giovedì 12 novembre 2020

Perseguitato da polizia del suo paese: può chiedere lo status di rifugiato

La protezione può essere accordata alle vittime di persecuzioni provenienti dallo Stato, da intendere come apparato e non ordinamento (Cass. Ord. 24250/2020)
Secondo la legge (art. 5 lett. a) D.Lgs. n. 251/2007) la protezione può essere accordata solo alle vittime di persecuzioni provenienti dallo Stato. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24250 del 2020, afferma che la citata norma debba deve essere interpretata intendendo la nozione di “stato” come “stato-apparato”, e non già come “stato-ordinamento”. Pertanto, lo status di rifugiato va concesso anche a chi dimostri di essere perseguitato, nel proprio Paese, dagli organi della polizia locale. A tal fine, è irrilevante che, da un punto di vista formale, la persecuzione non sia ammessa o consentita dall'ordinamento giuridico statuale di quel Paese.
La vicenda
Un cittadino cinese, perseguitato dalla polizia del suo Paese a causa della fede cristiana da lui professata, ricorreva alla commissione territoriale al fine di vedersi riconoscere lo status di rifugiato (ex art. 7 d.lgs. 251/2007) o, in via subordinata (ex art. 14 d.lgs. 251/2007), la protezione sussidiaria o, in ulteriore subordine, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari (ex d.lgs. n. 286/1998).
La commissione rigettava l’istanza, il richiedente adiva la sezione specializzata del Tribunale, che accoglieva parzialmente il ricorso, ritenendo che dovesse venirgli concesso il permesso di soggiorno per motivi umanitari, stante il pericolo, in caso di rimpatrio, di subire una persecuzione per motivi religiosi.
Il giudicante, invece, negava che egli avesse diritto allo status di rifugiato politico, giacché la costituzione della Repubblica popolare cinese prevede la libertà di culto e la persecuzione era stata perpetrata non già dallo Stato, ma dalle autorità di polizia locale; parimenti, era esclusa la protezione sussidiaria, poiché non ne ricorrevano le condizioni. Il cittadino cinese ricorre in Cassazione, insistendo sul suo diritto all’ottenimento dello status di rifugiato.
Riferimenti normativi
Prima di analizzare la decisione, ricordiamo brevemente le norme che vengono in rilievo:
-la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo statuto di rifugiati, sottoscritta da 144 paesi, che definisce cosa s’intende per “rifugiato” e individua i diritti dei migranti forzati, nonché gli obblighi gravanti sugli Stati contraenti;
-il d.lgs. 25/2008 contenente la “Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato”;
-il d.lgs. 251/2007 “attuativo della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta”. In particolare, l’art. 5 rubricato “Responsabili della persecuzione o del danno grave”, l’art. 7 sugli atti di persecuzione e l’art. 14 sulla protezione sussidiaria;
-il d.lgs. 286/1998 Testo unico sull’immigrazione; in particolare, l’art. 5 c. 6 (testo applicabile ratione temporis) sul permesso di soggiorno per motivi umanitari. In merito alle modifiche al testo unico sull’immigrazione, apportate dal d.l. 130/2020, si rinvia alla lettura del contributo: Immigrazione, permessi di soggiorno e accoglienza: le novità.
Persecuzione da parte dello Stato: apparato o ordinamento?
Il Tribunale, al contrario della commissione territoriale, ha considerato verosimile il racconto del cittadino cinese, tuttavia il giudicante ha rifiutato la concessione dello status di rifugiato per la seguente ragione: una persona perseguitata dalla polizia non può ritenersi perseguitata dallo Stato.
La Suprema Corte non ritiene condivisibile tale ricostruzione.
L’art. 5 d.lgs. n. 251/2007 prevede che, ai fini della concessione della protezione internazionale, la persecuzione patita dal richiedente debba provenire:
-dallo Stato;
-da partiti o da organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio;
-da soggetti non statuali, se i responsabili di cui alle lettere a) e b), comprese le organizzazioni internazionali, non possono o non vogliono fornire protezione.
Il lessema “Stato”, utilizzato dal legislatore, assume diversi significati nel mondo del diritto. Infatti, può far riferimento:
-allo stato-ordinamento, ossia ad un ordinamento giuridico; la Costituzione utilizza diverse espressioni, ma sempre con tale significato, ad esempio, qualificando lo Stato talora come Repubblica (artt. 5, 29, 114), Patria (art. 52), Italia (artt. 1, 11) o Paese (artt. 3 e 47);
-allo stato-apparato, inteso come insieme di autorità, persone e organizzazioni con cui lo stato ordinamento (di cui sopra) attribuisce i poteri di compiere atti giuridici o materiali.
Ciò premesso, la nozione di Stato a cui fa riferimento la norma in materia di protezione internazionale (art. 5 lett. a) d. lgs. 251/2007) va intesa come stato-apparato o stato-ordinamento?
Concessione dello status in rifugiato in caso di persecuzione da parte della polizia
Secondo gli ermellini, l’art. 5 lett. a) d.lgs. 251/2007 si riferisce allo stato-apparato e non già allo stato-ordinamento. La Corte fornisce la suddetta interpretazione della disposizione fornendo una triplice chiave di lettura.
Interpretazione logica: una persecuzione può essere compiuta solo da persone e, dunque, da un apparato, non certo da un ordinamento; «anche nel diritto internazionale è pacifico che debbano essere imputati allo Stato in quanto tale gli atti compiuti da qualsiasi organo incardinato nell'amministrazione, e non solo gli agenti governativi in senso stretto».
Interpretazione sistematica: la disposizione de qua va interpretata in senso favorevole al richiedente asilo, in coerenza con la sua ratio di tutela del soggetto debole.
Interpretazione storica: i lavori preparatori della direttiva1, di cui il d.lgs. n. 251/2007 è attuativo, palesavano l’esistenza di un contrasto tra chi voleva l’estensione della protezione anche per i soggetti che subivano persecuzioni private allorché lo Stato non fosse in grado di tutelarli e chi, invece, intendeva limitare lo status di rifugiato ai perseguitati di Stato. Orbene, neppure questi ultimi hanno mai dubitato che la persecuzione potesse essere sia quella proveniente dallo stato che quella derivante dagli organi statali.
Conclusioni
In conclusione, la Suprema Corte, mercé un pregevole iter argomentativo, afferma quanto segue:
«il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 1, lett. a), là dove prescrive che la protezione può essere accordata solo alle vittime di persecuzione provenienti "dallo Stato", deve essere interpretato intendendo quest'ultimo lemma come "Stato apparato", e non già come "Stato ordinamento": con la conseguenza che la concessione dello status di rifugiato non può essere negata a chi dimostri di essere perseguitato nel proprio Paese dagli organi della polizia locale, a nulla rilevando che, formalmente, tale persecuzione non sia ammessa o consentita dall'ordinamento giuridico statuale di quel Paese»
Quindi, la sentenza gravata viene cassata e la causa rinviata al tribunale in diversa composizione.
(fonte:www.altalex.com)

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