La Consulta promuove le disposizioni sul patteggiamento e sulla sospensione condizionale della pena.
In tema di reati tributari, non violano la Costituzione né il limite posto al patteggiamento (subordinato all’estinzione del debito tributario) né il divieto di sospensione condizionale della pena per i delitti di cui agli artt. 2 e 10 del D.Lgs. n. 74/2000. È quanto emerge dalla sentenza n. 95/15 della Corte Costituzionale.
La Consulta ha escluso che violi gli artt. 3, 25 e 27 della Costituzione – come invece prospettato dal giudice remittente - l’art. 12, comma 2-bis, del D.Lgs. n. 74/2000, aggiunto dall’art. 2, comma 36-vicies semel, lettera h), del D.L. n. 138/2011 (L. n. 148/2011), in forza del quale l’istituto della sospensione condizionale della pena non si applica ai delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del medesimo decreto legislativo, quando l’ammontare dell’imposta evasa superi – congiuntamente – il trenta per cento del volume d’affari e tre milioni di euro.
Sul fronte del patteggiamento, l’art. 13, comma 2-bis, del D.Lgs. n. 74/2000, stabilisce che, per i delitti tributari, l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. può essere chiesta dalle parti solo qualora ricorra la circostanza attenuante di cui ai commi 1 e 2 dello stesso art. 13; cioè, solo nel caso di estinzione, mediante pagamento, dei debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei predetti delitti. Ebbene, con riguardo a questa previsione, la Consulta ha disatteso la tesi del giudice remittente secondo cui la norma violerebbe tanto l’art. 3 Cost. - stante l’irragionevole disparità di trattamento tra soggetti imputati del medesimo reato, a seconda delle loro condizioni economiche - quanto l’art. 24 Cost., essendo limitato il diritto di difesa dell’imputato non abbiente, il quale vedrebbe precluso l’accesso al rito speciale esclusivamente per motivi legati alla propria condizione d’impossidenza.
La Consulta ricorda come già in passato abbia rilevato che qualunque norma che imponga oneri patrimoniali per il raggiungimento di determinati fini risulta diversamente utilizzabile a seconda delle condizioni economiche dei soggetti interessati a conseguirli. Non per questo solo, tuttavia, essa è costituzionalmente illegittima. Ciò avviene esclusivamente in due ipotesi: da un lato, quando ne risulti compromesso l’esercizio di un diritto che la Costituzione garantisce a tutti paritariamente (quale il diritto di azione e difesa in giudizio); dall’altro, quando gli oneri imposti non risultino giustificati da ragioni connesse a circostanze obiettive, così da determinare irragionevoli situazioni di vantaggio o svantaggio.
Ma nessuna di queste due ipotesi, secondo i giudici costituzionali, è ravvisabile nella specie. La seconda ipotesi non ricorre, perché il generale interesse pubblico all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato, anche per il suo valore sintomatico del processo di ravvedimento del reo, si coniuga allo specifico interesse all’integrale riscossione dei tributi evasi. Quanto alla prima ipotesi, invece, se è vero che la facoltà di chiedere i riti alternativi costituisce una modalità di esercizio del diritto di difesa, la negazione di questa facoltà per una determinata categoria di reati non ne determina una compressione decisiva. La possibilità di chiedere l’applicazione della pena non può essere considerata condizione essenziale per un’efficace tutela della posizione giuridica dell’imputato. Si aggiunga che, come evidenziato dalla difesa dello Stato, con riguardo ai reati tributari vi è, di regola – anche se non immancabilmente – una diretta correlazione tra entità del danno cagionato e risorse economiche del reo (ove questi si identifichi nel contribuente persona fisica), o da lui comunque gestite (ove si tratti dell’amministratore o del liquidatore di società o enti), posto che il profitto conseguente al reato corrisponde all’imposta sottratta al fisco.
fonte: www.fiscal-focus.info//Reati tributari. Patteggiamento a prova di Costituzione - fiscal-focus.info - Il Quotidiano del Professionista
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giovedì 4 giugno 2015
Reati fiscali: sì al patteggiamento previa estinzione del debito tributario
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