venerdì 11 ottobre 2013

Grevi insulti ‘familiari’, ma ad essere offesa è la destinataria materiale dei messaggi: condanna per ingiuria

Messaggi poco gradevoli ricevuti, in un arco temporale ristretto, sul proprio telefonino: non si può, però, parlare di molestia. Possibile, invece, la contestazione del reato di ingiuria: è bastevole, difatti, a prescindere dalla volontà effettiva dello scrivente, il ricorso ad espressioni che l’uomo medio interpreta come offensive (Cassazione, sentenza 22013/13). Respinta, in via definitiva, l’opposizione proposta dalla donna, autrice dei messaggi incriminati, alla condanna comminatale in Corte d’Appello. Non regge, infatti, la tesi difensiva, fondata sulla presunta «innocuità delle espressioni adoperate», sulla «diffusione» ristretta «al nucleo familiare» della persona destinataria dei messaggi, e, infine, sulla, nuovamente presunta, carenza di «intento offensivo» verso la proprietaria del telefonino. Su quest’ultimo, in particolare, viene sostenuto che i veri destinatari erano «altre persone, legate» alla proprietaria del telefonino... Praticamente quasi ‘complimenti’ trasversali! Ottica assolutamente non comprensibile, ribattono i giudici della Cassazione, che richiamano l’evidente «contenuto offensivo dei messaggi» – “siete una famiglia di t...” e “sei una t... come tua zia”, a mo’ di esempio –, e non considerano possibile mettere in discussione l’obiettivo della scrivente. Ciò perché, viene ribadito, «è sufficiente il dolo generico, che può assumere anche la forma del dolo eventuale», bastando il ricorso consapevole a «parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive» e «impiegate», come in questa vicenda, «in base al significato che esse vengono oggettivamente ad assumere».

Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Grevi insulti ‘familiari’, ma ad essere offesa è la destinataria materiale dei messaggi: condanna per ingiuria

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