Svariate pronunce di addebito nella giurisprudenza più risalente trovano fondamento nella violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale.
L’obbligo di fedeltà, inteso in maniera restrittiva, si identifica nel dovere di astensione da atti sessuali con persona che non sia il coniuge mentre, se lo valutiamo in senso più ampio esso rappresenta il dovere generico di non tradire la fiducia reciproca.
L’incidenza del tradimento sulla crisi
La Corte di cassazione, con sentenza 6697 del 19 marzo 2009, ha sancito che la separazione non può essere addebitata al coniuge infedele, qualora l’incidenza del tradimento sulla relazione coniugale non abbia spiegato effetti negativi sull’unità familiare e qualora la relazione sia giunta alla rottura per il concorrere di altri motivi.
Pertanto, l’infedeltà non è il presupposto sufficiente per ottenere la pronuncia di addebito, essendo parimenti necessario che essa sia stata causa della fine dell’unione tra i coniugi secondo un rapporto di causalità stringente e diretto tra infedeltà ed intolleranza della convivenza.
Ove la crisi coniugale fosse già così grave dall’avere irrimediabilmente compromesso l’unione matrimoniale e dall’avere determinato l’intollerabilità della convivenza, la violazione dell’obbligo di fedeltà, non sarà di per sé motivo sufficiente per la pronunzia di addebito. Sarà però necessario un accertamento rigoroso da parte del giudice il quale, nell’ambito dell’istruttoria dovrà verificare se effettivamente quella specifica unione matrimoniale avesse, al momento del comportamento infedele, assunto ormai i connotati della convivenza formale, a nulla rilevando, l’eventuale tolleranza di un coniuge rispetto alla violazione dell’obbligo di fedeltà posta in essere dall’altro.
Il lento e progressivo deterioramento del rapporto
È pertanto da ritenersi correttamente motivata una sentenza che respinga la richiesta di addebito, basandosi sul rilievo del lento e progressivo deterioramento del rapporto affettivo dei coniugi e della difficoltà di collocare la ragione della rottura in determinati comportamenti tenuti dall’una o dall’altra parte. In effetti, spesso non è agevole, accertare se l’infedeltà coniugale è la causa o un semplice effetto della rottura del rapporto. A tal fine non si potrà prescindere da un’attenta e rigorosa istruttoria, volta ad acquisire ogni elemento utile. Sarà opportuno non solo sentire i coniugi in sede di interrogatorio ma, altresì, ascoltare i vari testi citati dalle parti, valutandone attentamente anche l’attendibilità tenuto conto dei rapporti personali o familiari che spesso legano le parti in causa con i testimoni citati, rendendo le testimonianze di questi ultimi, non sempre genuine.
Le prove documentali e le agenzie investigative
Anche le prove documentali e precostituite hanno sicuramente la loro importanza ai fini, non soltanto della prova dell’esistenza della relazione extraconiugale, ma anche ai fini della dimostrazione dell’impatto che tale relazione ha avuto sul rapporto matrimoniale.
Basti pensare ai rapporti scritti, corredati da documentazione fotografica o video, che vengono redatti dalle agenzie investigative. Attraverso tali report, sarà più agevole ricostruire l’evoluzione del rapporto extraconiugale, valutandone la durata, l’intensità delle frequentazioni, l’atteggiamento dell’altro coniuge, ecc. Le risultanze dei suddetti rapporti investigativi, al fine di acquisire una piena efficacia probatoria, dovranno essere oggetto di specifica prova testimoniale per capitoli resa da parte degli operatori che hanno effettuato in prima persona i “pedinamenti”. Altrimenti, la documentazione ed i report prodotti avranno un’efficacia probatoria limitata essendo questi equiparati a delle scritture private. Ovviamente, il giudice nell’ambito dei poteri conferitogli dall’articolo 116 del codice di procedura civile potrà, comunque, valutare quanto indicato e riportato nelle relazioni investigative come rilevante ai fini della decisione.
Ritengo che le relazioni investigative, ove prodotte dalla parte debbano in qualità di scritture private essere, eventualmente, contestate dalla controparte che le ritiene “non veritiere” nel primo atto difensivo utile successivo alla produzione. Tali contestazioni, come più volte espresso dalla Giurisprudenza della Corte di cassazione, dovranno essere specifiche e circostanziate.
Il caso dell’offesa della dignità
A prescindere dal rapporto causa/effetto tra infedeltà e rottura dell’unione, qualora il comportamento del coniuge infedele sia così grave da comportare un’offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge, manifestandosi ad esempio, in comportamenti esteriori volti a rendere palese anche nei confronti dei terzi la relazione extraconiugale, esso potrà di per sé essere valutato come motivo di addebito della separazione.
L’infedeltà platonica
In tal senso la dottrina ha recentemente concepito una nuova forma di infedeltà coniugale, la quale pur se non consumata fisicamente, può comportare una grave offesa all’onore e alla dignità dell’altro coniuge, tanto da divenite motivo di addebito della separazione. Ci riferiamo alla cosiddetta infedeltà platonica o virtuale e cioè, quel rapporto extraconiugale che non si concretizza in un rapporto sessuale. La questione è stata compiutamente affrontata dalla prima sezione civile della Corte di cassazione con la sentenza n. 15557 del 2008. Nel caso in questione la Corte ha considerato il comportamento tenuto dal coniuge, il quale aveva avviato una relazione di tipo platonico, come grave violazione del rapporto di fiducia reciproca, che deve sovraintendere ad ogni unione matrimoniale.
Vi è un accostamento tra concetto di fedeltà coniugale e quello di lealtà; lealtà che impone di sacrificare gli interessi e le scelte individuali di ciascun coniuge che si rivelino in conflitto con gli impegni e le prospettive della vita comune. In questo quadro la fedeltà affettiva diventa componente di una fedeltà più ampia che si traduce nella capacità di sacrificare le proprie scelte personali a quelle imposte dal legame di coppia e dal sodalizio che su di esso si fonda.
Quando cessa l’obbligo di fedeltà
Vediamo a questo punto quando viene a cessare l’obbligo di fedeltà tra i coniugi. Secondo parte della giurisprudenza (vedasi tra tutte la pronunzia della Corte di cassazione n. 6612 del 1994), l’obbligo di fedeltà andrebbe osservato anche nelle more del giudizio di separazione. Mentre, per altra parte della giurisprudenza (tra tutte Cass. civ., n. 6566 del 1997) l’obbligo di fedeltà cessa nel momento in cui i coniugi sono autorizzati a vivere separati.
Il risarcimento dei danni
A prescindere dalla pronunzia di addebito ove il comportamento del coniuge infedele abbia cagionato, per la sua gravità ed intensità, una lesione a diritti costituzionalmente garantiti dell’altro coniuge quest’ultimo è legittimato ad agire attraverso autonomo giudizio per la richiesta di risarcimento dei danni endofamiliari.
Se sotto un profilo patrimoniale la pronunzia di addebito della separazione determina in capo al coniuge “colpevole” la perdita del diritto al mantenimento e dei diritti successori mentre, il risarcimento del danno non patrimoniale può trovare ingresso solo ed unicamente attraverso una separata azione giudiziaria.
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fonte: ilsole24ore/No all’addebito per il coniuge infedele se il rapporto era già logorato
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venerdì 11 ottobre 2013
No all’addebito per il coniuge infedele se il rapporto era già logorato
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