giovedì 17 giugno 2021

Epatite dopo emotrasfusione, ospedale deve dimostrare la propria diligenza

Grava sull’ospedale l’onere di dimostrare la propria diligenza nell’acquisizione del plasma da utilizzare per la trasfusione (Cass. 10592/2021).

Un paziente contrae il virus dell’epatite C in conseguenza di una emotrasfusione: cosa deve allegare per dimostrare la responsabilità dell’ospedale?
Nel caso di responsabilità contrattuale, il danneggiato deve provare la sussistenza di un contratto e allegare il danno patito (ossia la malattia) in conseguenza della condotta dell’ospedale (nesso causale). Spetta alla struttura sanitaria (e non al paziente) allegare di aver tenuto una condotta diligente o prudente, nel rispetto delle norme giuridiche e delle leges artis, in relazione all’acquisizione e perfusione del plasma. In altre parole, il danneggiato non deve dimostrare la colpa dell’ospedale, ma semplicemente il suo inadempimento.
Così ha deciso la Corte di Cassazione, sezione VI-3 civile, con l’ordinanza 18 febbraio - 22 aprile 2021, n. 10592.
La vicenda
A seguito di una trasfusione di sangue, avvenuta nel 1987, una donna contraeva il virus dell’epatite C (virus HCV). Nel 2007, ella conveniva in giudizio il Ministero della Salute e l’Assessorato per la sanità della sua regione1, chiedendo la condanna al risarcimento del danno. In primo grado, il Tribunale accoglieva la domanda attorea e la pronuncia veniva impugnata dalle due amministrazioni soccombenti.
In sede di gravame, veniva accolto solo l’appello proposto dall’Assessorato.
Il giudice di merito motivava il rigetto della domanda nei confronti dell’Assessorato rilevando che la donna non aveva allegato che l’ospedale avesse provveduto alle trasfusioni “approvvigionandosi di sangue tramite un proprio centro trasfusionale e non, come avviene nella normalità dei casi, utilizzando sacche di provenienza esterna”. Si giunge così in Cassazione.
Cosa deve allegare il danneggiato?
La donna si duole del fatto che il giudice del gravame le abbia addossato l'onere di provare che l'ospedale avesse eseguito la trasfusione con sacche di plasma prelevate da un proprio centro trasfusionale. Ebbene, secondo l’attrice, tale prova incombeva sulla struttura ospedaliera.
La difesa della donna affermava che l’infezione stessa fosse dimostrativa della condotta colposa dell’ospedale in virtù del principio “res ipsa loquitur” (ossia “il fatto parla da sé”). Infatti, l’obbligo di assistenza, gravante sulla struttura, comporta “la garanzia del risultato di non infettare il paziente”.
La Suprema Corte ritiene fondata la doglianza e rileva come l’attrice, dopo aver invocato la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, abbia dimostrato di aver patito un danno alla salute (ossia aver contratto il virus dell’epatite C), a causa del trattamento sanitario (la trasfusione).
È onere dell’attore allegare i fatti costitutivi della domanda; nella responsabilità contrattuale (ex art. 1218 c.c.) tale onere si esaurisce:
·nella dimostrazione dell'esistenza del contratto,
·nell’allegazione della condotta inadempiente del debitore (l’ospedale nel nostro caso)
È appena il caso di ricordare che, in ambito contrattuale (art. 1218 c.c.), il creditore dell’obbligazione inadempiuta (il paziente danneggiato) non ha l'onere di provare la colpa del debitore inadempiente (la struttura sanitaria), ma deve dimostrare il nesso di causa tra la condotta del debitore ed il danno di cui domanda il risarcimento. Tuttavia, il nesso causale può essere provato in via presuntiva in caso di trasfusione con sangue infetto.
Spetta all’ospedale dimostrare la condotta diligente
Da quanto sopra, emerge che l’attrice non doveva dimostrare in che modo l'ospedale si fosse approvvigionato delle sacche di plasma risultate infette. La paziente doveva solo provare l’inadempimento dell’ospedale. Viceversa, era la struttura sanitaria a dover dimostrare (ex art. 1218 c.c.) di aver tenuto una condotta irreprensibile sul piano della diligenza.
Secondo gli Ermellini, il giudice del gravame avrebbe dovuto accertare se l’Assessorato (successore dell’azienda ospedaliera) avesse provato (o meno) la causa non imputabile ex art. 1218 c.c. Infatti “la circostanza che l'ospedale provvedesse o non provvedesse da sé all'approvvigionamento di plasma non era un fatto costitutivo della domanda, ma era un fatto impeditivo della stessa, che in quanto tale andava allegato e provato dall'amministrazione convenuta”
fonte: altalex.com

Nessun commento:

Posta un commento

Ferrara: Violentò minore in auto. Condanna a dieci anni per il pedofilo seriale

Ieri la sentenza del Tribunale nei confronti uno straniero di 32 anni. Al termine dell’udienza la vittima, ora maggiorenne, ha pianto. É sta...