Infiorescenze e resine restano nel mirino delle Procure: consentito sequestrare l’intero quantitativo messo in commercio da rivenditori al dettaglio. Sfugge al sequestro il “materiale di contorno” (grinder, gas, cartine) salva la deduzione di specifiche ed individuate esigenze probatorie.
Così la Cassazione con sentenza n. 14735/20, depositata il 13 maggio.
La vicenda processuale. Veniva disposto il sequestro probatorio di più quantitativi di derivati della canapa (infiorescenze e resine) rinvenuti presso un Cannabis shop, provenienti dalle coltivazioni consentite dalla l. n. 242/2016 e recanti un quantitativo di THC (tetraidrocannabinolo) inferiore alla soglia dello 0,6%. A seguito di rigetto della richiesta di riesame del ricorrente ex art. 257 c.p.p. si approda in Cassazione.
Le norme in attrito: la l. n. 242/2016 ed il d.P.R. n. 309/1990. La prima promuove e diffonde l’uso della canapa, purché contenga – art. 4 l. cit. - una percentuale minore di 0,6% di THC e sia funzionale a più finalità – specificamente espresse dall’art. 1 l. cit. - ritenute meritevoli di tutela dal punto di vista agricolo, scientifico ed occupazionale. L’art. 14 del d.P.R. n. 309/1990 – che punisce, fra le altre, l’uso e la commercializzazione delle sostanze stupefacenti - detta criteri per la formazione delle tabelle delle sostanze vietate e stabilisce che per le sostanze indicate nella tabella II – cannabis (foglie e inflorescenze), cannabis (olio), cannabis (resina) - non vanno fatte “distinzioni rispetto alle diverse varietà”.
La sentenza delle Sezioni Unite n. 30475/2019: solo il fine esclude il reato (non la quantità di THC rinvenuta). Oltre le finalità indicate dalla l. n. 242/2016 la sentenza cit. – aderendo ad un orientamento rigorista - ha escluso che legge cit. scrimini o autorizzi la messa in commercio dei derivati della coltivazione, da ritenere ancora vietata dalla disciplina generale del d.P.R. n. 309 del 1990, salve (e non oltre) le specifiche eccezioni indicate dalla l. n. 242 cit.. A nulla rileva, per le Sezioni Unite, il mancato superamento nelle sostanze rinvenute delle percentuali di THC di cui all’art. 4 della l. n. 242/2016.
Il limite delle Sezioni Unite e della Cassazione in commento: l’”offensività” della condotta. In ogni caso – anche di (vietata) commercializzazione – (s)occorre verificare la concreta offensività della condotta ovvero l’idoneità della sostanza a produrre un effetto drogante, cioè l’idoneità di essa a produrre sul suo consumatore effetti psicotropi.
...non l’”offensività” di ogni dose ma dell’intero quantitativo della sostanza rinvenuta. Necessariamente, per i giudici, non può che disporsi il sequestro dell’intero quantitativo da ritenere non frazionabile, dovendo riferirsi per l’accertamento dell’effetto drogante alla percentuale di sostanza allo stato puro ed al numero delle dosi che da essa si possono normalmente ricavare. Non è possibile pretendere dal pubblico ministero alcuna campionatura delle sostanze rinvenute al fine di decidere quale sequestrare.
Il sequestro non si estende al “materiale di contorno”: accendini, grinder, gas cartine. Salvo specifico argomentare sul punto dagli inquirenti, ne sfugge la pertinenza probatoria. Non sono consentite formule di stile, occorre invero puntuale specifica delle finalità probatorie gravanti su materiale accessori al consumo di stupefacenti. Sul punto i giudici accolgono il ricorso.
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