13 aprile 2017, n. 66 (GU n. 112 del 16-5-2017)
Il decreto mira a rafforzare l’inclusione scolastica dei soggetti portatori di disabilità, attraverso il coinvolgimento, in tale processo, di tutte le componenti scolastiche, delle loro famiglie e delle associazioni che ne tutelano i diritti.
Tale obiettivo è affidato a molteplici strategie fra cui, anzitutto: l’incremento della partecipazione e della collaborazione delle famiglie e delle associazioni nei processi di inclusione scolastica. A tale accrescimento è correlata la definizione più specifica dei compiti spettanti a ciascun attore istituzionale coinvolto nei processi di inclusione, ovvero Stato, Regioni ed enti locali.
Sempre a tal fine le commissioni mediche per l’accertamento della disabilità si arricchiscono di nuove professionalità fra cui quella di un medico legale e di due medici specialisti scelti fra quelli in pediatria e neuropsichiatria infantile.
La novità più significativa, tuttavia, sarà l’utilizzo, a fini dell’accertamento e della gestione dello studente con disabilità, del modello della Classificazione internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute all’interno del nuovo Profilo di funzionamento. Tale Profilo, elaborato dall’Unità di Valutazione Multidisciplinare, con la partecipazione della famiglia e di coloro che hanno in carico la persona disabile, definirà la tipologia delle misure di sostegno e delle risorse strutturali necessarie per l’inclusione scolastica. Lo stesso Profilo sarà un documento essenziale per l’elaborazione del Piano Educativo individualizzato.
Sotto il versante più propriamente istituzionale, vengono definiti le modalità e i contenuti del Piano per l’inclusione che costituisce il principale documento programmatico-attuativo delle istituzioni scolastiche in materia di inclusione. Tale Piano verrà ricompreso nel Piano triennale dell’offerta formativa.
Per ogni ambito territoriale, inoltre, verrà istituito il Gruppo per l’inclusione territoriale che rivestirà un ruolo decisivo nell’individuazione delle risorse per il sostegno didattico dei soggetti portatori di disabilità.
Ė interessante, inoltre, che la proposta di quantificazione delle ore di docenza di sostegno, a cura del dirigente scolastico, avverrà dopo una fase di analisi dei singoli Pei e la determinazione del piano di inclusione dell’istituto scolastico. Un’ulteriore novità assai significativa è il fatto che si terrà conto della presenza in ciascuna scuola di alunni con disabilità, nonché del genere di ogni studente per l’attribuzione del personale ATA.
La garanzia dell’effettività di godimento del diritto all’istruzione anche al portatore di disabilità, in effetti, svolge una funzione anche rispetto all’organizzazione e al personale scolastico. Tali risorse, al fine di realizzarne l’inclusione scolastica, devono essere adeguate a favorire «lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e della socializzazione (art. 12, terzo comma, l. 5 febbraio 1992, n. 104)». Il servizio dell’istruzione, pertanto, non potrà essere improntato a logiche di mera efficienza ed economicità finanziaria ma conformarsi alle peculiari caratteristiche delle persone destinatarie, specialmente quelle portatrici di disabilità. Tali caratteristiche, dunque, potranno comprimere e orientare sia la discrezionalità del legislatore sia quella dell’amministrazione nell’individuazione delle necessarie risorse organizzative, finanziarie e personali.
Rafforzamento dell’istruzione professionale e suo raccordo con i percorsi dell’istruzione e della formazione professionale (art. 1, commi 180 e 181, lett. d) della Legge n. 107 del 2015. — D. lgs. 13 aprile 2017, n. 61 (GU n. 112 del 16-5-2017)
Il decreto riafferma e rafforza la specifica identità degli istituti professionali attraverso una maggiore articolazione dei percorsi, al fine di rispondere alle esigenze delle filiere produttive del territorio e di incrementare la loro autonomia didattica e gestionale rispetto all’istruzione tecnica e ai percorsi di istruzione e Formazione Professionale di competenza delle Regioni.
Anche su tale versante viene potenziato uno dei profili dell’autonomia scolastica, ossia il rafforzamento della capacità delle istituzioni scolastiche di interpretare le vocazioni e le richieste del mondo produttivo e le necessità e le prospettive del mondo del lavoro.
Tale logica di rafforzamento dei legami delle scuole con il tessuto produttivo presente sul territorio, peraltro, era già insita nella legge delega, laddove, all’art. 1, comma 33, si contemplava un ampliamento dei soggetti con cui era possibile stipulare convenzioni per progettare ed attuare percorsi di alternanza scuola-lavoro.
Nella stessa direzione, l’art. 1, comma 60, prevedeva che le istituzioni scolastiche potessero dotarsi di «laboratori territoriali per l’occupabilità» attraverso la partecipazione, anche in qualità di soggetti cofinanziatori, di enti pubblici e locali sia per l’orientamento della didattica ai settori strategici del made in Italy, in base alla vocazione produttiva, culturale e sociale di ciascun territorio, sia per la fruibilità di servizi propedeutici al collocamento al lavoro sia per aprire le scuole al territorio e permettere l’utilizzo dei relativi spazi al di fuori dell’orario scolastico.
Oltre al tradizionale assetto organizzativo, caratterizzato da una struttura quinquennale articolata in un biennio e in un successivo triennio, le istituzioni scolastiche potranno attivare, in via sussidiaria, percorsi di istruzione e di formazione anche quadriennale per il rilascio della qualifica e del diploma professionale da realizzare nel rispetto degli standards formativi definiti da ciascuna Regione.
Il rafforzamento dell’autonomia degli istituti professionali è affidato ad una duplice direttrice: la quota del 20%, sia nel biennio sia nel triennio per potenziare gli insegnamenti obbligatori con specifico riguardo alle attività di laboratorio e la quota di flessibilità del 40% dell’orario complessivo per il terzo, quarto e quinto anno per articolare gli indirizzi del triennio in profili formativi. Ulteriori strumenti per l’attuazione dell’autonomia saranno la stipula di contratti d’opera con esperti del mondo del lavoro e delle professioni e l’attivazione di partenariati per il miglioramento dell’offerta formativa.
Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni (art. 1, commi 180 e 181, lett. e) della Legge n. 107 del 2015. — D. Lgs. 13 aprile 2017, n. 65 (GU n. 112 del 16-5-2017)
Il decreto è diretto a far uscire i servizi educativi dell’infanzia dalla dimensione assistenziale per ricomprenderli a pieno titolo nella sfera educativa garantendo continuità tra il segmento di età da 0-3 a 3-6 e ridurre gli svantaggi culturali, sociali e relazionali della relativa utenza. L’intento della nuova disciplina è quello di estendere e di qualificare questo segmento della formazione dei bambini e delle bambine, offrendo alle famiglie strutture e servizi ispirati a standard uniformi sull’intero territorio nazionale organizzati all’interno di un assetto di competenze fra i differenti attori istituzionali chiaro ed efficiente.
Questa finalità viene declinata, rispettivamente, nell’ampliamento dei servizi educativi per l’infanzia al 33% della copertura della popolazione sotto i tre anni di età, a livello nazionale, e la sua più equa distribuzione sul territorio nazionale, mirando ad una generalizzazione qualitativa e quantitativa della scuola dell’infanzia per i bambini e le bambine dai tre ai sei anni di età. La qualificazione del modello formativo, inoltre, è affidata all’introduzione della qualifica universitaria quale titolo di accesso.
Riforma del diritto allo studio (art. 1, commi 180 e 181, lett. f) della Legge n. 107 del 2015). — D. Lgs. 13 aprile 2017, n. 63 (GU n. 112 del 16-5-2017)
La revisione della disciplina in materia di diritto allo studio mira a garantire maggiormente l’uguaglianza sostanziale delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti, attraverso una più specifica definizione delle prestazioni offerte e delle competenze dei diversi soggetti coinvolti.
La garanzia del diritto allo studio, per quanto riguardava gli studenti universitari, era già stata rafforzata dalle misure introdotte dalla Legge di bilancio per il 2017 attraverso il ridisegno della contribuzione studentesca, la rimodulazione dell’area di esenzione e l’introduzione di nuove borse di studio per il merito e la mobilità (In tal senso mi si consenta il rinvio a M. Cocconi, L’istruzione, in Gior. dir. amm. 2017, 2, 200 ss.). Come già rilevato, le misure intraprese investivano sia il merito sia l’equità, in modo coerente con il disegno costituzionale, all’art. 34 della Costituzione.
Le misure introdotte per gli alunni e le alunne delle scuole, viceversa, mirano ad assicurare più un supporto economico e materiale alla frequenza degli studenti e quindi a soddisfare istanze di equità, che a premiare il conseguimento di requisiti di merito. Si tratta di misure miranti non solo a fornire un sostegno di natura economica ma anche prestazioni materiali e concrete a supporto della frequenza di alunni e alunne.
Più concretamente, si contempla l’esonero dalle tasse scolastiche degli studenti e delle studentesse del quarto e quinto anno dell’istruzione secondaria di secondo grado sulla base di fasce dell’ISEE determinate dal Miur.
Si assicura, inoltre, a tutte le alunne e gli alunni delle scuole statali il trasporto per raggiungere la scuola più vicina e si assicura il servizio mensa a tutti gli alunni delle scuole pubbliche dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado, sempre su istanza di parte.
Si riconferma la gratuità dei libri di testo per tutte le alunne e gli alunni delle scuole primarie, nonché degli altri strumenti didattici. Le scuole, attraverso la stipula di convenzioni con gli Enti locali, possono promuovere servizi di comodato d’uso gratuito per la messa a disposizione di libri di testo e/o dispositivi digitali. Viene rifinanziato, inoltre, il fondo previsto dall’art. 1, comma 258, della l. 8 dicembre 2015, n. 208 (legge di bilancio per il 2017) attraverso il versamento di 10 milioni di euro finalizzati all’acquisto di libri di testo e altri contenuti didattici relativi ai corsi di studio fino all’assolvimento dell’obbligo.
Per favorire l’accoglienza di una disabilità certificata ai sensi della l. n. 104 del 1992, sono destinati tre milioni di euro per sussidi didattici alle istituzioni scolastiche che accolgano alunni e alunne, studentesse e studenti portatori di disabilità. Per supportare le attività scolastiche svolte all’interno degli ospedali e l’istruzione domiciliare vengono stanziati 2,5 milioni di euro all’anno, a decorrere dall’anno 2017 per offrire servizi didattici, anche digitali al fine di garantire il diritto all’istruzione degli alunni ricoverati in ospedale, case di cura e riabilitazione e l’istruzione domiciliare.
Agli studenti iscritti alle scuole secondarie di secondo grado vengono riconosciute borse di studio per libri di testo, mobilità e trasporto, nonché per l’accesso a servizi di natura culturale esentate da ogni imposizione fiscale. Tali contributi, per cui vengono stanziati 30 milioni di euro per l’anno 2017, sono erogati tramite la Carta dello studente.
A tutti gli studenti censiti dall’Anagrafe Nazionale degli studenti e frequentanti le scuole primarie, secondarie, statali o paritarie, statali o paritarie, una tessera nominativa che attesta lo status di studente.
Promozione della cultura umanistica, valorizzazione del patrimonio e sostegno alla creatività (art. 1, commi 180 e 181, lett. g) della Legge n. 107 del 2015). — D.Lgs. 13 aprile 2017, n. 60 (GU n. 112 del 16-5-2017)
Il decreto permette di assicurare alle alunne e agli alunni, sin dalla scuola primaria, una formazione artistica che comprenda la cultura musicale, le arti dello spettacolo e quelle visive sia in forma tradizionale sia innovativa. Si mira, altresì, a sviluppare la conoscenza storico-critica del patrimonio culturale italiano. Si intende, infine, promuovere la pratica artistica nel Piano triennale dell’offerta formativa di ciascuna istituzione scolastica autonoma mediante percorsi curriculari e tramite l’alternanza scuola lavoro.
Complessa risulta, altresì, la governance definita per la promozione di tale componente culturale, coordinata dal Miur e dal Mibact e che collabora con le istituzioni scolastiche per la realizzazione dei temi della creatività in una prospettiva di apertura ai soggetti che collaborano sul territorio a tali tematiche.
Il decreto introduce, inoltre, il Piano delle arti, da adottarsi con cadenza triennale, su proposta del Miur di concreto con il Mitbac, in cui sono contenute una serie di misure per agevolare lo sviluppo dei temi della creatività da parte delle istituzioni scolastiche e accostare le studentesse e gli studenti alle differenti forme artistiche.
A supporto del Piano viene istituito un apposito Fondo dedicato, con una dotazione finanziaria pari a due milioni di euro a decorrere dall’anno 2017.
Valutazione, certificazione delle competenze e revisione degli esami di Stato (art. 1, commi 180 e 181, lett. i) della Legge n. 107 del 2015). — D. Lgs. 13 aprile 2017, n. 62 (GU n. 112 del 16-5-2017)
Il decreto modifica il modello di valutazione utilizzato nella scuola del primo ciclo e la struttura degli esami di Stato a conclusione del ciclo secondario. La riforma non intende rivoluzionare il paradigma esistente quanto apportare ad esso gli affinamenti di cui la comunità dei pedagogisti ha da tempo condiviso l’opportunità.
Anche questo profilo, peraltro, è orientato a supportare il decollo dell’autonomia scolastica, intesa come accountability dei docenti e del personale amministrativo verso il resto della collettività risiedente sul territorio, rappresentata anche dai risultati conseguiti dagli studenti, misurabili in termini di accrescimento delle loro competenze e attitudini.
Più nello specifico, tuttavia, la valutazione dello studente appare funzionale a realizzare la piena formazione della personalità degli alunni, a favorire un loro autonomo percorso di autovalutazione e di responsabilizzazione e costituisce, su tale versante, un fattore necessario delle funzioni proprie del personale docente.
In tale prospettiva, nel primo ciclo d’istruzione, la valutazione descrive le competenze raggiunte e gli apprendimenti acquisiti dagli alunni, preservando il modello dei voti in decimi ma, nel contempo, valorizzandone la finalità formativa.
La valutazione, dunque, asseconda e supporta i processi di apprendimento, costituisce uno stimolo al loro continuo miglioramento, in modo che i percorsi didattici siano orientati all’acquisizione di competenze disciplinari, personali e sociali. In tale direzione va letta la disposizione che prevede una valutazione in decimi correlata all’esplicazione dei livelli di apprendimento conseguiti dall’alunno.
Si rafforza, altresì, la rilevanza della valutazione delle attività svolte nell’ambito dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, preservando il carattere trasversale di quest’insegnamento.
L’ammissione alle classi successive, per gli alunni e le alunne della scuola primaria, avviene anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente acquisiti o in via di prima acquisizione. La non ammissione alla classe successiva, come già prevede la disciplina vigente, è riservata a casi eccezionali e viene deliberata all’unanimità dai docenti contitolari.
L’ammissione alla classe successiva o all’esame di Stato, per gli alunni e le alunne della scuola secondaria di primo grado, è deliberata dal Consiglio di classe, anche in caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento, dunque anche in caso di attribuzione di voti inferiori a sei decimi. La valutazione del comportamento, infine, viene operata in positivo, attraverso un richiamo esplicito allo sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza e la sostituzione al voto di condotta di un giudizio sintetico.
L’esame di Stato conclusivo del primo ciclo viene semplificato a partire dall’anno scolastico 2017-2018 e si articola in tre prove scritte ed un colloquio. La composizione della valutazione finale viene operata dando un peso maggiore al percorso scolastico compiuto dall’alunno e dall’alunna.
Alla semplificazione concorre il fatto che la prova Invalsi fuoriesce dall’esame di Stato sebbene resti necessario il suo superamento per l’ammissione all’esame. Si introduce, inoltre, una prova al fine di verificare l’apprendimento della lingua inglese, affiancata alle prove di italiano e matematica. Si contempla, altresì, la restituzione individuale alle famiglie, attraverso un giudizio descrittivo, del livello di apprendimento conseguito in italiano, matematica e inglese.
Viene riformato, altresì, l’esame di Stato conclusivo dei corsi di studio di scuola secondaria di secondo grado, rispetto alla cui ammissione diviene requisito essenziale lo svolgimento delle prove Invalsi e l’alternanza scuola-lavoro.
L’ammissione all’esame di Stato richiede, di regola, il conseguimento di una votazione pari a sei decimi in ogni disciplina e nel voto di comportamento, la possibilità di essere ammessi, in via eccezionale, nel caso si riporti un’insufficienza in una disciplina, è affidata ad una deliberazione motivata del consiglio di classe.
La struttura dell’esame viene semplificata attraverso la riduzione a due prove scritte, una sulla padronanza della lingua italiana ed una avente ad oggetto una o più discipline caratterizzanti. Il colloquio orale conterrà l’esposizione dell’esperienza maturata nei percorsi di alternanza scuola lavoro e la necessità di accertare il possesso delle competenze acquisite nell’insegnamento Cittadinanza e Costituzione.
Il sistema delle scuole italiane all’estero (art. 1, commi 180 e 181, lett. h) della Legge n. 107 del 2015). — D. Lgs. 13 aprile 2017, n. 64 (GU n. 112 del 16-5-2017)
Il decreto attua il riordino e l’adeguamento della disciplina vigente in materia di istituzioni e iniziative scolastiche italiane all’estero. Lo stesso disegna un’offerta formativa complessiva al fine di superare la frammentazione esistente e trasferire all’estero il modello formativo del nostro Paese, quale riformato dalla Legge n. 107 del 2015.
La creazione del «sistema della formazione italiana nel mondo» crea sinergie fra le scuole italiane all’estero e le altre iniziative formative nazionali presenti al di fuori del Paese al fine di promuovere e diffondere la lingua e la cultura italiana all’estero. La stessa sinergia fra il Miur e il Ministero degli affari economici e della cooperazione internazionale viene rafforzata attraverso l’istituzione di un’apposita Cabina di Regia. Allo stesso sistema partecipano, nel contempo, altri soggetti pubblici e privati, inclusi gli istituti italiani di cultura e gli enti gestori attivi nella diffusione e promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo.
Il Ministero dell’istruzione e della ricerca viene incaricato di selezionare e di destinare all’estero il personale e pubblicare sul portale della scuola i dati relativi al sistema della formazione italiana nel mondo, al fine di accrescerne la trasparenza e la valorizzazione.
La rafforzata sinergia fra Miur e Maeci permette di istituire, di trasformare e di ridefinire le scuole statali all’estero, di riconoscerne la parità e, infine, istituire sezioni italiane all’interno di scuole non italiane. Vengono promosse, altresì, iniziative per la lingua e la cultura italiana all’estero, inviati lettori presso università o scuole all’estero e individuati i nuovi requisiti culturali e professionali fondamentali del personale da inviare all’estero. Sono individuati, infine, gli obiettivi, le modalità e i criteri per la nuova valutazione dell’offerta formativa delle scuole italiane all’estero, nonché delle altre iniziative.

Fonte:www.quotidianogiuridico.it/La Buona scuola: i decreti attuativi in GU | Quotidiano Giuridico

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