La recente sentenza delle Sezioni Unite penali n. 10959/2016 ha statuito che il dettato dell’art. 408, comma 3-bis, c.p.p., che dispone l’obbligo di notificare alla persona offesa la richiesta di archiviazione nel caso di delitti commessi con violenza alla persona, è riferibile ai reati di atti persecutori (art. 612-bis) e di maltrattamenti (art. 572 c.p.), dovendosi intendere la violenza alla persona alla luce del concetto di violenza di genere, quale risulta dalle relative diposizioni del diritto internazionale recepite e del diritto comunitario: quindi comprensivo anche della minaccia.
Il caso ed il ricorso per Cassazione.Nell’ambito di un procedimento penale avente per oggetto il delitto di atti persecutori (il c.d. stalking) di cui all’art. 612-bis c.p., la parte offesa ricorreva per Cassazione, lamentando di non avere ricevuto avviso della relativa richiesta di archiviazione presentata dal p.m., e denunciando la violazione dell’art. 408, comma 3-bis, c.p.p., il quale impone tale notifica per i “delitti commessi con violenza sulla persona”, quale, per l’appunto, a suo avviso, il delitto in questione deve intendersi.
La Sezione Quinta della Suprema Corte, investita del ricorso, rilevava una situazione giuridica che si presta a due diverse e contrastanti interpretazioni. Premesso che la fattispecie dell’art. 612-bis c.p. contempla reiterate condotte di “minaccia”, si tratta di intendere se l’espressione “violenza alla persona” di cui al citato art. 408, comma 3-bis, c.p.p. debba interpretarsi nel senso della sola violenza fisica ovvero inclusivo anche di quella morale o psicologica, id est della minaccia, come inteso dal ricorrente.
Invero, la citata disposizione del codice rito è stata introdotta dall’art. 2, comma 1, lett. G, del d.l. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, con la legge 15 ottobre 2013, n. 119, (la c.d. legge sul “femminicidio”), la quale normativa ha anche introdotto (art. 2, comma 1, lett. H) nel codice di rito l’art. 415-bis, che sancisce l’obbligo di notificare alla persona offesa l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ove trattasi dei delitti di cui agli artt. 572 (maltrattamenti) e 612-bis (atti persecutori) c.p.
La rimessione alle Sezioni Unite. Pertanto, secondo una prima interpretazione, seguendo la ratio della normativa sul femminicidio, se nelle predette ipotesi delittuose deve notificarsi l’avviso di conclusione delle indagini, similmente, e a fortiori, dovrebbe notificarsi la richiesta di archiviazione. Tuttavia, una seconda interpretazione potrebbe addivenire ad una soluzione opposta: la mancata riproduzione nell’art. 408, comma 3-bis, delle norme elencate dall’art. 415-bis potrebbe significare la netta esclusione di tali fattispecie nella prima disposizione.
Donde la decisione di rimettere alle Sezioni Unite la risoluzione del quesito se l’espressione normativa “violenza alle persone”, di cui all’art. 408, comma 3-bis, c.p.p. comprenda le sole condotte di violenza fisica o includa anche quelle di minaccia, e se di conseguenza il reato di cui all’art. 612-bis, c.p. sia incluso fra quelli per i quali la citata disposizione prevede la necessaria notifica alla persona offesa dell’avviso della richiesta di archiviazione.
L’impostazione delle Sezioni Unite. Le Sezioni Unite prendono le mosse dal concetto di violenza quale espresso dagli atti internazionale o sovranazionali cogenti per il nostro ordinamento giuridico, alla stregua di un’ampia e dettagliata ricognizione che può sintetizzarsi nei punti a seguire.
1) L’art. 408, comma 3-bis, c.p.p. è stato introdotto, come cennato, dal d.l. n. 93/2013, convertito, con modificazioni nella l. n. 119/2013, il quale ha dato attuazione alla legge 27 giugno 2013, n. 77, di ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011.
A tale proposito deve notarsi che il d.l. n. 93/2013 nell’introdurre il comma 3-bis nell’art. 408 c.p.p. disponeva la comunicazione alla persona offesa della richiesta di archiviazione “per il reato di cui all’art. 572 del codice penale”, così come introduceva, nell’art. 415 c.p.p. l’obbligo di dare avviso alla persona offesa della conclusione delle indagini preliminari “quando si procede per il reato di cui all’art. 572 c.p.”. È stato in sede di conversione che la comunicazione di cui all’art. 408 c.p.p. è stata estesa in ordine a tutti i delitti commessi con violenza alle persone, mentre in quella di cui all’art 415 c.p.p. è stato aggiunto il riferimento all’art. 612-bis c.p. Come dire che tali scansioni processuali sono state ampliate a favore di tutti i soggetti “deboli” vittime del reato in modo da informarli in ordine all’esercizio dell’azione penale.
Infatti, la Convenzione di Istanbul effettua in ordine al concetto di violenza le seguenti definizioni (art. 3): a) con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” intende designare tutti gli atti di violenza fondati sul genere suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti; b) l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner.
2) La direttiva 2912/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato è stata attuata con il d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212. Ebbene, nelle Premesse, nel definire la violenza di genere (n. 17), afferma che può provocare un danno fisico, sessuale o psicologico, o una perdita economica alla vittima. Parimenti, del definire la violenza nelle relazioni strette (n. 18) sottolinea che include la violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica e provocare un danno fisico materiale o emotivo.
Vero è che tali definizioni non compaiono dei testi normativi di produzione interna, ma le SS.UU. evidenziano come, anche alla luce dell’art. 117, comma primo, Cost. sussiste l’obbligo di interpretazione conforme, che impone, ove la norma interna si presti a diverse interpretazioni o abbia margini di incertezza, di scegliere quella che consenta il rispetto degli obblighi internazionali.
3) La Direttiva 2011/36/UE per la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e di protezione delle vittime, attuata con il d.lgs. 4 marzo 2014, n. 24, ha indicato quali “violenze gravi alla persona” la tortura, l’uso forzato di droghe, lo stupro e altre forme di violenza psicologica, fisica o sessuale.
4) La Direttiva 2011/99/UE, volta ad istituire l’Ordine di protezione europeo (OPE), è stata attuata con il d.lgs. 11 febbraio 2015, n. 9. Deve sottolinearsi (n. 9 e 11 del Considerando) che i destinatari delle misure di protezione sono le vittime di reati che mettano in pericolo la vita, l’integrità fisica o psichica, la libertà personale, la sicurezza o l’integrità sessuale del soggetto da proteggere e che una posizione di particolare rilievo è attribuita alle vittime della violenza di genere, che si esprime con violenze fisiche, molestie, aggressioni sessuali, stalking, intimidazioni o altre forme indirette di coercizione.
Insomma, dalle lettura delle fonti sovranazionali emerge come l’espressione “violenza alla persona” sia sempre intesa in senso ampio, comprensiva non solo delle aggressioni fisiche, ma anche morali, psicologiche.
La decisione delle Sezioni Unite. Le SS.UU., pertanto, constatano, da un lato, come l’obbligo di avviso alla persona offesa dai reati commessi con violenza alla persona, di cui all’art. 408, comma 3-bis, c.p.p., è stato introdotto al fine di ampliare i diritti di partecipazione della vittima al procedimento penale, come testimoniato dall’emendamento che ha esteso la tutela oltre le fattispecie originariamente indicate; mentre, dall’altro lato, come la nozione di violenza adottata in ambito internazionale e comunitario sia più ampia di quella positivamente disciplinata dal codice penale, sicuramente comprensiva di ogni forma di violenza fisica o morale, tale da cagionare una sofferenza anche solo psicologica alla vittima del reato.
In conclusione le Sezioni Unite enunciano i seguente principio di diritto: “La disposizione dell’art. 408, comma 3-bis, c.p.p., che stabilisce l’obbligo di dare avviso alla persona offesa delle richiesta di archiviazione con riferimento ai delitti commessi con violenza alla persona, è riferibile anche ai reati di atti persecutori e di maltrattamenti, previsti rispettivamente dagli articoli 612-bis e 572 cod. pen., poiché l’espressione ‘violenza alla persona’ deve essere intesa alla luce del concetto di violenza di genere, quale risulta dalle pertinenti disposizioni di diritto internazionale recepite e di diritto comunitario”.
In definitiva, essendo fondato il ricorso, il provvedimento impugnato viene annullato senza rinvio, con trasmissione degli atti alla Procura competente per l’ulteriore corso.
Conclusione. La decisione è di particolare rilievo e di più ampia portata rispetto alla fattispecie in oggetto, in quanto riferibile a fattispecie similari penalmente rilevanti: si pensi, ad esempio, all’art. 649 c.p., il quale esclude la punibilità, ovvero la sottopone a querela di parte, nel caso di reati contro il patrimonio commessi nell’ambito familiare, tranne che nei casi (comma 3) nei quali il delitto sia commesso “con violenza alle persone”: ora da intendersi come violenza anche psichica (la minaccia) e non solo fisica.
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Fonte: www.quotidianogiuridico.it
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giovedì 31 marzo 2016
Per le Sezioni Unite è violenza alla persona non solo quella fisica ma anche quella morale
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