giovedì 3 ottobre 2013

Comportamento illegittimo della Pa? Sì al danno esistenziale

Cassazione civile , SS.UU., sentenza 05.09.2013 n° 20360

Con la sentenza 5 settembre 2013, n. 20360 la Corte di Cassazione a Sezioni Unite rigetta il ricorso contro una decisione del Consiglio di Stato confermativa di una sentenza del TAR Lazio, che aveva respinto una domanda proposta contro il Ministero della Giustizia, avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivante da illegittima esclusione da concorso con successiva immissione in servizio, a seguito di annullamento giurisdizionale dell'esclusione.

In particolare, secondo la Suprema Corte, il Consiglio di Stato ha confermato il rigetto della domanda di risarcimento del danno, proposta dalla ricorrente sul rilevo che la mera illegittimità dell'atto non è di per sè sufficiente ai fini del riconoscimento ex art. 2043 c.c. della responsabilità della Amministrazione occorrendo a tale scopo anche la dimostrazione della colpa della P.A. Analogamente, ha rilevato il Consiglio di Stato, che ai fini del risarcimento del danno esistenziale ex art. 2059 c.c. il pretium doloris del concorrente illegittimamente escluso e poi assunto in ritardo, può trovare spazio, secondo conforme giurisprudenza del Consiglio stesso, solo in presenza di comprovati profondi turbamenti della psiche del concorrente causati da danni o comportamenti dell'amministrazione.

Secondo, invece, il ricorrente il Consiglio di Stato avrebbe realizzato una violazione dei limiti esterni della giurisdizione con riferimento agli artt. 24 e 103 Cost. e art. 111 Cost., commi 1 e 8 nonché un eccesso di potere giurisdizionale sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera di merito e sostituzione provvedimentale con rifiuto della giurisdizione per omesso riconoscimento del bene della vita.

A fronte di tali censure la Suprema Corte sostiene che l'eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 3, sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito, è configurabile solo quando l'indagine svolta non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, ma sia stata strumentale a una diretta e concreta valutazione dell'opportunità e convenienza dell'atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell'annullamento, esprima una volontà dell'organo giudicante che si sostituisce a quella dell'amministrazione. Inoltre l'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è configurabile solo qualora il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un'attività di produzione normativa che non gli compete e non quando il Consiglio di Stato si sia attenuto al compito interpretativo che gli è proprio, ricercando la voluntas legis applicabile nel caso concreto.

Alla stregua della decisione del Consiglio di Stato impugnata dalla ricorrente è evidente, quindi, che il rigetto della domanda, essendo fondato sull'interpretazione di norme invocate a sostegno della pretesa, non esprime una volontà dell'organo giudicante che si sostituisce a quella dell'amministrazione e non si basa su di un'attività di produzione normativa ovvero su un radicale stravolgimento delle norme di rito, tale da implicare un evidente diniego di giustizia. Le critiche, quindi, sono del tutto estranee all'ambito della previsione di cui all’art. 362 c.p.c. e determinano l'inammissibilità del ricorso.

fonte: Altalex.com/Comportamento illegittimo della Pa? Sì al danno esistenziale

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