mercoledì 22 febbraio 2023

Tamponamento: prevale la presunzione di esclusiva responsabilità del tamponante

Sul soggetto che urta da tergo un veicolo lungo la medesima corsia di marcia grava l'onere di provare che il tamponamento è derivato da causa a lui non imputabile (Cass. n. 3398/2023)

Due auto si scontrano e, all’esito dell’urto, una di esse tampona un ciclomotore. Il conducente di quest’ultimo agisce in giudizio al fine di ottenere il risarcimento del danno, ma i giudici di merito ritengono operante la presunzione di pari responsabilità dei conducenti, ascrivendo a ciascuno il 50% della colpa nella causazione del sinistro. Il tamponato, invece, ritiene che debba applicarsi la presunzione di esclusiva responsabilità del tamponante.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 3 febbraio 2023, n. 3398, considera fondato il ricorso presentato dal conducente del ciclomotore che ha subito il tamponamento. Infatti, la presunzione di eguale responsabilità di entrambi i conducenti – che opera nel caso di scontro tra veicoli – è superata dalla presunzione de facto di inosservanza della distanza di sicurezza da parte del tamponante (ex art. 149 c. 1 Codice della Strada). Il soggetto che tampona un veicolo ha l’onere di fornire la prova liberatoria, dimostrando che il mancato tempestivo arresto dell'automezzo e la conseguente collisione sono derivati da causa, in tutto o in parte, a lui non imputabile. Ad esempio, egli è liberato dalla responsabilità nel caso in cui dimostri che «il veicolo tamponato abbia costituito un ostacolo imprevedibile ed anomalo rispetto al normale andamento della circolazione stradale».
La vicenda
Due auto di scontrano frontalmente e, a causa dell’urto, una di esse tampona un ciclomotore che si trova davanti. Il motocilista tamponato agisce in giudizio al fine di ottenere il risarcimento del danno. In primo grado, viene ascritta una responsabilità pari al 70% ai conducenti delle due auto che si sono scontrate e il 30% al tamponato. Questi, infatti, aveva trasportato un passeggero sul suo mezzo a due ruote, benché non fosse omologato al trasporto, in violazione dell’art. 170 Codice della Strada.
In sede di gravame, la decisione viene riformata e il giudice ritiene operante la presunzione di eguale responsabilità (ex art. 2054 c. 2 c.c.), riducendo così il credito risarcitorio. I giudici, da una parte, escludono qualsiasi efficienza causale in relazione alla presenza del passeggero, mentre, dall’altra, attribuiscono rilievo al fatto che il ciclomotore, al momento del sinistro, si trovasse al di là della linea di mezzeria, seppur di poco.
La dinamica del sinistro non è stata dimostrata pienamente, così come non è stato dimostrato che il ciclomotore fosse impegnato in una manovra di sorpasso. In ogni caso, è certo che si trovasse oltre la linea di mezzeria, sulla corsia sinistra, e il giudice ha ritenuto che la posizione del mezzo a due ruote costituisse una violazione dell’obbligo di procedere sul margine destro della carreggiata, così fondando la pronuncia di corresponsabilità.
Vediamo come si sono pronunciati i supremi giudici.
Prevale la presunzione di inosservanza della distanza di sicurezza
Il conducente del ciclomotore ricorre in Cassazione, ritenendo che, nel caso di specie, non sia operante la presunzione di pari colpa (ex art. 2054 c. 2 c.c.) ma la presunzione di esclusiva responsabilità del tamponante (ex art. 149 Codice della Strada).
L’art. 149 c. 1 C.d.S. dispone che “durante la marcia i veicoli devono tenere, rispetto al veicolo che precede, una distanza di sicurezza tale che sia garantito in ogni caso l'arresto tempestivo e siano evitate collisioni con i veicoli che precedono”. Orbene, secondo il ricorrente, il fatto che l’urto tra la vettura e il ciclomotore sia avvenuto da tergo rientra nell’ambito applicativo della mentovata disposizione che, ut supra ricordato, introduce una presunzione de facto sull’inosservanza della distanza di sicurezza. Pertanto, l’accertamento del tamponamento è sufficiente ad escludere la pari responsabilità dei conducenti.
Inoltre, la sentenza gravata ha affermato che non fosse possibile ricostruire la dinamica del sinistro né stabilire se la posizione del ciclomotore fosse dovuta (o meno) ad una manovra di sorpasso, pertanto, la motivazione della pronuncia impugnata appare contraddittoria in relazione alla posizione del mezzo a due ruote.
La Suprema Corte considera fondata la doglianza.
In effetti, l'unica certezza emersa all'esito dell'istruttoria, in merito alla dinamica del sinistro, riguarda il tamponamento. Il giudice di merito, quindi, avrebbe dovuto applicare la presunzione de facto di inosservanza della distanza di sicurezza da parte del veicolo tamponante. La suddetta presunzione deroga a quella di pari responsabilità di entrambi i conducenti (ex art. 2054 c. 2 c.c.) e per superarla il soggetto tamponante ha l’onere di fornire la prova liberatoria, dimostrando che il tamponamento è derivato da causa, in tutto o in parte, a lui non imputabile(Cass. 8051/2016, Cass. 21513/2020, Cass. 18884/2015, Cass. 6193/2014).
Spetta al tamponante fornire la prova liberatoria
La giurisprudenza è costante nell’affermare che, in caso di tamponamento da tergo, spetta al soggetto tamponante fornire la prova della non imputabilità della causa del sinistro. La prova liberatoria può essere integrata da “una situazione anomala e avulsa dalle esigenze del traffico”. L’autore del tamponamento, quindi, deve dimostrare la sussistenza di tale anomalia al fine di vincere la presunzione (Cass. 17206/2015).
L’anomalia in discorso non sussiste in caso di normale marcia dei veicoli e in assenza di improvvisi e imprevedibili ostacoli. Invece, la presunzione è vinta in presenza di eventi inopinati ed estemporanei quali sbandamenti, sorpassi ed invasioni di corsia da parte dell'autovettura tamponata. In generale, va esclusa la presunzione di pari responsabilità (ex art. 2054 c. 2 c.c.) in caso di tamponamento nell’ipotesi di scontro tra veicoli in movimento (Cass. 27134/2006).
Secondo gli ermellini, i giudici di merito hanno errato nell’attribuire rilievo solo al fatto che il motociclista abbia violato l’obbligo di procedere sul margine della strada, poiché, per superare la presunzione di esclusiva responsabilità del tamponante cui all’art. 149 C.d.S., occorre che il soggetto che ha provocato l’urto offra la prova liberatoria. E, nel caso in esame, ciò non è accaduto.
Conclusioni: il principio di diritto
La Suprema Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello per la decisione nel merito che dovrà uniformarsi al seguente principio di diritto: «in caso di tamponamento tra veicoli, la presunzione di eguale responsabilità di entrambi i conducenti, di cui all'art. 2054, comma 2, c.c., è superata, ex art. 149, comma 1, C.d.S., dalla presunzione "de facto” di inosservanza della distanza di sicurezza da parte del tamponante, sul quale grava l'onere di fornire la prova liberatoria, dimostrando che il tamponamento è derivato da causa in tutto o in parte a lui non imputabile, che può consistere anche nel fatto che il veicolo tamponato abbia costituito un ostacolo imprevedibile ed anomalo rispetto al normale andamento della circolazione stradale».
fonte: altalex.com

Stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura . Ecco cosa cambia

Non si possono più cedere i crediti (o fare lo sconto in fattura) legati a tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia, dal bonus casa all’ecobonus, passando dal Superbonus e dal sismabonus, il vero motore degli interventi edilizi “quasi” a costo zero pare essersi definitivamente spento. Già da qualche mese i nodi erano venuti al pettine per l’insostenibilità finanziaria del meccanismo della cessione del credito o dello sconto in fattura legato ai lavori di ristrutturazione, soprattutto per quanto riguarda il superbonus.
Il 16 febbraio, infatti, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge che blocca senza appello le cessioni del credito d’imposta, lo stop parte dal giorno di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo del decreto, cioè dal 17 febbraio 2023. Dalla pubblicazione parte il conto alla rovescia dei 60 giorni massimi per convertire il decreto in Legge, durante questo periodo il blocco della cessione è già operativo. Vediamo cosa succede ora.

Chi può ancora cedere il credito
Partiamo dalle certezze, sicuramente non vengono impattati dal blocco delle cessioni e dello sconto in fattura i lavori iniziati antecedentemente al 17 febbraio. In particolare, per quanto riguarda il Superbonus rimane la cessione:
- per gli interventi effettuati dai condomini per i quali entro il 16 febbraio 2023 risulta adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la CILA (Comunicazione di inizio lavori asseverata);
- per gli interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici per i quali entro il 16 febbraio 2023 è stata presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo;
- per tutti gli altri interventi per i quali è stata presentata la CILA entro il 16 febbraio 2023.
Per le altre tipologie di interventi di ristrutturazione è possibile optare per la cessione se entro il 16 febbraio:
- è stata presentata la richiesta del titolo abilitativo se necessario;
- sono già iniziati i lavori (se non è necessario il titolo abilitativo);
- risulta registrato il contratto preliminare o stipulato l’atto di compravendita dell’immobile nel caso di acquisto di unità immobiliari da imprese di costruzione che hanno effettuato i lavori di ristrutturazione.
Chi non può più cedere il credito
La data spartiacque, come abbiamo visto è il 17 febbraio, in pratica tutti gli atti che hanno data antecedente si salvano, mentre per chi, per vari motivi, si è mosso tardi, non ci sono più possibilità per utilizzare la cessione del credito o lo sconto in fattura. In particolare, gli interventi esclusi sono:
- il bonus casa al 50%
- l’ecobonus;
- il sismabonus;
- il bonus facciate;
- l’installazione di impianti fotovoltaici;
- installazione di colonnine di ricarica dei veicoli elettrici;
- il bonus barriere architettoniche;
- il superbonus. 

lunedì 20 febbraio 2023

Stop alle auto diesel, benzina e ibride dal 2035. Ecco cosa cambia per i consumatori

La decisione appena presa dal Parlamento Europeo è di quelle stanno facendo discutere: dal 2035 non potranno più essere vendute e immatricolate in Europa nuove auto diesel, benzina e neppure quelle ibride. Quindi via libera solo alle auto a emissione zero, ovvero, al momento solo a quelle elettriche. E, cosa più importante, la decisione presa da Strasburgo è di quelle che non prevedono alcuna deroga (se non per i piccoli produttori).

Obbiettivo emissioni zero
Si tratta di una normativa che rientra nel pacchetto "Fit for 55", il piano UE per una transizione verde, che deve portare a un abbattimento del 100% delle emissioni di CO2 dai tubi di scappamento entro il 2035. Proprio per valutare lo stato di avanzamento di questa transizione (anche in termini di impatto sull'occupazione) nel 2026 ci sarà un momento di verifica in cui la UE potrebbe considerare modifiche alla norma o valutare nuove tecnologie (sempre a emissioni zero) in alternativa all'elettrico.
Come impatta sui consumatori?
Ma cosa ne sarà da qui al 2035 delle auto non elettriche in circolazione? Potranno ancora circolare? Potranno essere vendute come usate? Ed è vero che mi costerà di più mantenere un'auto elettrica? Proviamo a dare risposte ad alcune di queste domande.
- Posso continuare a circolare con un'auto non elettrica anche dopo il 2035?
Sì, certamente. Il provvedimento UE impatta solo sulle nuove immatricolazioni fatte a partire dal 2035. Vuol dire che fino a quel momento si possono tranquillamente acquistare e immatricolare anche auto che non siano elettriche e che dopo il 2035 queste stesse auto potranno tranquillamente continuare a circolare per le strade (salvo eventuali nuove limitazioni a livello locale, come ad esempio Area B a Milano). 
- Potrò acquistare una nuova auto ibrida (plugin hybrid) anche dopo il 2035?
No. La norma europea prevede che dal 2035 non siano più vendute e immatricolate auto motorizzate con un sistema di combustione termica (responsabile delle emissioni di CO2), anche se presente su veicoli ibridi. Detta in soldoni, quando un'auto ibrida plugin non funziona in elettrico, subentra il motore a combustione, che produce comunque CO2 (l'emissione della quale è vietata dal 2035).
- Se ne ho appena acquistata una ibrida, potrò rivenderla come usato?
Le auto che sono già in circolazione nel 2035 non verranno toccate dal divieto. Quindi possiamo supporre che, oltre che essere utilizzate, potranno anche essere vendute come usato. Bisognerà però capire quale sarà la richiesta. E’ veramente difficile immaginare oggi come sarà composto il parco circolante al 2035 (e come sarà il mercato dell’usato).
- Le assicurazioni saranno più alte?
La quota di mercato delle auto elettriche “pure” è ancora molto piccola in Italia e quindi, al momento, i costi di riparazione delle stesse non incidono in maniera significativa sul costo medio dei sinistri. La polizza per un’auto elettrica è al momento generalmente più conveniente rispetto a quella per un’auto di pari segmento alimentata a benzina, in media intorno al 20%. Una cosa però che potrebbe cambiare con l'aumento del numero delle auto elettriche in circolazione e quindi con l'aumento dei sinistri che vedono veicoli elettrici coinvolti.
Inoltre la tecnologia applicata ai veicoli elettrici ha ancora costi molto elevati. Questo si traduce in alti costi di acquisto per i consumatori, ma anche potenzialmente in alti costi di riparazione per le assicurazioni in caso di incidente: un altro fattore che in genere influisce sulla formulazione dei premi assicurativi. Tuttavia, è ragionevole pensare che col passare del tempo anche queste tecnologie (che tra l’altro sono in evoluzione costante) saranno disponibili a costi sempre più bassi.

giovedì 16 febbraio 2023

Agenzia-Riscossione: al via il servizio web per l'elenco delle cartelle rottamabili

Al via il servizio web per richiedere l'elenco delle cartelle che possono essere "rottamate". Sul sito dell'Agenzia Riscossione è possibile compilare direttamente online la domanda per ottenere via e-mail il Prospetto informativo con il dettaglio di cartelle, avvisi di accertamento e avvisi di addebito che rientrano nella Definizione agevolata prevista dalla Legge di Bilancio 2023. Il Prospetto consente di visionare il debito attuale e gli importi dovuti a titolo di Definizione agevolata, privi pertanto di sanzioni, interessi e aggio. Sono riportate, quindi, tutte le informazioni per valutare la propria situazione e individuare i debiti che possono essere inseriti nella domanda di adesione da presentare in via telematica entro il 30 aprile 2023. Sará possibile pagare in un'unica soluzione o in un massimo di 18 rate in 5 anni, con prima scadenza fissata al 31 luglio 2023. Per richiedere online il Prospetto informativo e riceverlo via email bisogna accedere alla sezione definizione agevolata del sito www.agenziaentrateriscossione.gov.it. In area pubblica, senza necessità di pin e password, è sufficiente inserire i dati e il codice fiscale della persona intestataria dei carichi e allegare la relativa documentazione di riconoscimento. A seguito della richiesta, il sistema invierà alla casella di posta elettronica indicata una prima e-mail contenente il link per confermare la richiesta (valido solo per le successive 72 ore). Una volta convalidato il link, il servizio trasmetterà una seconda e-mail di presa in carico con il numero identificativo e la data dell'istanza. Se la documentazione risulta corretta, il contribuente riceverá una e-mail di accoglimento, con il link per scaricare il Prospetto informativo entro 5 giorni (decorso tale termine non sarà più possibile scaricare il documento). È possibile chiedere il Prospetto informativo anche dall'area riservata del sito con le credenziali Spid, Cie, Cns e, per gli intermediari fiscali, Entratel. In questo caso il contribuente visualizzerà direttamente una schermata con la conferma della presa in carico della richiesta e riceverà, entro le successive 24 ore, una e-mail all'indirizzo indicato, con il link per scaricare il Prospetto entro 5 giorni (oltre tale termine non sarà piú possibile effettuare il download).
fonte: italiaoggi.it

mercoledì 15 febbraio 2023

Scontro auto-moto: no pari responsabilità se è accertata la colpa esclusiva del motociclista

La presunzione di corresponsabilità ex art. 2054 viene meno quando la condotta di uno dei conducenti ha avuto un’efficacia causale assorbente nella produzione dell’incidente.

Una moto e una macchina procedono sulla stessa strada in direzioni opposte, l’auto mette la freccia a sinistra e il motociclista, che sta sopraggiungendo ad elevata velocità, ravvisando una situazione di pericolo – in realtà insussistente – frena bruscamente e cade a terra.
Il centauro evoca in giudizio l’automobilista per ottenere il risarcimento del danno ma, in primo e secondo grado, gli viene attribuita la responsabilità esclusiva dell’incidente, venendo così superata la presunzione di pari responsabilità stabilita dalla legge (art. 2054 c.c.).
Il motociclista lamenta che i giudici di merito abbiano valutato erroneamente le prove e le testimonianze, ma la Suprema Corte, con l’ordinanza 8 settembre 2022, n. 26441, conferma la decisione gravata e ricorda che “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione”. Il ricorso dell’uomo viene dichiarato inammissibile ed egli è condannato al pagamento delle spese di lite per circa 13 mila euro oltre oneri.
La vicenda
Un motociclista agiva in giudizio contro il conducente di un’auto per ottenere il risarcimento del danno patito a seguito di un sinistro stradale. I due soggetti percorrevano la stessa strada in direzioni opposte:
- l’auto si trovava ferma con l’indicatore di direzione sinistro azionato, in attesa di svoltare,
- la moto, che sopraggiungeva ad elevata velocità, eseguiva una brusca frenata e cadeva a terra, senza urtare il veicolo antagonista.
In primo e secondo grado, la domanda attorea veniva rigettata, in quanto la responsabilità era ricondotta al centauro, il quale, procedendo ad una velocità elevata, a causa di «un’erronea ed esagerata percezione del pericolo» aveva eseguito una manovra brusca, non era riuscito a controllare il mezzo ed era caduto. Per tutte queste ragioni, i giudici di merito ascrivevano l’esclusiva responsabilità del sinistro al motociclista.
Si giunge così in Cassazione.
Premessa: la presunzione di pari responsabilità
Prima di analizzare il decisum, ricordiamo brevemente cosa prevedono i primi due commi dell’art. 2054 c.c.
Il primo comma dispone che il conducente sia obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, a meno che non dimostri di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Si tratta di una forma di responsabilità aggravata in cui non spetta al soggetto danneggiato offrire la prova della colpa del danneggiante, atteso che questa si presume. Al contrario, grava sul danneggiante l’onere di fornire la cosiddetta “prova liberatoria” (A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, Giuffrè, 2013, 874 ss.).
Il secondo comma si applica in caso di scontro tra veicoli e prevede una presunzione di pari responsabilità. Si tratta di una praesumptio iuris tantum che ammette prova contraria.
Secondo la giurisprudenza (Cass. 9528/2012; Cass. 21130/2013), la presunzione di corresponsabilità ha natura sussidiaria e trova applicazione:
- nel caso in cui non sia possibile stabilire il grado della colpa dei due conducenti,
- oppure risulti impossibile ricostruire la dinamica del sinistro.
Tale presunzione viene meno allorché sia accertato che la condotta di uno dei conducenti abbia avuto un’efficacia causale assorbente nella produzione dell’incidente (Cass. 11143/2003). L’accertamento della responsabilità esclusiva di uno dei conducenti – come nel caso di specie – e della regolare condotta di guida dell'altro, «libera quest’ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilità fissata in via sussidiaria dall'art. 2054, secondo comma, c.c., nonché dall’onere di provare di avere fatto il possibile per evitare il danno» (Cass. 648/1999; Cass. Ord. 13672/2019). Infatti, la prova che uno dei conducenti abbia osservato le norme sulla circolazione dei veicoli e le regole di comune prudenza non deve necessariamente essere fornita in via diretta, ossia dimostrando di non aver dato un apporto causale all’incidente, ma anche tramite l’accertamento del collegamento eziologico esclusivo dell’evento con il comportamento dell’altro conducente (Cass. 9550/2009; Cass. Ord. 13672/2019).
Per completezza espositiva, si segnala che, nella fattispecie oggetto di scrutinio, non si è verificata una collisione tra l’auto e la moto, mentre l’art. 2054 c. 2 c.c. fa espresso riferimento allo scontro tra veicoli. Di regola, la presunzione di pari responsabilità nella causazione di un sinistro è applicabile soltanto allorché tra i veicoli coinvolti vi sia stato un urto. Nondimeno, anche quando manchi una collisione diretta tra i mezzi, è consentita l’applicazione estensiva della suddetta norma «al fine di graduare il concorso di colpa tra i vari corresponsabili, sempre che sia stato accertato in concreto il nesso di causalitàtra la guida del veicolo non coinvolto e lo scontro» (Cass. 3704/2012, Cass. Ord. 19197/2018, Cass. Ord. 3764/2021). In buona sostanza, l’art. 2054 c. 2 c.c. è applicabile pur in assenza di collisione tra i veicoli a patto che l’evento sia riconducibile eziologicamente alla circolazione stradale anche del mezzo non direttamente coinvolto nello scontro, ad esempio, nel caso in cui lo stesso abbia determinato turbativa alla circolazione.
L’accertamento della responsabilità esclusiva del motociclista
Il centauro lamenta che la sentenza gravata abbia erroneamente superato la presunzione di colpa stabilita dall’art. 2054 c.c. In base alle difese svolte dal ricorrente, tale presunzione doveva fondare la corresponsabilità anche dell’automobilista, nondimeno, i giudici di merito l’hanno superata valorizzando alcuni elementi a scapito di altri.
La Suprema Corte considera la doglianza inammissibile nella parte in cui censura la presenza di una motivazione contraddittoria.
Infatti, il vizio di contraddittorietà della motivazione sussiste allorché la motivazione (Cass. SS. UU. 8053/2014): manchi del tutto, oppure sia incomprensibile.
Nel caso di specie, invece, l’iter argomentativo seguito dalla decisione gravata è perspicuo: la responsabilità viene ascritta al motociclista poiché, a causa della velocità troppo alta, interpretando erroneamente la situazione, ha frenato in modo brusco ed è caduto. Invero, non sussisteva alcuna situazione di pericolo e non era necessario operare la frenata che, poi, ha innescato la caduta.
La circostanza che la motivazione risulti (o meno) coerente con le prove raccolte è una questione di merito che, in quanto tale, risulta insindacabile in sede di legittimità.
No alla valutazione delle prove in modo difforme in sede di legittimità
Il motociclista contesta gli sia stata attribuita la responsabilità esclusiva del sinistro e ritiene che la fattispecie rientri nell’alveo del concorso di colpa. In particolare, si duole della valutazione delle prove operata in sede di merito.
Anche tale censura è inammissibile, infatti, la Suprema Corte non può fornire una diversa valutazione delle prove rispetto a quella effettuata in sede di merito. È del tutto irrilevante la circostanza che tali prove possano essere valutate in modo differente, dal momento che la giurisprudenza è granita nell’affermare che: «la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione»
In altre parole, è inammissibile il motivo di ricorso volto, in sostanza, ad ottenere la revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito e, quindi, che si risolva in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione.
fonte: altalex.com

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Ieri la sentenza del Tribunale nei confronti uno straniero di 32 anni. Al termine dell’udienza la vittima, ora maggiorenne, ha pianto. É sta...