domenica 15 luglio 2018

Assegno di divorzio, ora conta il contributo dell’ex al patrimonio

Cambia il calcolo dell’assegno di divorzio tenendo di nuovo conto degli equilibri economici della coppia e, in particolare, del ruolo che il coniuge più debole svolge in una famiglia. In una società squilibrata come quella italiana si tratta di un riconoscimento che permette soprattutto alle donne separate di tornare a ricevere assegni più equi senza prendere in considerazione parametri come l’eventuale autosufficienza economica.
È quello che prevede una sentenza della Corte di Cassazione che supera quella emessa l’anno scorso nel giudizio sulla separazione tra l’ex ministro Vittorio Grilli e la sua prima moglie, Lisa Lowenstein.
Nella nuova sentenza la Corte sostiene che è necessario «adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale».
Nel calcolare l’importo dell’assegno di divorzio conta, quindi, il contributo dato dall’ex coniuge, che deve essere valutato in base a una serie di parametri, «alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età dell’avente diritto».
È una formulazione molto diversa da quella dello scorso anno che aveva suscitato molte proteste perché si escludeva il tenore di vita tenuto nel matrimonio dalla coppia dal calcolo, valutando come parametro per stabilire l’ammontare dell’assegno «l’indipendenza o l’autosufficienza economica» dell’ex.
Il nuovo orientamento, invece, prevede che nella valutazione si tenga conto del contributo dato da ciascuno dei membri della coppia al patrimonio familiare inteso non solo in senso finanziario, considerando che «il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell’unione matrimoniale».
Una decisione che rispetta molte situazioni che si sono create nelle famiglie. Non è raro, per esempio, che uno dei due coniugi scelga, di comune intesa all’interno nella coppia, di smettere di lavorare per dedicarsi ai figli: dunque «all’assegno di divorzio deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa», ed ecco perché è necessario, secondo la Cassazione, che il parametro si a basato «sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo».
«Se il coniuge che richiede l’assegno di divorzio dimostra di aver contribuito alla crescita sociale ed economica dell’altro coniuge, il giudice dovrà riconoscere un assegno di divorzio», spiega l’associazione avvocati matrimonialisti chiarendo che «non potrà poggiarsi sul principio del tenore di vita, principio ormai superato dalla giurisprudenza. Il giudice valuterà caso per caso l’ammontare dell’assegno». Si tratta di una sentenza che «stabilisce una volta per tutte un punto di equilibrio verso il coniuge effettivamente più debole per fattori di reddito o di età».

fonte: Assegno di divorzio, ora conta il contributo dell’ex al patrimonio - La Stampa

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