martedì 31 marzo 2020

Lascia il tetto coniugale per accudire la madre malata: separazione a suo carico

Confermato a carico dell’uomo l’addebito per la rottura con la moglie. Per i Giudici è evidente che la scelta compiuta dal marito ha reso impossibile la prosecuzione della convivenza con la consorte. Irrilevante il richiamo ai problemi manifestati dalla donna, ossia ipocondria, depressione e gelosia.
Nessuna giustificazione per il marito ‘mammone’ che abbandona – momentaneamente – il tetto coniugale per stare vicino alla madre. Addebitabile a lui, di conseguenza, la rottura con la moglie (Cassazione, ordinanza n. 1448/20, sez. VI Civile).

Allontanamento. Ufficializzata la separazione della coppia, i Giudici la addebitano al marito, che viene anche obbligato a versare il mantenimento alla moglie e a fornire un adeguato contributo economico alle due figlie. Sia in primo che in secondo grado viene ritenuto decisivo «l’allontanamento» dell’uomo dal «domicilio coniugale»: quella azione, non giustificabile dalla «esigenza di accudire la madre», è ritenuta la causa scatenante del conflitto con la consorte.
L’uomo punta a mettere in discussione la valutazione compiuta in Appello, e pone in evidenza, nel contesto della Cassazione, i problemi manifestati dalla moglie, cioè «depressione, ipocondria e gelosia smisurata», problemi che, a suo dire, avrebbero reso insostenibile la prosecuzione della convivenza sotto lo stesso tetto.
Convivenza. La visione alternativa proposta dall’uomo viene però respinta dai Giudici della Cassazione, che mostrano di condividere l’ottica adottata in Appello, laddove si è sostenuto che la mancata «prosecuzione della convivenza» coniugale «era ascrivibile alla condotta del marito», ossia «il suo allontanamento dal domicilio coniugale» che non poteva essere «giustificato dalla esigenza di accudire la madre».
Irrilevanti, invece, i richiami alle difficoltà della donna, concretizzatesi in «ipocondria e depressione» e in una «smisurata gelosia» nei confronti del marito.
Per quanto concerne, poi, il lato economico, i Giudici confermano il diritto della moglie a percepire un piccolo «assegno di mantenimento» – di 100 euro mensili, per la precisione -, una volta preso atto della «indubbia disparità economica tra i coniugi».
Non in discussione, infine, anche «il contributo» dell’uomo in favore delle due figlie – per una cifra pari a 650 euro – oltre a «spese straordinarie». Inutile il richiamo fatto alla presunta «indipendenza economica» di una delle due figlie, nonostante ella abbia raggiunto la maggiore età e si sia trasferita in un’altra città.
(fonte: www.dirittoegiustizia.it)

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