Commette il reato di "maltrattamenti", e non il più lieve "abuso di mezzi di correzione", il professore che umilia ed offende abitualmente l’alunno, apostrofandolo con epiteti e frasi scurrili in presenza di tutta la classe. Infatti, qualsiasi forma di violenza, sia essa fisica che psicologica, non costituisce mezzo di correzione o di disciplina, neanche se posta in essere a scopo educativo; e, qualora di essa si faccia uso sistematico, la condotta non rientra nella fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, bensì, in presenza degli altri presupposti di legge, in quella di maltrattamenti, ai sensi dell'art. 572 c.p.
È quanto ha deciso la Corte di cassazione, con la sentenza 19 novembre 2020 - 27 gennaio 2021, n. 3459, respingendo il ricorso di un insegnante di una scuola media siciliana contro la sentenza della Corte di appello di Palermo che ne aveva confermato la condanna, anche al risarcimento del danno per i genitori costituitisi parti civili.
La Suprema Corte ha evidenziato che, nel caso di specie, è stato già "accertato in fatto", e non può dunque essere messo in discussione in sede di legittimità, che l'imputato apostrofasse sistematicamente la vittima, durante le lezioni e comunque dinanzi ai compagni di classe, con epiteti dall'indiscutibile valenza ingiuriosa, ma anche umiliante – considerata la differenza di ruolo, oltre che di età, tra costoro.
Nell'individuazione, poi, dei confini tra le fattispecie previste dagli articoli 571 c.p. (Abuso di mezzi di correzione) e 572 c.p. (Maltrattamenti), particolarmente nell'ambito scolastico, la Corte ha ribadito alcuni principi di diritto di recente affermati sempre dalla VI Sezione penale (n. 11777/2020) che si attagliano perfettamente al caso di specie.
In particolare, ha precisato che l'abuso dei mezzi di correzione o di disciplina ex art. 571 c.p. consiste “nell'uso non appropriato di metodi, strumenti e, comunque, comportamenti correttivi od educativi, in via ordinaria consentiti dalla disciplina generale e di settore nonchè dalla scienza pedagogica” (quali, a mero titolo esemplificativo, l'esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche e forme di rimprovero non riservate).
L'uso di essi deve ritenersi appropriato “quando ricorrano entrambi i seguenti presupposti: a) la necessità dell'intervento correttivo, in conseguenza dell'inosservanza, da parte dell'alunno, dei doveri di comportamento su di lui gravanti; b) la proporzione tra tale violazione e l'intervento correttivo adottato, sotto il profilo del bene-interesse del destinatario su cui esso incide e della compressione che ne determina”.
Nella fattispecie, “non soltanto non risulta che un siffatto contegno si rendesse necessario a scopi correttivi, ma anzi è indiscutibile che, in ogni caso, e cioè quand'anche il suo autore avesse agito con quegli intenti, tale suo comportamento non fosse affatto adeguato a questi ultimi, in quanto manca anche del necessario requisito della proporzione”.
Deve, perciò, ritenersi corretta, in conclusione, la qualificazione del fatto come delitto di "maltrattamenti", ai sensi dell'art. 572 c.p.
fonte:altalex.com
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