Il Comune non può richiedere un prezzo fisso forfettario per l'erogazione dell'acqua potabile, attraverso il servizio idrico integrato, e non può applicare il canone per la depurazione, se il relativo impianto non è in funzione. La Cassazione con la sentenza di ieri la n. 25794 ribadisce che il pagamento del servizio va commisurato all'effettivo consumo realizzato dall'utente. E lo ribadisce dopo diversi precedenti, riguardanti proprio lo stesso Comune siciliano, e citati nella sentenza di conferma della condanna dell'ente locale alla restituzione di quanto indebitamente pagato dal cittadino, che si era rivolto al giudice di pace sostenendo che il rapporto contrattuale tra lui e il Comune fosse quello della somministrazione per cui il prezzo dovuto non poteva essere un forfait, ma commisurato al consumo effettivo. In prima battuta il giudice di pace dava torto al privato confermando la validità del canone annuo fissato dal Comune. Al contrario, con decisione ora confermata in Cassazione, il giudice di appello condannava il Comune a restituire parte del prezzo - oltre 1.700 euro - versato secondo le regole previste dal regolamento idrico comunale. L'ente locale si è difeso facendo rilevare di essersi in tutto e per tutto attenuto a quanto stabilito con lo specifico regolamento comunale, che prevede la possibilità di pattuire il pagamento in base al 'minimo garantito' con una tariffa idrica in parte fissa e in parte variabile legata all'effettivo consumo. La decisione rileva che ciò non è avvenuto vista anche l'assenza di un contatore dell'utenza. E la mancanza di un espresso consenso del privato a un metodo di calcolo del prezzo a cui l'utente finale non può essere vincolato in ragione della semplice esistenza della norma locale. Per il servizio integrato dell'acqua potabile parte del prezzo fisso pagato dall'utente risultava essere il canone per il disinquinamento. Anche questa voce di costo rientra nella cifra che ora l'ente locale deve restituire, perché non ha fornito la prova dell'effettivo e corretto funzionamento dell'impianto di depurazione, proprio come aveva lamentato il privato. La Cassazione prendendo atto di quanto accertato dai giudici di appello conferma la ripetizione dell'indebito a carico del Comune, condannandolo inoltre - vista la questione già affrontata - a pagare 1.400 euro di spese giudiziali al controricorrente e altri oneri e accessori compreso il contributo unificato per l'inammissibilità del ricorso.
fonte: Cassa Forense - Dat Avvocato
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mercoledì 17 ottobre 2018
Acqua potabile, condannato il Comune che fa pagare a forfait il servizio idrico integrato
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