La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 9 dicembre 2020 n. 28071, torna sul tema del risarcimento del danno da lucro cessante.
Se il danneggiato, a causa del fatto illecito (come un sinistro stradale) perde il lavoro, ha diritto al risarcimento per la perdita reddituale. Tale ristoro deve essere corrisposto integralmente e non in base alla percentuale di perdita della capacità di lavoro specifica. Viceversa, nel caso in cui la vittima abbia trovato un nuovo lavoro, il risarcimento sarà pari alla differenza tra le retribuzioni perdute e quelle conseguite.
La vicenda
Un ciclista veniva investito da un’automobile e riportava gravi danni alla persona. Inoltre, a causa delle lesioni, superava il periodo di comporto e veniva licenziato dal posto di lavoro a tempo indeterminato. Agiva, quindi, in giudizio contro il conducente e il proprietario del veicolo, nonché contro la compagnia assicurativa. In primo grado, il danneggiato otteneva un risarcimento di oltre 270 mila euro, in aggiunta agli acconti già versati dall’assicurazione.
La Corte d’appello condannava i convenuti all’ulteriore pagamento di 50 mila euro a titolo di danno non patrimoniale e 29 mila a titolo di danno patrimoniale da lucro cessante. Il danneggiato ricorre in Cassazione giacché contesta che le retribuzioni perse a causa del licenziamento, calcolate nel risarcimento, gli siano state riconosciute solo nella misura di 1/3, ossia nella misura pari alla menomazione patita.
Il danno patrimoniale da perdita reddituale
Il danneggiato ha perso il proprio posto di lavoro a tempo indeterminato, poiché, a causa dei postumi, ha superato il periodo di comporto ed è stato licenziato. Egli, quindi, ha diritto al risarcimento del danno per la perdita reddituale. Il calcolo va effettuato sulla base degli importi delle retribuzioni che avrebbe conseguito sino alla pensione, sugli assegni familiari, sulla perduta possibilità di progressione in carriera, sul danno pensionistico.
Secondo la giurisprudenza, «la liquidazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa, patito in conseguenza di un sinistro stradale da un soggetto percettore di reddito da lavoro, deve avvenire ponendo a base del calcolo il reddito effettivamente perduto dalla vittima» (Cass. Ord. 8896/2016; Cass. Ord. 25370/2018). Il giudice di merito ha errato nel far riferimento alla misura percentuale della perdita della capacità lavorativa specifica indicata dal CTU, atteso che essa non aveva rilievo ai fini della liquidazione del danno patrimoniale. Il giudicante avrebbe dovuto riconoscere il 100% di tali importi e non solo il 33%.
Il lucro cessante e le retribuzioni future
Il danneggiato deve essere risarcito dell’intero pregiudizio patito. Nel caso in esame, il danno consiste nella perdita dei redditi, in parte futuri, derivanti dal rapporto di lavoro dipendente, che la vittima ha perduto a causa del fatto illecito del convenuto. Il danneggiato non è gravato dall’onere di dimostrare che non fosse possibile per lui reperire un'altra attività lavorativa. Al contrario, avrebbe dovuto essere il danneggiante a dimostrare, eventualmente, che il danneggiato aveva trovato un nuovo impiego (Cass. 9616/2015).
Pertanto, quando il danneggiato abbia perso il posto di lavoro a causa delle lesioni derivanti dal fatto illecito (il sinistro stradale, nel nostro caso), ha diritto al risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante. Con tale espressione si fa riferimento alla perdita dei redditi futuri, tale pregiudizio va liquidato tenendo conto di:
- tutte le retribuzioni
- tutti i relativi accessori,
- tutti i probabili incrementi, anche pensionistici, che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro. La liquidazione del danno deve avvenire in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica accertata come conseguente alle lesioni permanenti riportate. Viceversa, allorché il danneggiante dimostri che la vittima: abbia trovato una nuova occupazione retribuita; ovvero che avrebbe potuto farlo e non lo abbia fatto per sua colpa, il danno potrà essere liquidato esclusivamente nella differenza tra le retribuzioni perdute e quelle di fatto conseguite o conseguibili in virtù della nuova occupazione.
Il principio di diritto
La Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto:
«laddove il danneggiato dimostri di avere perduto un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui era titolare, a causa delle lesioni conseguenti ad un illecito, il danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, va liquidato tenendo conto di tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro, in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica accertata come conseguente alle lesioni permanenti riportate, salvo che il responsabile alleghi e dimostri che egli abbia di fatto reperito una nuova occupazione retribuita, ovvero che avrebbe potuto farlo e non lo abbia fatto per sua colpa, nel qual caso il danno potrà essere liquidato esclusivamente nella differenza tra le retribuzioni perdute e quelle di fatto conseguite o conseguibili in virtù della nuova occupazione».
(fonte: www.altalex.com)