giovedì 24 gennaio 2019

Furbetti del cartellino, truffa aggravata anche se il danno arrecato è lieve

È configurabile il reato di truffa aggravata per il dipendente che attesti la sua presenza malgrado si allontani dall'ufficio, anche se il danno economico cagionato all'ente sia di per sé poco rilevante dal punto di vista economico. Difatti, un tal tipo di condotta incide sull'organizzazione dell'ente stesso e lede gravemente il rapporto fiduciario tra il singolo impiegato e il datore di lavoro pubblico. In tali ipotesi può, eventualmente, configurarsi l'attenuante della speciale tenuità del danno. Ad affermarlo è la Cassazione con la sentenza 3262, depositata ieri.

Il caso - Al centro della vicenda c'è l'ennesimo caso di furbetti del cartellino. Questa volta il protagonista è un solo dipendente pubblico, indagato per truffa aggravata perché quasi quotidianamente, aggirando il sistema di rilevazione dell'orario di presenza, decurtava minuti dalle sue giornate lavorative. Per tale motivo il Gip disponeva la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio dei pubblici uffici per la durata di due mesi. Il dipendente pubblico però impugnava la decisione ottenendo dal Tribunale del riesame la revoca della misura. Per quest'ultimo, infatti, il raggiro contestato era sì quasi quotidiano, ma di fatto inconsistente perché avrebbe prodotto nel complesso assenze di pochi minuti quantificabili in termini retributivi in poco più di 50 euro, traducendosi perciò in un danno poco apprezzabile per la pubblica amministrazione.
La decisione - Su ricorso del Pubblico ministero interviene la Cassazione che con una sentenza concisa e ben argomentata boccia totalmente la decisione del riesame. Il Tribunale, infatti, ha escluso la configurabilità della truffa valorizzando elementi che, al più, evidenziano la sua non particolare gravità, ma non ne impediscono la configurabilità. La Corte ricorda che la falsa attestazione del pubblico dipendente relativa alla sua presenza in ufficio, in qualunque modo essa avvenga, integra il reato di truffa aggravata, sempre che i periodi di assenza siano economicamente apprezzabili. In quest'ottica, anche una indebita percezione di poche centinaia di euro costituisce un danno economicamente apprezzabile per il datore di lavoro pubblico, potendo l'esiguità della somma integrare l'attenuante della speciale tenuità, ex articolo 62 comma 4 Cp, non certo impedire la configurabilità del reato di cui all'articolo 640 comma 2 n. 1 Cp.
Ciò posto, il Collegio rincara la dose affermando che per valutare l'entità del danno non basta avere riguardo alla perdita economica, ma assume rilievo anche l'incidenza della condotta delittuosa sull'organizzazione dell'ente pubblico, il quale potrebbe aver subito un pregiudizio rilevante per effetto delle pur minime assenze, non tanto sotto un profilo quantitativo, ma sul piano dell'efficienza degli uffici. Per i giudici di legittimità, infatti, le singole assenze incidono sull'organizzazione dell'ufficio «alterando la preordinata dislocazione delle risorse umane» e «modificando arbitrariamente le prestabilite modalità di prestazione della propria opera». In sostanza, chiosa il Collegio, lo svolgimento della quotidiana attività amministrativa è «messa a repentaglio dalle personali iniziative di quei dipendenti che mutino a proprio piacimento i prestabiliti orari di presenza in ufficio» e che forniscono una «prestazione diversa da quella doverosa».

fonte: Cassa Forense - Dat Avvocato

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