giovedì 15 maggio 2014

Donna e madre di un bimbo di neanche 3 anni, ma incline al delitto: sì al carcere

Di fronte alla condotta tenuta dalla donna, capace di violare ripetutamente i vincoli imposti col regime degli arresti domiciliari, passa in secondo piano la sua situazione familiare, ossia il suo ruolo di madre di un bambino, con lei convivente. Dato di fatto indiscutibile: la giovane donna, finita sotto accusa per aver preso parte ad una associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, è madre di un bambino di neanche 3 anni di età. Ma ciò non può rappresentare un mezzo da utilizzare per evitare il peggioramento della misura cautelare subita, ossia il passaggio dai semplici arresti domiciliari alla custodia in carcere. Decisiva è la valutazione della condotta tenuta dalla donna, capace di replicare, più e più volte, la violazione dei domiciliari, provando poi ad appigliarsi strumentalmente al proprio ruolo di madre (Cassazione, sentenza 10260/14). Netta la posizione assunta dai giudici, i quali hanno valutato come corretto «l’aggravamento degli arresti domiciliari, sostituiti con la custodia in carcere» nei confronti di una giovane donna, resasi protagonista, secondo l’accusa, di un’associazione operativa sul fronte del «traffico di sostanze stupefacenti». E tale misura cautelare è ‘sigillata’ nonostante la donna sia madre. Proprio su questo punto, però, ella si sofferma con attenzione, evidenziando la propria condizione di «madre di prole di età non superiore ai 3 anni, con lei convivente», e sostenendo, quindi, la illegittimità della decisione di ‘mutare’ gli «arresti domiciliari» in «custodia in carcere». Personalità. Ma l’obiezione non regge. Almeno questa è l’opinione dei giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, alla luce della ricostruzione della vicenda, evidenziano il peso specifico del comportamento tenuto dalla donna, la quale ha violato gli «obblighi imposti con gli arresti domiciliari precedentemente concessi». Detto in maniera ancora più chiara, «se la eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari richiesta per l’applicazione della misura custodiale di massimo rigore per i soggetti contemplati dall’art.275 del c.p.p.» – in questo caso, per la precisione, «donna madre di prole di età inferiore a 3 anni, con lei convivente» – «è quella di contemperare le necessità di cautela con le esigenze di tutela di particolari condizioni personali», tuttavia «la trasgressione delle prescrizione imposte con gli arresti domiciliari palesa una situazione nella quale la sussistenza di dette condizioni perde effettivo rilievo, in quanto risulta evidente che esse non impediscono comunque la elusione delle regole dettate per la misura meno afflittiva, giustificandosi, conseguentemente» la revoca dei domiciliari e la «sostituzione con la custodia cautelare in carcere». Tale visione si attaglia perfettamente alla vicenda: ciò perché la donna si è resa protagonista di «reiterate violazioni», ultima, in ordine di tempo, quella relativa a una «visita» non autorizzata al marito, «ristretto presso una casa circondariale». Peraltro, evidenziano ancora i giudici, la donna ha provato a fare un «uso strumentale della maternità». Complessivamente, è evidente la «pericolosità» della donna, in possesso di una «personalità proclive al delitto» e tendenzialmente indifferente alle «elementari regole di comportamento imposte dal regime custodiale applicato».

Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Donna e madre di un bimbo di neanche 3 anni, ma incline al delitto: sì al carcere

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