giovedì 2 maggio 2019

Cassazione: manda sms all’ex per tentare una riconciliazione, non è molestia

Aveva mandato diversi sms - 15 in 75 giorni - all’ex fidanzata tentando una riconciliazione, e per questo era finito sotto processo con l’accusa di molestie: la Cassazione, con sentenza definitiva, lo ha assolto «perché il fatto non costituisce reato», ribaltando così la decisione del tribunale di Catanzaro che lo aveva condannato a pagare un’ammenda di 150 euro. Protagonista della vicenda un 32enne calabrese, il quale non si rassegnava alla fine della storia d’amore, dopo essere stato lasciato dalla sua ragazza per «volontà unilaterale» di lei. L’imputato le aveva quindi inviato 15 sms in più di due mesi, messaggi che «esprimevano - osservano i giudici di piazza Cavour - essenzialmente amarezza provocata dalla interruzione del rapporto, gelosia e volontà di incontrare di nuovo la ex fidanzata per riallacciare la relazione». La difesa del trentaduenne, nel suo ricorso, aveva sostenuto che non vi fosse alcun «motivo biasimevole» alla base dell’invio dei messaggi: lo «sforzo di riattivare la relazione sentimentale», veniva evidenziato nel ricorso, semmai rappresentava «un agire ingenuo e maldestro» dell’imputato, che solo in due sms aveva usato un linguaggio «offensivo».
Nella sentenza depositata oggi dalla prima sezione penale si ricorda che il reato di molestie (articolo 660 cp) «si caratterizza in termini di petulanza», sicché «va identificato in concreto come il contegno intollerabile ed incivile verso la persona molestata, tale da determinarla ad invocare aiuto, e il modo di agire arrogante o vessatorio, privo di riguardo per la libertà o la quiete altrui».
Nel caso in esame, secondo la Cassazione, non è ravvisabile «il dolo», ossia la «volontà effettiva dell’imputato di interferire nella sfera di libertà dell’altro, fino al punto di determinarlo ad invocare aiuto»: la Corte pone in evidenza anche il fatto che la ex fidanzata non avesse mai attivato alcun «blocco» sul suo telefono. «La condotta dell’imputato - concludono i supremi giudici - si colloca nella fase di cessazione di una relazione personale in cui la persona offesa aveva continuato a ricevere i messaggi e le telefonate dell’ex fidanzato, senza attivare sul proprio apparecchio cellulare alcun sistema di blocco dei messaggi provenienti da quella determinata utenza» e «solo due dei 15 messaggi hanno un obiettivo contenuto offensivo, mentre gli altri sono mera manifestazione di gelosia verso i nuovi frequentatori della donna».

fonte: www.lastampa.it

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