giovedì 27 settembre 2018

Apostrofare l'avvocato come “sua falsità” è diffamazione

Risponde di diffamazione  di cui all'articolo 595 c.p. chi invia al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati un esposto contenente espressioni offensive della reputazione dell'avvocato, non potendosi applicare l'esimente di cui all'art. 598 c.p.
E' quanto emerge dalla sentenza della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione del 3 settembre 2018, n. 39486.
Il caso vedeva un uomo essere condannato sia in primo che in secondo grado per il reato di diffamazione per aver offeso la reputazione ed avere incolpato un avvocato all'interno di un esposto diretto al Consiglio dell'ordine forense, apostrofandolo come “sua falsità”, dichiarando che questi aveva più volte mentito ed aveva istruito centinaia di cause basate sulla menzogna ed accusandolo di frode processuale e falso ideologico.
In merito all'applicabilità della causa di non punibilità ex art. 598 c.p. in sede disciplinare, un primo orientamento giurisprudenziale ritiene che essa non sia applicabile qualora le espressioni offensive siano contenute in un esposto inviato al Consiglio dell'Ordine forense, in quanto l'autore dell'esposto non è parte del successivo giudizio disciplinare e l'esimente in oggetto attiene agli scritti difensivi in senso stretto, con esclusione di esposti e denunce, sebbene redatti da soggetti interessati (Cass. pen., Sez. V, 29 aprile 2010, n. 24003).
Altra impostazione, al contrario, ritiene che l'esimente sia applicabile alle offese contenute in un esposto inviato al Consiglio dell'Ordine forense, sulla base di alcune argomentazioni: la ratio dell'art. 598 c.p., è ispirata alla massima libertà nell'esercizio del diritto di difesa; il Consiglio dell'Ordine forense, dando corso alla procedura, esercita una attività oggettivamente riconducibile all'esercizio di funzioni pubblicistiche, dal momento che il controllo del corretto esercizio della professione forense corrisponde all'interesse pubblico all'uso corretto, da parte del professionista, del potere riconosciutogli dallo Stato.
La procedura instaurata va definita, quindi, in termini di procedimento e il Consiglio dell'Ordine forense esercita i poteri propri di una autorità amministrativa, quale quello disciplinare, suscettibile di essere sottoposto ad un successivo controllo giurisdizionale (Cass. pen., Sez. V, 15 aprile 2011, n. 28081).
Gli ermellini ritengono più corretto il primo dei due orientamenti: se è vero che l'art. 598 c.p. trova applicazione anche nel contraddittorio che si sviluppa dinanzi ad una autorità amministrativa, è pur sempre necessario che contraddittorio vi sia. L'autore della comunicazione deve essere quindi parte del procedimento nel quale è chiamato a tutelare un proprio specifico interesse, assumendo una posizione procedimentalmente qualificata, proprio perché la norma mira a proteggere, con l'esonero della responsabilità penale, il contraddittore che arrechi una offesa alla controparte con espressioni ingiuriose.
Chi presenta un esposto disciplinare ad un Ordine professionale sollecita l'esercizio di una potestà pubblicistica di verifica del rispetto delle regole deontologiche da parte di un professionista e non è legittimato dalla tutela di una sua specifica posizione soggettiva, non è contraddittore in seno al procedimento, non riceve notizia dei provvedimenti emessi dagli organi disciplinari, né può impugnarne le decisioni e non ha neppure diritto ad essere informato dei suoi sviluppi.

fonte:Apostrofare l'avvocato come “sua falsità” è diffamazione | Altalex

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