giovedì 2 maggio 2019

Pesca: compie reato maltrattamenti chi usa piccioni come esca viva

Scatta il reato di maltrattamenti di animali per i pescatori di pesce siluro, che utilizzano, come esca, piccioni vivi. E il fatto che si tratti di prede naturali del pesce siluro non salva di per sé dall'accusa di aver commesso il reato previsto dall'articolo 544-ter del Codice penale. Ugualmente inutile - come ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 17691 depositata ieri - è sottolineare che normalmente nella pesca si utilizzano esche vive, specificatamente vermi, come i diffusi bigattini. Ciò che rileva, infatti, è la crudeltà e l'inutilità del comportamento con cui si perpetrano sofferenze a degli uccelli vivi agganciati per una zampetta all'amo della canna da pesca. La Corte di cassazione ha respinto il ricorso di due pescatori toscani che ritenevano applicabile unicamente la legge speciale sulla pesca, in quanto appunto pescatori nell'atto di svolgere un'attività lecita. E che, nell'ambito di essa, i patimenti inflitti all'esca non sarebbero rilevanti penalmente.

La Cassazione indica come rilevanti tutte le sofferenze fisiche e psichiche sofferte dal piccione che per "attitudine etologica" non è parificabile al verme, che per il suo stato larvale è attitudinalmente utilizzabile come esca viva. Altrimenti - come spiega la Cassazione - da tale equiparazione si potrebbe giungere a ritenere plausibile la caccia al leone, tramite sacrifici di gazzelle, o alla volpe, con un cucciolo di capriolo a far da esca. Ciò che rileva - come scriminante della rilevanza penale della condotta - è la sua necessarietà e accettabilità da parte del consesso sociale umano per lo svolgimento di un'attività lecita (come la pesca sportiva a differenza di quella di frodo). Non è certo necessario sacrificare un piccione quando esistono altri mezzi (animaletti, pezzetti di carne oppure oggetti luccicanti) per realizzare un'esca per il pesce siluro che è predatore e si nutre non solo di volatili. 

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