mercoledì 17 ottobre 2018

Mantenimento escluso per il figlio maggiorenne che non vuole lavorare

Il figlio appena uscito dal carcere, senza fissa dimora e che non mostri la volontà di lavorare non può avere diritto all'assegno di mantenimento. Difatti, l'obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli maggiorenni cessa non solo con il raggiungimento da parte di quest'ultimi di una condizione di indipendenza economica, ma anche quando sia dimostrata una colposa inerzia nell'attuazione o prosecuzione di un valido percorso di formazione o studio. Questo è quanto stabilito dalla sentenza del Tribunale di Cassino 465/2018.

Il caso - Protagonista della vicenda è un ragazzo, ormai divenuto adulto, il quale, dopo aver scontato un periodo di detenzione e tornato in libertà, si scontrava con la sua famiglia decidendo di non seguire le orme del padre, coltivatore diretto, e cercando senza però successo un altro lavoro. Una volta che le sue difficoltà economiche erano divenute insopportabili e l'esigenza di avere una stabile abitazione ormai improrogabile, il ragazzo citava in giudizio i propri genitori chiedendo il riconoscimento di un assegno di mantenimento, sulla scorta dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale dell'istituto. Per il ragazzo, in sostanza, i genitori avrebbero dovuto mantenerlo sino al raggiungimento della sua indipendenza economica. Dal canto loro, invece, genitori sostenevano di aver fatto tutto il possibile affinché il figlio fosse economicamente autosufficiente, senza però che ciò accadesse a causa del comportamento dello stesso ragazzo, che si era mostrato non volenteroso di cercare e mantenere un proprio lavoro.
La decisione - Il Tribunale con una severa decisione dà ragione ai genitori, spiegando come le incontestate difficoltà economiche del ragazzo non possano automaticamente far discendere un obbligo di mantenimento, posto che la non autosufficienza e lo stato di bisogno derivano, nel caso di specie, proprio dalla condotta dello stesso soggetto che richiede tale tipo di aiuto. Il giudice, passando in rassegna l'evoluzione normativa e giurisprudenziale sul tema, sia di legittimità che di merito, afferma che dalla lettura combinata degli articoli 30 della Costituzuibe e 147, 315 bis e 337-septies del codice civile emerge un «obbligo di mantenimento dei figli che permane oltre la maggiore età e un diritto del figlio ad essere mantenuto», sino al raggiungimento propria indipendenza economica, ovvero una autosufficienza «tale da provvedere autonomamente alle proprie esigenze di vita, in correlazione al completamento di un fruttuoso percorso di studio». A ciò si affianca, tuttavia, il dovere di autoresponsabilità del figlio maggiorenne, il quale «non può pretendere la protrazione dell'obbligo al mantenimento oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura», ovvero quando lo stesso sia stato posto «nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta». Da ciò deriva che l'obbligo di mantenimento si interrompe o non può attivarsi se il mancato raggiungimento dell'autosufficienza economica sia causato da negligenza o dipenda da fatto imputabile al figlio. E nel caso di specie, conclude il Tribunale, dagli atti di causa è emersa chiaramente la volontà del figlio di non voler conservare il posto di lavoro di volta in volta trovato dai genitori, né di voler ricercare altre attività lavorative a lui più consone.

fonte:Cassa Forense - Dat Avvocato

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