sabato 4 aprile 2020

Piccolo artigiano in crisi: i debiti non giustificano il mancato mantenimento dei figli

Precarietà lavorativa e difficoltà economiche non rendono meno grave la condotta del padre che non contribuisce al mantenimento dei figli. Irrilevante anche il fatto che essi abbiano potuto fare affidamento sul sostegno offerto dai nonni più solidi economicamente.(Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 10422/20; depositata il 20 marzo)
Assistenza. Ricostruita la vicenda, l’uomo – un piccolo artigiano – sotto processo viene ritenuto colpevole, sia primo che in secondo grado, di violazione degli obblighi di assistenza familiare, e viene sanzionato con due mesi di reclusione e 220 euro di multa.
Per i giudici di merito è di facile lettura la condotta tenuta dall’uomo, essendosi sottratto «agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà genitoriale, facendo mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, omettendo di concorrere al loro mantenimento». Più precisamente, all’uomo è stata imposta «la corresponsione di 250 euro al mese in favore dei figli, oltre il pagamento delle spese scolastiche e mediche al 50%», ma egli si è limitato ad effettuare «due soli versamenti per l’importo di 350 euro ciascuno», come dichiarato anche dalla sua ex compagna e madre dei minori, la quale ha spiegato ai giudici che «l’uomo non ha mai versato alcunché per il mantenimento dei figli, al di là di qualche giocattolo nel corso degli incontri protetti».
Fragile, invece, la linea difensiva proposta dall’uomo, il quale ha riferito «di essere rimasto disoccupato nell’anno 2007 e di avere riscosso per gli anni tra il 2008 ed il 2010 uno stipendio mensile di circa 1.000 euro», dovendo però «fare fronte al pagamento dell’affitto e delle spese correnti, nonché a debiti di natura esattoriale e debiti contratti con la banca e con il fratello».
In sostanza, lo stato di bisogno dei minori è nella logica delle cose poiché si tratta di «soggetti che non sono in grado di procacciarsi un reddito proprio», e questo dato non può essere messo in discussione dall’intervento esterno di terze persone – i nonni, in questo caso – che hanno fornito un aiuto economico ai minori.
E per quanto concerne la posizione dell’uomo, «nonostante la precarietà della situazione lavorativa, negli anni compresi tra il 2007 ed il 2010, egli non si è mai trovato in condizioni di indigenza tale da impedirgli in assoluto l’adempimento dei suoi doveri di genitore», osservano i giudici d’Appello.


Debiti. Nel contesto della Cassazione, però, l’uomo continua a puntare sul suo – presunto – “stato di indigenza”, e fa riferimento, per la precisione, alla “documentazione riguardante allegazioni debitorie di natura bancaria, societaria ed espositoria in generale” come dimostrazione delle “ristrettezze” da lui sopportate. E a questo proposito sottolinea che «i debiti riguardavano spese inerenti l’attività di piccolo artigiano all’epoca svolta e non spese personali o addebitabili a un suo comportamento colpevole», e aggiunge che egli, per «fare fronte ai propri improrogabili debiti e sapendo che i figli non erano in stato di bisogno poiché assistiti dai nonni abbienti», ha dovuto «destinare le sue scarne retribuzioni mensili al pagamento rateale dei debiti contratti nel periodo in cui conviveva con la madre dei propri figli».
Per i Giudici del ‘Palazzaccio’, però, le giustificazioni addotte dall’uomo non possono reggere, a fronte dell’accertato «protratto mancato adempimento degli obblighi nei confronti dei figli minori» e tenendo bene a mente che «in materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta in re ipsa una condizione soggettiva dello stato di bisogno, che obbliga i genitori a contribuire al loro mantenimento, assicurando i predetti mezzi di sussistenza». Ciò comporta che il colpevole e punibile inadempimento sussiste «anche quando uno dei genitori ometta la prestazione dei mezzi di sussistenza in favore dei figli (minori o inabili) ed al mantenimento della prole provveda in via sussidiaria l’altro genitore» o, come in questo caso, altri familiari.
Irrilevanti poi le difficoltà economiche lamentate dall’uomo, poiché esse non sono sufficienti per parlare di un vero e proprio stato di indigenza economica e di «una situazione incolpevole di assoluta indisponibilità di introiti sufficienti a soddisfare le esigenze minime di vita» dei figli minori.

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