martedì 21 aprile 2020

Nipote va risarcito per la perdita del nonno non convivente

Rileva il vincolo affettivo particolarmente intenso, giammai la convivenza, la quale è misura, ma non requisito indispensabile, per la valutazione della lesione del danno parentale. Questo quanto chiarito dalla Corte di Cassazione, sez. III Civile, con l'ordinanza 8 aprile 2020, n. 7743.

La Corte da continuità ad un recente insegnamento, secondo il quale, nella valutazione del danno non patrimoniale subito dai congiunti per la perdita del parente, rileva  il  vincolo affettivo particolarmente intenso, giammai la convivenza. Se dunque la convivenza non può assurgere a connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità dei rapporti parentali ovvero a presupposto dell'esistenza del diritto in parola, la stessa, magari, costituisce elemento probatorio utile, unitamente ad altri elementi, a dimostrare l'ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e la conseguente lesione, determinata dalla morte ingiusta, per determinare, anche, il quantum debeatur.
Con precedente arresto n.21230 del 20/10/2016, la terza Sezione della Cassazione Civile aveva stabilito che "in caso di domanda di risarcimento del  danno non patrimoniale da uccisione, proposta iure proprio dai congiuntidell'ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l'azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno”. Aveva osservato, infatti, che non è condivisibile limitare la "società naturale", cui fa riferimento l'articolo 29 Costituzione, all'ambito ristretto della sola cd. "famiglia nucleare".
Pertanto, anche il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, e sarebbe ingiusto escludere automaticamente, nel caso di non convivenza, la  possibilità per tali congiunti di provare in concreto l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto" (cfr altresì Cass. Sez. 3, n. 29332 del 07/12/2017).
Non sarebbe neppure da scartare la conseguenza opposta secondo la quale, ancorare il risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale alla convivenza tra il congiunto non ricompreso nella cd. famiglia nucleare e la vittima,  potrebbe essere fodero di un automatismo risarcitorio sicuramente da bandire.
(fonte: www.altalex.com)

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