In tema di reati “stradali”, affinché possa dirsi rispettato il precetto posto dell'art. 189, comma 6, del d.Igs. n. 285 del 1992, l'agente deve effettuare una fermata che, per le concrete modalità, sia in grado di soddisfare le esigenze di genere potenzialmente pubblicistico, oltre che certamente privatistiche, di ricostruire compiutamente accaduto ed eventuali responsabilità, oltre che di verificare, sia pure con valutazione atecnica e sommaria, l'eventuale presenza di feriti, accertamento che sarebbe impossibile ove il soggetto si allontani e che costituisce il presupposto per l'applicazione del comma successivo. Scopo avuto di mira da tale norma, valutato nel suo complesso, è dunque quello di imporre ai consociati in genere, anzitutto, di fermarsi con atteggiamento costruttivo e solidale, per poi, con espressione di sintesi, "mettersi a disposizione" civilmente di chi abbia ipoteticamente subito danni reali o personali per effetto di un incidente, addirittura contribuendo, per quanto possibile, nell'attesa dell'intervento della polizia stradale, a porre in essere le misure idonee a salvaguardare la sicurezza della circolazione e a conservare immodificato lo stato dei luoghi (Cassazione penale, Sez. IV, sentenza 9 marzo 2020, n. 9212).
Il fatto
La vicenda processuale segue alla sentenza con la quale la Corte di appello, confermando la pronuncia emessa dal Tribunale, aveva riconosciuto il conducente di un’autovettura responsabile del reato di "fuga" ex art. 189, comma 6, del d.Igs. 30 aprile 1992, n. 285, per essersi allontanato dopo avere investito, essendo alla guida di un'auto senza copertura assicurativa, un pedone che aveva riportato, in conseguenza dell'impatto, lesioni giudicate guaribili in venticinque giorni.
Il ricorso
Contro la sentenza proponeva ricorso davanti alla Corte di Cassazione l’imputato, in particolare sostenendo che la Corte di appello aveva errato nel ritenere configurabile il reato. Premesso in fatto che, come accertato dai giudici, l'imputato si era fermato ed aveva atteso i soccorsi, allontanandosi solo dopo che l'ambulanza del "118" aveva condotto via la persona offesa, si sosteneva che gli obblighi sanzionati penalmente dall'art. 189, commi 6 e 7, del d.Igs. n. 285 del 1992, sono solo quelli, rispettivamente, di fermarsi e soccorrere feriti, mentre l'obbligo di fornire le proprie generalità e le informazioni utili ai fini risarcitori sarebbe assistito da mera sanzione amministrativa ex art. 189, comma 9, del codice della strada. In conseguenza, la condotta posta in essere aveva rilievo amministrativo, non penale, come invece erroneamente ritenuto dai giudici di appello che, ad avviso dell’imputato, avevano interpretato analogicamente in malam partem la disposizione incriminatrice.
La decisione della Cassazione
La Cassazione, nell’affermare il principio di cui in massima, ha accolto la tesi difensiva, in particolare rilevando come affinché́ la previsione di cui al comma 6 dell'art. 189 del d.Igs. n. 285 del 1992 (che impone all'utente della strada, in caso di incidente con danno alle persone ricollegabile al suo comportamento, di fermarsi), abbia un senso, essa deve essere interpretata non già formalisticamente ma teleologicamente, con riguardo, cioè, allo scopo che il legislatore si prefigge, che è quello di far sì che il destinatario del precetto, in primo luogo, si fermi per rendersi conto dell'accaduto, inoltre eventualmente per mettersi in condizione di prestare assistenza ai feriti (comma 7 dell'art. 189 del codice della strada, costituente sviluppo logico-cronologico del comma precedente) e, comunque, per poter essere identificato nella prospettiva di eventuali azioni risarcitorie e/o di compiuta ricostruzione dell'accaduto: ciò, naturalmente, ove sia possibile. Con la conseguenza – secondo la S.C. - che ottempererebbe soltanto formalisticamente, ma non realmente, colui che, pur fermatosi, mantenga, tuttavia, un atteggiamento ostile alla identificazione o concretamente impeditivo o elusivo ovvero colui che (come già ritenuto in più occasioni dalla S.C.: Cass. pen. sez. IV, n. 42308 del 07/06/2017, M., CED Cass. 270885; Cass. pen. sez. IV, n. 9128 del 02/02/2012, B., CED Cass. 252734; Cass. pen. sez. IV, n. 20235 del 25/01/2006, M., CED Cass. 234581; Cass. pen. sez. IV, n. 34621 del 27/05/2003, C., CED Cass. 225622) si fermi solo momentaneamente, per poi ripartire. Così come, per converso, non rispetterebbe il precetto dell'art. 189, comma 6, del codice della strada, che impone di "fermarsi" ma non si esaurisce in ciò, ad esempio, colui che non si fermi ma prosegua la marcia pur gettando dal finestrino dell'auto il proprio biglietto da visita recante le indicazioni utili alla sua completa identificazione o che si allontani dal luogo dell'incidente pur essendo stato esattamente individuato, senza incertezze, da uno o più testimoni oculari ovvero ancora colui la cui immagine e la targa del mezzo siano state efficacemente videoriprese, sì da rendere, nel concreto contesto, estremamente agevole la compiuta identificazione dell'agente.
Non avendo però la Corte d’appello svolto un accertamento approfondito sul punto, la sentenza è stata annullata.
Da qui, dunque, l’accoglimento del ricorso.
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martedì 31 marzo 2020
Reati stradali: in caso di incidente non basta solo fermarsi, bisogna “mettersi a disposizione”
Lo Studio Legale Mancino si occupa di tutte le fasi dell'assistenza legale in sede penale, sia per la difesa delle persone sottoposte a procedimento, sia per la tutela delle vittime di reato come parti civili. Lo Studio opera anche in tutti gli ambiti del diritto civile, dalla contrattualistica, al diritto di famiglia, separazioni e divorzi, successioni, diritti reali, assicurazioni e responsabilità civile, diritto bancario, nonché nel settore del diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali. L'Avv. Emiliano Mancino è abilitato alla difesa di fronte alla Corte di Cassazione. E' iscritto alle liste per il patrocinio a spese dello Stato. Lo Studio è a disposizione dei Colleghi che hanno necessità di collaborazione e/o di domiciliazione per tutti gli uffici giudiziari compresi nelle circoscrizioni dei Tribunali di Ferrara e Bologna.
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