mercoledì 25 luglio 2018

Divorzio: la revoca del consenso di uno dei coniugi non ferma il procedimento

La revoca unilaterale del consenso al divorzio non comporta l'arresto del procedimento. Il Tribunale deve, infatti, comunque accertare l'esistenza dei presupposti per la pronuncia di “scioglimento” del matrimonio, per poi passare, in caso di esito positivo, all'esame delle condizioni concordate in merito ai figli e ai beni, considerando la loro conformità alle norme inderogabili e all'interesse dei minori. Partendo da questo principio, la Corte di cassazione ha accolto la richiesta dell'ex marito che contestava la decisione della Corte d'Appello di respingere il suo ricorso contro la sentenza con la quale il tribunale aveva dichiarato improcedibile la domanda congiunta di cessazione degli effetti civili delle nozze, dopo la marcia indietro della donna. La Suprema corte prende le distanze dalla sentenza impugnata secondo la quale, al pari di quanto accade nel procedimento di separazione consensuale, la revoca del consenso da parte di uno dei coniugi fa venire meno il requisito per accogliere la domanda. La Suprema corte chiarisce che un'analogia tra separazione consensuale e divorzio entra in rotta di collisione con le profonde differenze tra le due discipline.
La separazione consensuale ha come presupposto sostanziale l'accordo tra i coniugi, al quale il giudice deve dare efficacia “esterna”, con un'attività di controllo che non può mai comportare un'integrazione o una sostituzione dell'accordo delle parti. Nel divorzio invece, pur muovendo da un ricorso congiunto, si richiede una pronuncia costitutiva fondata sull'accertamento dei presupposti richiesti dalla legge 898 del 1970. Mentre il primo procedimento si inserisce dunque tra quelli di giurisdizione volontaria, il secondo è espressione di una giurisdizione contenziosa. La Cassazione ricorda che in tema di divorzio a domanda congiunta, l'accordo riveste una natura solo ricognitiva, per quanto riguarda i presupposti necessari allo scioglimento del vincolo, la cui sussistenza è soggetta alla verifica del tribunale che, sul punto, ha pieni poteri, mentre ha valore negoziale relativamente ai figli e ai rapporti economici, nel cui merito il tribunale non deve entrare a meno che le condizioni concordate non siano in contrasto con l'interesse dei figli minori.

fonte: Cassa Forense - Dat Avvocato

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