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giovedì 3 ottobre 2013
Contagio da HCV a seguito di somministrazione di immunoglobuline
Il Tribunale di Reggio Emilia, Giudice dott.ssa Maria Rita Serri, con la sentenza n. 225 del 25 luglio 2013 ha riconosciuto il nesso di causa tra la somministrazione di immunoglobuline antitetaniche (PARTOBULIN nel caso specifico) ed il contagio da virus HCV sulla base del criterio del “ più probabile che non”, condannando il Ministero della Salute a corrispondere in favore del danneggiato l’indennizzo previsto dalla legge 210/1992.
Nel caso di specie, la ricorrente ritenendo di aver contratto patologia HCV correlata a seguito di somministrazione di Partobulin 250 mcg (immunoglobulina umana antiRH) per via intramuscolare, avvenuta il 10/06/1988 durante un ricovero ospedaliero presso una struttura sanitaria del parmense, presentava istanza per il riconoscimento dell’indennizzo ex legge 210/1992.
Il Ministero della Salute respingeva in via amministrativa la richiesta presentata dalla ricorrente ritenendo non sussistere il nesso causale tra la somministrazione di immunoglobuline antitetaniche intramuscolo e la patologia HCV correlata sulla motivazione che in letteratura medica internazionale non sono riportati casi scientificamente dimostrabili di infezione da virus HCV ascrivibili alla somministrazione di immunoglobuline intramuscolo, ivi incluse le antitetaniche.
Nel corso degli anni l’Ufficio Medico Legale del Ministero della Salute ha sempre respinto le richieste dei danneggiati da virus HCV a seguito di somministrazione di immunoglobuline antitetaniche intramuscolo richiamando come motivazioni diverse pronunce dell’Istituto Superiore di Sanità:
OTTOBRE 2002 “… i soli episodi di trasmissione virale certa riportati in letteratura sono riferibili all’impiego di lotti sperimentali di Immunoglobuline, ovvero di preparazioni sviluppate in impianti pilota o ottenute con procedimenti alternativi al frazionamento alcoolico ( metodo di Cohn) come ad esempio il metodo di Hoppe che utilizza un procedimento cromatografico per la preparazione delle immunoglobuline…”;
GIUGNO 2003 “…..in letteratura non sono a tutt’oggi riportati casi scientificamente dimostrati di trasmissione del virus dell’epatite C con l’uso di Immunoglobuline umane per via intramuscolare. Oltre al famoso caso Gammagard (1992-1993) ( peraltro ben noto e circoscritto), i soli casi di trasmissione di HCV si sono verificati negli anni 80’ con Immunoglobuline ad uso endovenoso non sottoposte a fasi specifiche di inattivazione virale. Si è inoltre fatta molta confusione con i numerosi casi verificatisi in Irlanda ( vedasi a tale proposito quanto citato espressamente nel ricorso proposto dagli eredi del sig. …) ed in Germania a seguito di somministrazione di Immunoglobuline anti-D erroneamente classificate come intramuscolari. In realtà si trattava di Immunoglobuline per uso endovenoso prodotte con il metodo cromatografico di Hoppe anziché con il frazionamento alcoolico di Cohn..”
GIUGNO 2003 ( altro documento) “… a nostra conoscenza, dalla letteratura scientifica non sono mai stati riportati casi di infezione da virus C ascrivibili alla somministrazione di Immunoglobuline antitetaniche o alla somministrazione di Immunoglobuline intramuscolari più in generale. L’allarme provocato dal ritrovamento del genoma virale del virus dell’epatite C ( HCV-RNA) in alcuni lotti di Immunoglobuline intramuscolari, non saggiate per anti-HCV e prodotti prima del 1993, non è mai stato suffragato dalla segnalazione e dalla dimostrazione scientifica di casi di epatite nei riceventi di tali immunoglobuline. Inoltre, le Immuglobuline intramuscolari prodotte secondo il metodo di Cohn ( metodo utilizzato in Italia sin dagli anni ’70) sono state definite sicure dai Centers for Disease Control di Atlanta e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità). E’ bene sottolineare che il riscontro di HCV-RNA in una data sostanza non comporta necessariamente che in questa sostanza siano presenti particelle virali infettanti, capaci cioè di trasmettere l’infezione. Da ultimo, gli studi sperimentali del Prof. Piazza e le conclusioni da lui tratte concordano nell’affermazione della sicurezza, per quanto riguarda la possibile trasmissione dell’infezione da HCV delle Immunoglobuline intramuscolari…”.
Nel corso del giudizio dinanzi al Tribunale di Reggio Emilia Sezione Lavoro, il consulente medico d’ufficio nominato dal Giudice pur ritenendo sicura la somministrazione intramuscolo del Partobulin ( immunoglobulina antitetanica), riconosceva tuttavia che un rischio teorico di trasmissione virale sussiste.
Analizzando il caso concreto il CTU constatava che la ricorrente aveva effettuato la somministrazione di Partobulin nel giugno 1988, durante un ricovero ospedaliero presso una struttura sanitaria del parmense, e che nel mese di luglio 1988 nella stessa struttura sanitaria le era stata diagnosticata una Epatite acuta virale di tipo non A e non B.
Pertanto, riteneva soddisfatto il criterio cronologico dato il periodo di poche settimane tra la somministrazione del Partobulin e la prima comparsa di sintomi della sofferenza epatica.
Inoltre, considerato che la ricorrente prima del ricovero del giugno 1988 non risultava affetta da evidenti epatopatie e che dall’anamnesi non risultavano noti altri fattori di rischio quali alcool, uso di sostanze stupefacenti, accesso nel 1988 a cure odontoiatriche, abuso di farmaci (paracetamolo) nel 1988, il Ctu concludeva la sua relazione ritenendo verosimile e “compatibile” la correlazione tra la somministrazione di Partobulin e la patologia HCV correlata da cui risultava affetta la ricorrente.
Il Tribunale facendo proprie le conclusioni del CTU riconosceva il nesso di causa tra la somministrazione di immunoglobuline antitetaniche (PARTOBULIN nel caso specifico) ed il contagio da virus HCV sulla base del criterio del “ più probabile che non”, condannando il Ministero della Salute a corrispondere in favore del danneggiato l’indennizzo previsto dalla legge 210/1992.
fonte: ilsole24ore/Contagio da HCV a seguito di somministrazione di immunoglobuline
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