martedì 4 settembre 2018

Attenuante della provocazione se il padre ferisce il figlio che ruba più volte soldi per la droga

La circostanza attenuante della provocazione, prevista dall'articolo 62 n. 2 del codice penale, è configurabile anche nel caso in cui l'aggressione nei confronti di una persona sia la conseguenza di plurimi comportamenti di quest'ultima ripetuti nel tempo, frutto della inosservanza della civile convivenza familiare. La reazione iraconda, infatti, ben può scaturire da un accumulo di rancore, per esplodere, anche a distanza di tempo, in occasione di un episodio scatenante. Questo è quanto si afferma nella sentenza della Corte d'appello di Napoli 266/2018.
La vicenda - Oggetto della decisione è la determinazione del trattamento sanzionatorio da riservare nei confronti di un uomo, il quale si era reso autore di un accoltellamento ai danni del figlio a seguito di un litigio. Nello specifico, l'imputato aveva aggredito il figlio tossicodipendente, colpendolo ripetutamente con un paio di forbici in più parti del corpo, dopo aver scoperto che quest'ultimo era il responsabile della sparizione di alcuni oggetti d'oro custoditi nella cassaforte di casa, per un valore di circa 20 mila euro, utilizzati probabilmente per l'acquisto di sostanze stupefacenti. Tratto a giudizio per tentato omicidio, il padre del ragazzo veniva condannato in primo grado per lesioni aggravate e, in seguito, appellava la sentenza chiedendo il riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione, prevista dall'articolo 62 n. 2 cp. L'imputato sosteneva, infatti, che la sua azione era la conseguenza di un accumulo di rabbia e frustrazione nei confronti del figlio che, data la sua particolare situazione, in passato più volte aveva tenuto comportamenti scorretti e ingiusti nei confronti della sua famiglia.
La decisione - Fermo restando la responsabilità penale per il grave gesto compiuto, la Corte d'appello accoglie la richiesta dell'imputato, evidenziando come nella fattispecie è ben possibile riconoscere l'attenuante della provocazione. Difatti, afferma il giudice, la circostanza consistente nell' aver «agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui» si configura quando il comportamento della persona offesa che determina la commissione del reato sia non solo contrario a norme giuridiche, ma anche frutto della «inosservanza di norme sociali e di costume regolanti l'ordinata e civile convivenza». Inoltre, per l'integrazione dell'attenuante «non è richiesto che la reazione iraconda segua immediatamente il fatto ingiusto, ben potendo detta reazione conseguire a un “accumulo” di rancore, sotto lo stimolo di reiterati comportamenti ingiusti, per esplodere - anche a distanza di tempo - in occasione di un episodio scatenante». Ciò posto, per la Corte non c'è dubbio che le continue minacce e le condotte predatorie poste in essere dal figlio, a causa dei suoi problemi di droga, nei confronti del genitore integrino il fatto ingiusto altrui, richiesto dalla norma. Si tratta, cioè, di comportamenti sicuramente «idonei a potenziare, per accumulo, la carica di dolore e sofferenza sedimentata nel tempo» del genitore il quale, «una volta accortosi dell'ennesima spoliazione realizzata dal figlio ai danni della cassaforte di famiglia», ha perso il controllo scagliandosi violentemente verso di lui cagionandogli gravi lesioni.

fonte: Cassa Forense - Dat Avvocato

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