giovedì 24 gennaio 2019

Casa coniugale: cade in comunione anche se acquistata con denaro del genitore di uno dei coniugi

La somma di denaro donata dal genitore al figlio, coniugato in regime di comunione legale dei beni, non costituisce un’ipotesi di donazione indiretta ed entra a far parte del regime di comunione legale dei beni, anche se manca un atto che rivesta la forma richiesta dalla legge per la validità delle donazioni, e cioè l’atto pubblico stipulato alla presenza di due testimoni.
Ove la donazione riguardi una somma di denaro impiegata dal donatario per l’acquisto della casa familiare e ove detto acquisto sia condiviso con il coniuge, il donatario in tal modo dona al coniuge il 50% della proprietà consentendone l’intestazione allo stesso. Non può pertanto ravvisarsi una donazione indiretta dell’intero immobile al donatario tale da escludere la comunione del bene tra i coniugi.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Sez. VI, Pres. D’Ascola – Rel. Orilia con l’ordinanza n. 19537 del 24.07.2018.
La vicenda ha riguardato un soggetto che ha proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia di rigetto della corte territoriale che a sua volta aveva respinto la domanda spiegata dallo stesso in primo grado nei confronti dell’ex coniuge e di una società di costruzioni.
In particolare il soggetto aveva convenuto in giudizio l’ex moglie al fine di vedersi riconosciuta l’esclusiva proprietà dell’immobile oggetto, a suo dire, di donazione indiretta da parte della madre la quale gli aveva fornito il denaro necessario all’acquisto.
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso, oltre che inammissibile, anche infondato in quanto il giudice di appello aveva accertato che la donazione tra madre e figlio aveva riguardato solo una somma di danaro da utilizzare per l’acquisto della casa familiare e che il figlio, impiegando tale somma nell’acquisto da condividere con la futura moglie, ha in tal modo donato a questa il 50% della proprietà consentendone l’intestazione alla medesima
Pertanto, a parere degli ermellini, l’apprezzamento della Corte di merito, in linea con i principi che regolano la forma delle donazioni indirette (non necessità dell’atto solenne, ma sufficienza del rispetto della forma prescritta per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità), non è pertanto censurabile.
In conclusione, i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso con addebito di spese alla parte soccombente.

fonte: www.expartecreditoris.it

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